La Forgia del Valore . Морган Райс

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La Forgia del Valore  - Морган Райс Re e Stregoni

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uomini di suo padre che erano solo poche centinaia, possedevano armi rudimentali ed erano tutti già feriti.

      Era certa che sarebbe stato un massacro.

      Eppure gli uomini di suo padre non si tirarono indietro. Non si era mai sentita più orgogliosa di lui come in quel momento. Eccolo lì, così fiero, con i suoi uomini raccolti attorno a lui, tutti pronti a lanciarsi per scontrarsi con il nemico anche se questo avrebbe portato a morte certa. Questo era per lei la vera incarnazione del valore.

      Mentre suo padre stava lì, prima di scendere, si voltò a guardarla con un’espressione di puro amore. C’era un addio nei suoi occhi, come se sapesse che non l’avrebbe rivista mai più. Dierdre si sentiva confusa: aveva la spada in mano e si stava preparando ad attaccare insieme a lui. Perché avrebbe dovuto dirle addio adesso?

      Improvvisamente sentì delle forti mani che la afferravano da dietro, si sentì tirare indietro e voltandosi vide i fidati comandanti di suo padre che la tenevano ferma. Un gruppo dei suoi uomini si occupò anche delle altre tre ragazze rimaste, di Marco e dei suoi amici. Lei cercò di divincolarsi e protestò, ma non servì a nulla.

      “Lasciatemi andare!” gridò.

      Loro ignorarono le sue proteste mentre la trascinavano via, chiaramente per ordine di suo padre. Dierdre riuscì a dare un’ultima occhiata a suo padre prima che conducesse i suoi uomini dall’altra parte del cumuli lanciando un forte grido di battaglia.

      “Padre!” gridò lei.

      Si sentiva dilaniata. Proprio quando stava veramente provando ammirazione per suo padre e lo amava di nuovo, glielo stavano portando via. Voleva disperatamente stare con lui. Ma era già sparito.

      Dierdre si trovò ad essere gettata su una piccola barca e immediatamente gli uomini iniziarono a remare lungo il canale, lontano dal mare. La barca svoltò più volte attraversando i canali dirigendosi verso un punto segreto e nascosto che si apriva in una delle pareti. Di fronte a loro si trovava un basso arco di pietra e Dierdre capì subito dove stavano andando: il fiume sotterraneo. Era una corrente impetuosa dall’altra parte del muro e li avrebbe portati lontano dalla città. Sarebbe emersa da qualche parte a chilometri e chilometri di distanza da lì, sana e salva nel mezzo della campagna.

      Tutte le sue ragazze si voltarono a guardarla, come a chiedersi cosa avrebbero dovuto fare. Dierdre giunse quindi a un’immediata decisione. Finse di acconsentire al piano, così da poterle lasciare andare. Voleva che scappassero tutte, che fossero libere da quel posto.

      Dierdre attese fino all’ultimo momento e proprio prima di entrare, si tuffò dalla barca finendo nelle acque del canale. Marco, con sua sorpresa, la vide e saltò pure lui. Ora c’erano solo loro due a galleggiare nel canale.

      “Dierdre!” gridarono gli uomini di suo padre.

      Si girarono per afferrarla, ma era troppo tardi. Aveva avuto un tempismo perfetto e loro si trovavano già presi dalle correnti impetuose che trascinarono via la barca.

      Dierdre e Marco si voltarono e nuotarono rapidamente verso una barca abbandonata e vi salirono a bordo. Rimasero lì seduti, gocciolanti, a guardarsi con il fiatone, esausti.

      Dierdre si voltò a riguardare il punto da dove erano venuti, il cuore di Ur, dove aveva lasciato il fianco di suo padre. Era lì che sarebbe andata, lì e da nessun’altra parte, anche se questo avrebbe significato la sua morte.

      CAPITOLO TRE

      Merk si trovava all’ingresso della stanza nascosta, al piano più alto della Torre di Ur. Pult, il traditore, giaceva morto ai suoi piedi e Merk fissava la luce abbagliante. La porta era spalancata e non poteva credere a ciò che aveva davanti agli occhi.

