Grido d’Onore . Морган Райс
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Читать онлайн книгу Grido d’Onore - Морган Райс страница 10
Lui si voltò e la guardò.
“E io?” gli chiese. “E se morissi io al loro posto? È possibile? Possono vivere entrambi se io muoio?”
Argon la fissò a lungo, come se la stesse osservando nella sua vera essenza.
“Il tuo cuore è puro,” le disse. “Sei la più pura di cuore tra tutti i MacGil. Tuo padre aveva scelto con saggezza. Veramente…”
La voce di Argon si affievolì mentre continuava a guardarla negli occhi. Gwen si sentiva a disagio, ma non osò distogliere lo sguardo.
“Per la tua scelta, per il tuo sacrificio di questa sera,” disse Argon, “il destino ti ha sentito. Thor verrà salvato. E anche tuo fratello. E vivrai anche tu. Ma un piccolo pezzo della tua vita deve essere preso. Ricorda, c’è sempre un prezzo. Morirai di una morte parziale in cambio delle vite di entrambi.”
“Ma cosa significa?” gli chiese terrorizzata.
“Tutto viene a un prezzo,” le rispose. “Tu hai una scelta. Non la pagheresti?”
Gwen si sentì gelare.
“Farò qualsiasi cosa per Thor,” disse. “E per la mia famiglia.”
Argon la fissò.
“Thor ha un destino grandioso,” le disse Argon. “Ma il destino può cambiare. Il nostro destino è nelle nostre stelle. Ma è anche controllato da Dio. Dio può cambiare il fato. Thor era destinato a morire questa notte. Vivrà solo grazie a te. E tu ne pagherai il prezzo. Un prezzo alto.”
Gwen avrebbe voluto saperne di più, e si allungò verso Argon, ma proprio in quel momento, improvvisamente, una luce lampeggiò davanti ai suoi occhi e Argon scomparve.
Gwen si voltò cercandolo in ogni direzione, ma non era da nessuna parte.
Alla fine si girò a guardare il lago, così sereno, come se niente fosse accaduto lì quella notte. Vide il suo riflesso nell’acqua e le parve di essere così lontana. Era colma di gratitudine e, finalmente, di un senso di pace. Ma non poteva evitare di provare anche un senso di timore per il suo stesso futuro. Per quanto tentasse di levarselo dalla mente, non poteva fare a meno di chiedersi: quale prezzo avrebbe pagato per la vita di Thor?
CAPITOLO OTTO
Thor giaceva a terra nel bel mezzo della battaglia, schiacciato al suolo dai soldati di McCloud, indifeso; sentiva lo scontro della lotta, le grida dei cavalli e degli uomini che gli stavano morendo attorno. La vista del sole calante e della luna che si levava – una luna più piena che mai – venne improvvisamente oscurata da un enorme soldato che si fece avanti tenendo alto il suo tridente e preparandosi a scagliarlo. Thor sapeva che la sua ora era giunta.
Chiuse gli occhi preparandosi alla morte. Non aveva paura. Solo rimorso. Avrebbe voluto più tempo per vivere, avrebbe volute sapere chi era, quale fosse il suo destino e, soprattutto, avrebbe voluto più tempo per sé e Gwen.
A Thor non pareva giusto morire così. Non lì. Non in quel modo. Non quel giorno. Non era ancora la sua ora. Lo sentiva. Non era ancora pronto.
Improvvisamente sentì qualcosa che gli cresceva dentro: era una fierezza, una forza che non aveva mai provato. Provò un formicolio in tutto il corpo e gli venne caldo. Sentì una sensazione completamente nuova scorrergli nelle membra, dalle piante dei piedi, attraverso le gambe, lungo il tronco, attraverso le braccia fino alle punte delle dita. Tutto bruciava emanando un’energia che faceva fatica a comprendere. Thor stupì se stesso emettendo un sonoro ruggito, come di un drago che sorgesse dal fondo della terra.
Sentì scorrere in sé la forza di dieci uomini, quindi si liberò dalla presa dei soldati e balzò in piedi. Prima che il guerriero potesse abbassare il tridente, Thor avanzò, lo afferrò per l’elmo e gli diede una testata spezzandogli il naso. Poi gli diede un calcio talmente forte da proiettarlo all’indietro come una palla di cannone, colpendo altri dieci uomini.
