Lo Senti Il Mio Cuore?. Andrea Calo'

Чтение книги онлайн.

Читать онлайн книгу Lo Senti Il Mio Cuore? - Andrea Calo' страница 7

Lo Senti Il Mio Cuore? - Andrea Calo'

Скачать книгу

aprii la porta mi trovai di fronte un poliziotto. Pioveva a dirotto. Il poliziotto aveva la divisa bagnata, nonostante fosse sceso dalla volante parcheggiata solo a pochi passi dalla porta di casa mia. Un suo collega sedeva ancora al posto di guida e guardava verso di noi, con il corpo proteso in avanti e gli occhi rivolti verso l’alto per inquadrare meglio la scena attraverso la cornice del finestrino.

      «Buonasera agente», dissi sorpresa.

      «Buonasera. Lei è la signorina Melanie Warren?».

      «Si sono io agente, che succede?».

      Ero spaventata e distratta dal lampeggiante della loro auto che muto abbagliava la mia vista. Disegnava ombre azzurre nella notte che si dispiegavano a terra e contro la facciata della casa. Erano ombre pulsanti, lente, come il battito del mio cuore.

      «Sono l’agente Parker signorina. Potrei entrare per favore?», chiese mentre mi mostrava il distintivo con una sua foto di qualche anno prima. Lo lasciai entrare, avvicinai la porta ma senza chiuderla.

      «E il suo collega là fuori?».

      «Non si preoccupi, mi attenderà lì. Sono qui per suo padre, il signor Brad Warren».

      Rimasi in silenzio, immobile, attendendo che l’uomo continuasse, che vuotasse il sacco. Mi feci mille domande, mi chiesi se l’orco avesse colpito ancora e chi avesse potuto essere la sua vittima. Pensai ad un suo coinvolgimento in qualche rissa. Temetti che fosse venuto a cercarmi, che avesse contattato la polizia e che tramite loro m’avesse trovato, per obbligarmi a ritornare a casa con lui.

      «Cosa ha combinato mio padre?», esclamai mentre le mie mani chiuse a pugno stropicciavano nervosamente la stoffa della mia gonna rilasciando sudore freddo.

      «E’ stato ucciso signorina Warren, mi dispiace. La dinamica dell’accaduto non ci è ancora chiara, il caso è aperto e tutte le investigazioni del caso sono in corso. E’ stato raggiunto da tre colpi di pistola, dei quali uno diretto alla testa gli è stato fatale. I vicini hanno sentito degli spari, tre colpi ravvicinati sparati da un’auto in corsa. Quando sono usciti hanno visto il corpo di suo padre riverso a terra, immerso in una pozza di sangue. Era privo di sensi ma ancora vivo. E’ morto poco dopo, durante il trasporto in ospedale. Sembrerebbe essere stata una vera esecuzione, un regolamento di conti».

      Rimasi in silenzio, stranamente tranquilla, quasi rilassata. Non tradivo alcuna emozione. I miei occhi fissavano le mie gambe, senza vederle, il sudore freddo era scomparso, le mie mani si erano aperte lasciando finalmente libera la stoffa della gonna, il cuore era tornato a battere in modo regolare. Stavo bene, maledettamente bene. Mi pentii per quel sentimento di cruda cattiveria, mi pentii anche del mio stesso pentimento verso quel sentimento naturalmente espresso.

      «Signorina, si sente bene?».

      Annuii, tutto andava molto bene.

      «Era ubriaco?».

      «No. Non era ubriaco, il livello di alcol nel sangue era nella norma».

      Lo guardai dritto negli occhi, non potevo credere a quella favoletta a lieto fine, dove tutti i cattivi diventano improvvisamente buoni e vivono il resto dei loro giorni felici e contenti. O forse mio padre era davvero cambiato dopo la mia scomparsa?

      «Suo padre beveva? Si ubriacava spesso?».

