Una Ragione per Nascondersi . Блейк Пирс
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Читать онлайн книгу Una Ragione per Nascondersi - Блейк Пирс страница 4
Rose lasciò perdere le scatole del tutto. Nel giro di un secondo tutta una gamma di emozioni le attraversò il volto. Avery fu felice di vederne una che sembrava essere speranza.
“Mamma, non devi farlo.” La sua voce era tenera e vulnerabile, quasi come la bambina che Avery ricordava bene. “È come se stravolgessi la tua vita.”
“No, non lo è. Sto invecchiando e ho capito di essermi persa molte cose della mia famiglia. È quello che mi serve per andare avanti… per stare meglio.”
Rose si sedette sul divano coperto di scatole e vestiti sparsi. Alzò lo sguardo su Avery, con quella luce di speranza ancora negli occhi.
“Sei sicura che sia quello che vuoi?” chiese.
“Non lo so. Forse.”
“E poi,” aggiunse Rose, “ho capito da dove viene la mia abilità a cambiare argomento. Abbiamo già smesso di parlare della faccenda della solitudine.”
“Te ne sei accorta, allora?”
“Sì. E a essere sinceri, anche papà lo ha notato.”
“Rose…”
Rose si voltò verso di lei.
“Gli manchi, mamma.”
Avery si ritirò in se stessa. Rimase ferma lì, in silenzio per un momento, incapace di rispondere.
“A volte anche lui mi manca,” ammise. “Solo non abbastanza da chiamarlo e riaffrontare fuori tutto il nostro passato.”
Gli manchi, mamma.
Avery rifletté su quelle parole. Raramente pensava a Jack in un senso veramente romantico. Ma aveva detto la verità: lui le mancava sul serio. Le mancava il suo buffo senso dell’umorismo, il modo in cui il suo corpo sembrava sempre un po’ troppo freddo al mattino, e come la sua voglia di sesso fosse comicamente imprevedibile. Più di ogni altra cosa però, le mancava guardarlo essere un ottimo padre. Ma ormai era tutto finito, parte di una vita che Avery stava cercando con impegno di lasciarsi alle spalle.
E tuttavia non riusciva a evitare di chiedersi come sarebbe stato, consapevole di aver avuto l’occasione di godersi una bella vita. Una vita fatta di staccionate bianche, raccolte di fondi scolastici e pigre domeniche pomeriggio trascorse in cortile.
Ma quell’occasione era svanita per sempre. Rose non aveva potuto avere quella vita perfetta e Avery incolpava ancora se stessa.
“Mamma?”
“Scusa, Rose. È solo che non credo che io e tuo padre potremmo aggiustare le cose, capisci? Oltretutto,” aggiunse, e fece un profondo respiro, preparandosi alla reazione di Rose, ”forse tu non sei l’unica ad aver incontrato qualcuno.”
Rose si voltò verso di lei e Avery fu sollevata di vederla sorridere. La ragazza la guardò con quella specie di sorrisetto malizioso che si scambiavano le amiche quando parlavano di uomini davanti a un cocktail. Scaldò il cuore di Avery in un modo a cui non era preparata, né che riusciva a spiegarsi.
“Che cosa?” chiese Rose, fingendosi scioccata. “Tu? Dettagli, grazie.”
“Ancora non ci sono dettagli.”
“Beh, chi sarebbe?”
Avery ridacchiò, sapendo quando sarebbe sembrato sciocco. Fu quasi sul punto di non dirlo. Che diavolo, aveva a malapena detto all’uomo in questione quello che provava. Ammetterlo ad alta voce davanti a sua figlia sarebbe stato surreale.
Almeno lei e Rose stavano facendo progressi. Non aveva senso reprimerli per via del suo imbarazzo nel provare sentimenti per un uomo che non fosse il padre di Rose.
“È un uomo con cui lavoro. Ramirez.”
“Siete stati a letto insieme?”
“Rose!”
Rose scrollò le spalle. “Ehi… volevi una relazione aperta e sincera con tua figlia, no?”
“Sì, immagino di sì,” rispose lei con un sorriso. “E no… non siamo stati a letto insieme. Però credo di provare qualcosa per lui. È gentile. Divertente, sexy, e ha un certo fascino che all’inizio mi irritava ma ora… è interessante, in un certo modo.”
“Anche tu gli piaci?” chiese Rose.
“Sì. O comunque gli piacevo. Credo di aver rovinato tutto. Lui è stato paziente ma credo che non abbia più voglia aspettare.” Ciò che non disse fu che aveva preso la decisione di dire a Ramirez quello che provava per lui ma che non aveva ancora trovato il coraggio di farlo.
“Lo hai allontanato?” domandò Rose.
Avery sorrise.
“Accidenti, che intuito.”
“Te l’ho detto, è ereditario.”
Rose sorrise di nuovo, sembrando dimenticarsi per un momento delle scatole da svuotare.
“Vai e colpisci, mamma!”
“Oh, mio Dio.”
Rose scoppiò a ridere e presto Avery si unì a lei. Probabilmente era stato il momento di maggior vulnerabilità che avevano avuto da quando avevano iniziato ad aggiustare il loro rapporto. All'improvviso l'idea di allontanarsi dalla Omicidi e prendersi un po' di tempo dal lavoro sembrò una necessità piuttosto che un'idea speranzosa.
“Hai dei progetti per questo fine settimana?” chiese Avery.
“Devo svuotare gli scatoloni. Forse un appuntamento con Ma... il tizio che per ora rimarrà senza nome.”
“Che ne dici di una giornata tra ragazze con la tua mamma, domani? Pranzo, un film, una pedicure.”
Rose arricciò il naso all'idea, ma sembrò prenderla seriamente in considerazione. “Posso scegliere io il film?”
“Se devi proprio.”
“Sembra divertente,” commentò Rose con un pizzico di eccitazione. “Ci sto.”
“Fantastico,” rispose Avery. Poi sentì il bisogno di fare una domanda—una domanda strana, ma che andando avanti sarebbe stata fondamentale per il loro rapporto. La consapevolezza di ciò che stava per domandare a sua figlia era umiliante, ma in una strana maniera, liberatoria allo stesso tempo.
“Quindi a te andrebbe bene se io andassi avanti?” chiese Avery.
“Che cosa vuoi dire?” domandò Rose. “Se trovassi qualcuno che non sia papà?”
“Sì. Un altro uomo, ma anche se superassi quella parte della mia vita, la parte che ha reso le cose difficili a tutti noi. Per me significherebbe non essere più gravata dal senso di colpa per ciò che avrebbe potuto essere. E per farlo devo allontanarmi anche da tuo padre. Gli vorrò bene per sempre e lo rispetto per averti cresciuta mentre io non c'ero, ma fa parte di quella vita da cui devo prendere le distanze. Lo capisci?”
“Sì,