      Era lì, la stanza sacra, al piano più protetto, l’unica e sola stanza designata per la salvaguardia e custodia della Spada di Fuoco. Sulla porta erano intagliate le insegne della spada e anche sulle pareti si trovavano impresse le medesime immagini. Era quella stanza, e soltanto quella stanza, che il traditore aveva voluto, per rubare la reliquia più sacra del regno. Se Merk non l’avesse scovato e ucciso, chissà dove si sarebbe trovata ora la spada.

      Mentre Merk fissava la stanza con le sue pareti lisce a forma circolare; mentre fissava la luce abbagliante, iniziò a vedere che lì, al centro, si trovava un piedestallo dorato, una torcia fiammeggiante accanto, un supporto d’acciaio al di sopra, chiaramente designato per sostenere la spada. Eppure, mentre guardava, Merk non capiva cosa vedeva.

      Il sostegno era vuoto.

      Sbatté le palpebre cercando di capire. Il ladro aveva già rubato la spada? No, l’uomo era morto ai suoi piedi. Questo poteva voler dire solo una cosa.

      Quella torre, la sacra Torre di Ur, era un inganno. Tutto lì – la stanza, la torre – tutto era un inganno. La Spada di Fuoco non si trovava lì. Non si era mai trovata lì.

      E allora dove poteva essere?

      Merk se ne stava lì, inorridito, troppo frastornato per potersi muovere. Ripensò alle leggende che circolavano sulla Spada di Fuoco. Ricordò il riferimento alle due torri, la Torre di Ur nell’angolo nord-occidentale del regno e la Torre di Kos a sud-est, ciascuna collocata in punti opposti del regno, ciascuna a fare da bilanciamento all’altra. Sapeva che solo in una di esse si trovava la spada. Eppure Merk aveva sempre dato per scontato che quella torre, la Torre di Ur, fosse quella giusta. Tutti nel regno lo pensavano, chiunque andava in pellegrinaggio verso quella torre e le leggende stesse facevano sempre riferimento alla Torre di Ur come a quella giusta. Dopotutto Ur si trovava sulla terraferma, vicino alla capitale, vicino a una città grandiosa e antica, mentre Kos si trovava all’estremità del Dito del Diavolo, una località remota senza alcun significato e vicina a niente.

      Doveva essere a Kos.

      Merk rimase fermo, scioccato, e lentamente capì: era l’unico nel regno a conoscere la reale collocazione della spada. Merk non sapeva quali segreti, quali tesori contenesse quella Torre di Ur, se mai ne aveva qualcuno, ma sapeva per certo che non custodiva la Spada di Fuoco. Si sentiva vuoto e senza fiato. Era venuto a sapere ciò che non avrebbe dovuto mai sapere: che lui e tutti gli altri soldati là dentro facevano la guardia a un bel niente. Era una conoscenza che i Sorveglianti non avrebbero dovuto avere, perché ovviamente li avrebbe demoralizzati. Dopotutto, chi mai avrebbe voluto fare la guardia a una torre vuota?

      Ora che Merk conosceva la verità, provava un bruciante desiderio di fuggire da quel luogo, di andare verso Kos e di proteggere la spada. Dopotutto perché restare lì a fare la guardia a delle mura vuote?

      Merk era un uomo semplice e odiava sopra ogni cosa gli indovinelli. Tutta questa situazione gli aveva creato un forte mal di testa facendo sorgere in lui più domande che risposte. Chi altri poteva esserne a conoscenza? I Sorveglianti? Sicuramente qualcuno di loro doveva sapere. E se sapevano, come potevano possedere la disciplina di trascorrere tutti i loro giorni stando di guardia a un inganno? Faceva parte anche questo della loro pratica? Del loro sacro dovere?

      Ora che sapeva, cosa avrebbe dovuto fare? Certo non poteva parlare con gli altri. Questo avrebbe potuto demoralizzarli. Avrebbero potuto anche addirittura non credergli, pensando che fosse stato lui stesso a rubare la spada.

      E cosa poteva fare di quel corpo morto, di quel traditore? E se quel traditore stava tentando di rubare la spada, c’era qualcun altro? Stava agendo da solo? E poi perché avrebbe voluto rubarla? Dove l’avrebbe portata?

      Se ne stava lì cercando di venirne fuori, quando improvvisamente gli venne la pelle d’oca sentendo le campane suonare così forte, a pochi metri dalla sua testa, risuonando come se si trovassero in quella

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