Un Compito Di Valore . Морган Райс
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Читать онлайн книгу Un Compito Di Valore - Морган Райс страница 9
Quando entrarono nella città bassa, Gwendolyn vide decine di volti, i volti preoccupati e cordiali dei Silesiani, che la osservavano passare come se fosse uno spettacolo. La guardavano tutti con sguardi colmi di meraviglia e preoccupazione, mentre continuavano a scendere verso la piazza principale della città.
Quando la raggiunsero, centinaia di persone si riunirono attorno a loro. Vide dei volti familiari: Kendrick, Srog, Godfrey, Brom, Kolk, Atme, decine di soldati dell’Argento e della Legione… si raccolsero tutti attorno a lei, i volti tesi illuminati dal primo sole della mattina, mentre la nebbia vorticava nel Canyon e una fredda brezza le pungeva la pelle. Gwen chiuse gli occhi, cercando di far scomparire tutto. Si sentiva un oggetto in mostra, oppressa nel profondo. Era umiliata. Li aveva fatti fallire.
Continuarono ad avanzare tra tutta la gente, attraverso le strette vie della città bassa, oltre un altro arco, fino al piccolo palazzo di Silesia bassa. Gwen perdeva e riprendeva coscienza: entrarono nel meraviglioso castello rosso, salirono una rampa di scale e percorsero un lungo corridoio, passando sotto un altro ingresso ad arco. Alla fine entrarono in una piccola stanza.
La stanza era buia. Sembrava una grande camera da letto con un antico letto a baldacchino al centro e un fuoco scoppiettante in un vecchio caminetto di marmo poco distante. Nella stanza si trovavano diversi servitori e Gwendolyn sentì che Argon la portava accanto al letto e ve la adagiava sopra con delicatezza. A quel punto molte persone si radunarono attorno a lei guardandola con volti preoccupati.
Argon si scostò, fece diversi passi indietro e scomparve tra la folla. Lei lo cercò con lo sguardo, sbattendo le palpebre, ma non riuscì a vederlo. Se n’era andato. Percepì l’assenza della sua energia protettiva che l’aveva avvolta come uno scudo. Sentiva freddo e insicurezza senza lui vicino.
Si leccò le labbra screpolate e un momento più tardi sentì che le sollevavano la testa, vi mettevano sotto un cuscino e le porgevano una caraffa d’acqua alle labbra. Lei bevve a grandi sorsate, rendendosi conto di quanto assetata era. Sollevò lo sguardo e vide una donna che riconobbe.
Illepra, la guaritrice reale. Illepra la guardava, i suoi dolci occhi nocciola pieni di preoccupazione, e le diede dell’acqua. Poi le strofinò la fronte con un panno caldo, togliendole i capelli dalla faccia. Le mise un palmo sulla fronte e Gwen si sentì pervadere da una forte energia guaritrice. Sentì che gli occhi le si facevano pesanti e ben presto li chiuse contro la propria volontà.
Gwendolyn non sapeva quanto tempo fosse passato quando riaprì gli occhi. Si sentiva ancora esausta e disorientata. Nei suoi sogni aveva sentito una voce, e ora la udì di nuovo.
“Gwendolyn,” le disse la voce. La sentì riecheggiarle nella mente e si meravigliò di quante volte avesse chiamato il suo nome.
Sollevò lo sguardo e riconobbe Kendrick, che la fissava. Accanto a lui c’era il fratello Godfrey, insieme a Srog, Brom, Kolk e diversi altri. Dall’altra parte c’era Steffen. Odiò l’espressione sui loro volti. La guardavano con pietà, come se fosse tornata dal regno dei morti.
“Sorella mia,” le disse Kendrick sorridendo. Udì la preoccupazione nella sua voce. “Dicci cosa è successo.”
Gwen scosse la testa, troppo stanca per raccontare tutto.
“Andronico,” disse con voce roca, una specie di sussurro. Si schiarì la gola. “Ho cercato… di arrendermi… per avere in cambio la città… Mi sono fidata di lui. Stupida. …”
Scosse la testa diverse volte e una lacrima le scivolò lungo la guancia.
“No, sei nobile,” la corresse Kendrick, stringendole la mano. “Sei la più coraggiosa di tutti noi.”
“Hai fatto ciò che qualsiasi grande capo avrebbe fatto,” disse Godfrey, facendosi avanti.
Gwen scosse la testa.
“Ci ha ingannati…” disse, “… e mi ha aggredita. Mi ha fatta attaccare da McCloud.”
Gwen non poté farne a meno: iniziò a piangere mentre parlava, incapace di trattenersi. Sapeva che non era un comportamento da sovrana, ma non riusciva a farne a meno.
Kendrick le strinse di più la mano.
“Stavano per uccidermi…” disse. “… ma Steffen mi ha salvato…”
Tutti guardarono Steffen con nuovo rispetto. Lui era lealmente al suo fianco, il capo chino.
“Ciò che ho fatto era troppo poco e troppo tardi,” rispose umilmente. “Ero uno contro molti.”
“Ciononostante hai salvato nostra sorella e per questo ti saremo debitori in eterno,” gli disse Kendrick.
Steffen scosse la testa.
“Io devo a lei un favore ancora più grande,” rispose.
Gwen si intromise.
“Argon ci ha poi salvati entrambi,” concluse.
Il volto di Kendrick si adombrò.
“Ti vendicheremo,” disse.
“Non è per me che sono preoccupata,” disse Gwen. “È la città… la nostra gente… Silesia… Andronico… attaccherà…”
Godfrey le accarezzò una mano.
“Non preoccuparti di questo ora,” le disse. “Riposati. Parliamone in un altro momento. Ora stai bene e sei qui con noi.”
Gwen sentì gli occhi chiudersi. Non sapeva più se era sveglia o se stava sognando.
“Ha bisogno di dormire,” disse Illepra, facendosi avanti protettiva.
Gwendolyn sentì appena queste parole, mentre diventava sempre più pesante e scivolava fuori dallo stato di coscienza. Nella mente le lampeggiarono immagini di Thor e poi di suo padre. Faceva fatica a capire cos’era reale e cosa un sogno, e sentiva solo frammenti della conversazione vicino a lei.
“Quanto gravi sono le ferite?” disse una voce, forse quella di Kendrick.
Sentì la mano di Illepra che le accarezzava la fronte. Poi le ultime parole che udì, prima che gli occhi le si chiudessero del tutto, furono quelle di Illepra stessa: “Le ferite del corpo sono leggere, mio signore. Sono quelle dello spirito ad essere profonde.”
Quando Gwen si risvegliò fu per il rumore scoppiettante del fuoco. Non sapeva dire quanto tempo fosse passato. Sbatté le palpebre diverse volte e si guardò attorno nella camera scura, vedendo che la folla di gente se n’era andata. Le uniche persone rimaste erano Steffen, seduto su una sedia accanto a lei, Illepra, che stava invece in piedi, intenta a spalmarla un unguento sul polso, e un’altra persona. Era un uomo gentile e anziano che la guardava con preoccupazione. Lo riconobbe appena, ma faceva fatica a collocarlo nella memoria. Si sentiva così stanca, troppo stanca, come se non dormisse da anni.
“Mia signora?” disse l’anziano, chinandosi su di lei. Teneva tra le mani un grosso oggetto, e guardando meglio Gwen si rese conto che si trattava di un libro rilegato in pelle.
“Sono Aberthol,” disse. “Il tuo insegnante. Mi senti?”
Gwen deglutì e annuì lentamente, aprendo gli occhi appena un