      Mentire! Negare il dolore del marchio rovente della menzogna impresso sulla pelle dell’anima! Imperativo!

      «E’ capitato, come può capitare a tutti anche nelle migliori famiglie».

      «Che rapporto c’era tra lei e suo padre?».

      Attimi di palpabile insicurezza, ricerca di parole false e quindi assenti. La ricerca di una verità che non mi apparteneva. Desiderio di mettere per sempre la parola “fine” a tutto. Era l’occasione giusta, quella che stavo aspettando.

      «Un rapporto normale quale può essere un qualunque rapporto tra un padre ex militare e una ragazza».

      «Era molto rigido suo padre con lei?».

      Non risposi, esitai. Lo guardai per un istante, quasi affrontandolo, poi cedetti e allontanai nuovamente lo sguardo da lui.

      «Le ha mai fatto del male? L’ha mai picchiata?».

      Mentire, ancora una volta! Perseverare nella vergogna per salvare la faccia!

      «No…».

      «No? Ne è davvero sicura?».

      «Si, sono sicura agente…».

      «Bene. Da quanto tempo ha lasciato la casa di suo padre?».

      «Da cinque anni».

      «Dal 1955 quindi», ripeté mentre prendeva nota sul suo taccuino.

      «Posso chiederle il motivo?».

      «Per farmi una mia vita agente! Avevo già ventisei anni, non avevo una casa, una famiglia tutta mia, un lavoro! Volevo la mia indipendenza, la mia autonomia. Ero stanca di farmi mantenere e di dover implorare la gente per avere qualche cosa per me, per i miei vizi e tutto il resto».

      L’agente prendeva nota, impassibile e senza guardarmi, come un giornalista durante una intervista fatta al campione di baseball del momento. M’infastidiva terribilmente quel suo atteggiamento di normalità e sufficienza, quel compito di far domande alla gente che riusciva a portare a termine senza problemi.

      «Prima di lasciare la sua vecchia casa, o anche negli anni seguenti, è rimasta in contatto con lui?».

      «No», risposi. Ma mi pentii e quindi mi corressi subito, «O meglio si, ma raramente».

      «Non sentivate il desiderio di incontrarvi, di parlarvi, di raccontarvi come trascorrevate le vostre giornate?».

      «Ma lei è un agente o uno psicologo?», esclamai. Il mio livello di sopportazione era stato abbondantemente superato già da un po’ e un fiume più grosso dei suoi stessi argini non può continuare a contenere l’acqua facendola muovere lungo il suo percorso senza spargerla intorno e seminare morte e distruzione.

      «Entrambi, in effetti. La prego Melanie, risponda alle mie domande. Ci saranno d’aiuto per chiudere il caso. Confido nella sua collaborazione anche se mi rendo perfettamente conto del momento difficile che lei sta vivendo».

      Non aveva capito proprio nulla. Ma mi rassegnai come sempre e risposi alle sue domande, con distacco, come se davvero non me ne importasse nulla.

      «Dal giorno in cui lasciai quella casa non ebbi più nulla da spartire con mio padre. Presi in mano la mia vita, le mie cose e me ne andai. Trovai questo piccolo appartamento dove ora vivo e un lavoro come infermiera in ospedale. Cominciai a diventare autonoma, tutto sembrava andare bene. Mio padre di contro poté riprendere in mano la sua esistenza, senza avere più una figlia tra i piedi da mantenere. Non ci cercavamo prima, quando ancora vivevo con lui, non ci siamo mai confrontati. Per quale motivo avremmo quindi dovuto farlo dopo la mia partenza?».

      «Capisco. Prima di lasciare la casa, aveva mai notato qualche cosa che non andava in suo padre o che potesse avere qualche problema per qualcosa con qualcuno?».

      «No, non che io sappia agente. No».

      «Grazie Melanie. Vorrei chiederle qualche cosa riguardo sua madre ora, se non le dispiace».

Скачать книгу