Peccati Erotici Delle Italiane, Volume I. Giovanna Esse

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Peccati Erotici Delle Italiane, Volume I - Giovanna Esse

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dentro di lei ma solo con le dita. Nicòle cominciò a scavare e a rovistare, come fosse la padrona; sguazzava felice in quel mare di umori. Di nascosto, si leccava le dita, per riprendere subito dopo il suo ditalino. In pochi minuti anche Flora esplose, senza più controllo. Appena Nicòle capì che la sua istitutrice stava raggiungendo l’acme, cercò, con l’altra mano, la sua natura e si associò a lei nel novello piacere che, liquido e sonoro, la fece sciogliere… come se svenisse, in un lago peccaminoso. Godere insieme fu inconcepibile, iniziandole subito a una comunione che mai più si sarebbe potuta ignorare.

      Per la giovane Nicòle, questa fu la prima, vera esperienza sessuale, e fu tutta al femminile. Andava ben oltre il semplice sesso; sfociava nell’emozione d’amore: un'emozione che mai, nella sua vita, sarebbe stata eguagliata. Per quanto piacere potesse mai assaporare, nessuna relazione avrebbe retto il paragone con quella prima, indelebile, avventura. Quel paio d’ore intense e travolgenti restarono impresse nei suoi ricordi come un livello di estasi ineguagliabile.

      Spossata, si accucciò sotto il corpo della sua fata, dopo il sesso sfrenato, adesso, cercava l’amore incondizionato.

      

      

      E si addormentò.

      9 - Intermezzo magico

      (Fiaba)

      L’estate torrida passava e scaldava i sensi, mentre i corpi seminudi delle due amanti, la giovane principessa e la fata matura, si mostravano e si avvinghiavano, schiavi dello stesso desiderio.

      Anche l’autunno venne, con la sua dolce pacatezza, le invitava a cercarsi e a possedersi, approfittando di ogni occasione.

      Poi l’inverno, e il freddo le teneva vicine, pelle contro pelle, sotto un’unica coperta, profumata di piacere.

      Finalmente, a primavera le loro farfalle fiorivano ed erano eccitate più che mai: il momento migliore, per affondare la bocca nell'altra, manipolandola fino a quando, dalla corolla, intensamente profumata e dolce come il miele, si decideva a sgorgare l’acqua di rose dell’amore.

      E così, mescolandosi l’una nell'altra, in un amalgama di sesso e passione, le donne passarono le stagioni di quell'amore avvincente e perverso. Alba cresceva e imparava; la Fata di Ferro provava un intenso languore, lasciandole una parte dominante sul possesso del suo corpo maturo. La principessa, oltre ad amarla, si divertiva a giocare con lei e a sottometterla ai suoi capricci.

      Spesso la fata si accontentava di inginocchiarsi ai piedi del grosso divano, facendole da serva, da schiava. Il suo omaggio servile partiva dai piedini di Alba. Poi la massaggiava, la baciava fino all’estremo, lasciandola, alla fine, riposare sotto il suo abbraccio materno. Pian piano le faceva scoprire il piacere in tutte le sue possibili sfumature. Prima concedette tutto di sé, poi iniziò anche a cercare il gusto del possesso di lei. Le insegnò tutti i giochi e le furbizie, le permise di usare oggetti erotici, per imparare a dare virilmente piacere a una donna. La principessa giocava e sperimentava. Amava prendere la fata, da ogni parte, godeva nel vederla ricevere le sue spinte penetranti, in ogni meandro.

      La donna godeva dell’ingenuità di Alba, ogni giorno più provata, più curiosa, più smaliziata, nella ricerca sfrenata della passione. La fata, adesso, prendeva piacere dalla sua discepola.

      Di notte, poi, la fata, più matura e scaltra, sola nel letto, mentre ascoltava il frinire delle cicale, si arrovellava cercando nuove perversioni per poterle esercitare l'indomani. Non le sembrava vero di poter coronare i suoi sogni più inconfessabili, servendosi di quel corpo, tenero e giovane, e di quella mente fertile e incantata.

      L’aveva tenuta vergine fino ad allora, ma un giorno decise di sferrare il suo incantesimo erotico più potente.

      Nel frattempo i genitori della principessa, ignari di quanto accadeva, si concentravano sulle loro vite complicate. La regina si fidava ciecamente dell'amicizia che la legava alla fata. Nonostante avesse intuito che, in quella casa di marzapane, avveniva qualcosa di più che il solo sorbire del the con i biscotti. Ma tutto era tranquillo, grazie a quel rapporto tanto speciale. L’amica era dolce e paziente, la principessa veniva su felice e robusta, e lei, la madre, era più libera che mai.

      Andava bene così. Indagare sarebbe stato inutile e anche impegnativo.

      10 - Incontenibile sete di piacere

      (Realtà)

      Nicòle la stava accogliendo, soffrendo, ma decisa. Le braccia incrociate sotto la testa che veniva schiacciata contro la spalliera ad ogni pressione. Le ginocchia a terra, poggiate su un plaid, erano divaricate. Aveva fatto tanto per convincere Flora a farle provare la passività più segreta, dopo che lei, la piccola Nicòle, le martoriava, da anni, ogni parte intima.

      L’oggetto con cui si aiutavano era grosso, molto spesso ma non troppo lungo. Quando lo indossava, Nicòle non dava tregua alla sua amica. Flora lo riceveva tutto da lei, senza battere ciglio, ma diventava attenta e severa quando si trattava di usare il corpo di Nicòle per quel piacere. Così aveva impiegato del tempo per permetterle di subire, ma senza farsi troppo male e restando vergine.

      Ecco perché, adesso, Nicòle si sottometteva senza lamentarsi agli attacchi, costanti e feroci, della sua matrona. l’aveva chiesto e, finalmente, l’aveva ottenuto.

      La ragazza aspettava che la furia sbollisse, perché dopo averla attaccata da dietro, Flora, come fosse pentita di avere abusato di quel forellino roseo, la curava. Si metteva alle sue spalle e, con delicatezza, la ristorava dopo la carica, che lei stessa aveva portato a segno. Quando finirono, abbracciate sul divano e sfinite dalle emozioni, Nicòle manifestò tutto il suo disappunto:

      Â«Ma insomma… è bellissimo farlo, ma perché non posso far l’amore secondo natura? Sono una donna ormai.» Flora sogghignava, divertita, ma intanto le rimostranze della ragazza divenivano sempre più accese.

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