Thor gridò pervaso da un nuovo senso di rabbia, afferrò il soldato, lo sollevò sopra la sua testa e lo scagliò tra gli altri, mandando a terra una decina di soldati come fossero pedine. Poi agguantò una mazza chiodata con una catena di tre metri dalle mani di un soldato e la fece roteare sopra la propria testa sempre più forte, fino a che le urla si levarono tutt’attorno a lui mentre mandava a terra decine e decine di guerrieri.
Thor sentiva che il suo potere continuava a sgorgare e gli lasciò prendere il sopravvento. Quando diversi altri uomini gli si buttarono addosso, allungò una mano e aprì il palmo, sorpreso di sentire un formicolio e poi di vedere una nebbia fresca emanare dalla sua mano aperta. I suoi aggressori si immobilizzarono all’improvviso, ricoperti da uno strato di ghiaccio. Rimasero immobili sul posto, congelati.
Thor fece ruotare i palmi in ogni direzione e ovunque gli uomini rimasero immobilizzati: sembrava che dei blocchi di ghiaccio fossero caduti sul campo di battaglia.
Thor si voltò verso i suoi fratelli d’armi e vide che alcuni soldati stavano per scagliare colpi fatali contro Reece, O’Connor, Elden e i gemelli. Diresse il palmo anche verso di loro e congelò i loro attaccanti, salvandoli da morte certa. Loro si girarono a guardarlo, gli occhi colmi di sollievo e gratitudine.
L’esercito di McCloud iniziò a rendersi conto di cosa stava accadendo e i soldati si fecero più timorosi nell’avvicinarsi a Thor. Iniziarono a creare un perimetro di protezione attorno a lui, tutti spaventati mentre vedevano che decine dei loro compagni venivano ricoperti di ghiaccio sul campo di battaglia.
Ma poi giunse un grido e un uomo si fece avanti: era cinque volte più grande degli altri. Doveva essere alto quattro metri e aveva in mano la spada più grande che Thor avesse mai visto. Sollevò la mano per immobilizzare anche lui, ma il suo potere questa volta non funzionò. Semplicemente scansò l’energia da parte con una manata come se si trattasse di un insetto fastidioso, e continuò ad avvicinarsi a Thor. Thor iniziava a rendersi conto che il suo potere non era perfetto e non riusciva a capire perché non fosse abbastanza forte da fermare quell’uomo.
Il gigante lo raggiunse con tre lunghi passi, sorprendendolo per la sua velocità, poi gli diede un manrovescio e lo mandò a volare all’indietro.
Thor colpì violentemente il terreno, e prima di riuscire a girarsi, il gigante era su di lui e lo sollevava sopra la propria testa con due mani. Lo scaraventò e l’esercito di McCloud gridò trionfante mentre Thor volava per cinque metri buoni prima di atterrare pesantemente a terra e rotolare nella polvere. Thor si sentiva come se gli si fossero spezzate tutte le costole.
Sollevò lo sguardo e vide che il gigante gli stava ancora per avventarglisi contro, e questa volta non c’era nulla che potesse fare per difendersi. Qualsiasi potere avesse, si era esaurito.
Chiuse gli occhi.
Ti prego Dio, aiutami.
Mentre il gigante si scagliava contro di lui, Thor iniziò a sentire nella sua mente un ronzio sommesso. Il suono crebbe sempre più e presto divenne un ronzio proveniente dall’esterno, dall’universo. Sentì una strana sensazione mai provata prima, iniziò a sentirsi in perfetta sintonia con ogni materia e tessuto, con l’aria, con il dondolare degli alberi, l’ondeggiare di ogni filo d’erba. Sentì quel sonoro ronzio in mezzo a tutto ciò e poi come se lui stesso lo stesse assorbendo da ogni angolo dell’universo, raccogliendolo nella sua mente.
Aprì gli occhi e udì il tremendo ronzio sopra la sua testa. Sollevò lo sguardo e con sua immensa sorpresa un enorme sciame di api si