Tracce di Speranza . Блейк Пирс

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Tracce di Speranza  - Блейк Пирс Un Thriller di Keri Locke

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CAPITOLO VENTITRÉ

       CAPITOLO VENTIQUATTRO

       CAPITOLO VENTICINQUE

       CAPITOLO VENTISEI

       CAPITOLO VENTISETTE

       CAPITOLO VENTOTTO

       CAPITOLO VENTINOVE

       CAPITOLO TRENTA

       CAPITOLO TRENTUNO

       CAPITOLO TRENTADUE

       CAPITOLO TRENTATRÉ

       CAPITOLO TRENTAQUATTRO

       CAPITOLO TRENTACINQUE

       CAPITOLO TRENTASEI

       CAPITOLO TRENTASETTE

       CAPITOLO TRENTOTTO

       CAPITOLO TRENTANOVE

       CAPITOLO QUARANTA

       CAPITOLO QUARANTUNO

       CAPITOLO QUARANTADUE

      CAPITOLO UNO

      Quando aprì gli occhi, la detective Keri Locke capì immediatamente che c’era qualcosa di strano. Prima di tutto, non le sembrava di aver dormito a lungo. Le batteva forte il cuore ed era tutta sudata. Era più come se fosse svenuta che come se avesse dormito a lungo.

      Secondo, non era a letto. Era invece supina sul divano del soggiorno del suo appartamento e il detective Ray Sands, suo partner e, di recente, suo ragazzo, era piegato su di lei con un’espressione preoccupata in viso.

      Cercò di parlare, di chiedergli che cosa ci fosse che non andava, ma aveva la bocca secca e non ne uscì che uno schiocco rauco. Non riusciva a ricordare come fosse arrivata lì né che cosa le fosse accaduto prima di perdere i sensi. Ma doveva essere stato qualcosa di enorme per farla reagire a quel modo.

      Vide negli occhi di Ray che lui non sapeva cosa dire. Non era da lui. Non era tipo da menare il can per l’aia. Poliziotto del dipartimento di polizia di Los Angeles di un metro e novantacinque ed ex pugile professionista che aveva perso l’occhio sinistro in un combattimento, era diretto in quasi tutto quello che faceva.

      Keri cercò di tirarsi su sulle braccia per alzarsi un po’ ma Ray la bloccò, posandole delicatamente una mano sulla spalla e scuotendo la testa.

      “Prenditi un attimo,” disse. “Sembri ancora un po’ instabile.”

      “Per quanto tempo sono rimasta svenuta?” gracchiò Keri.

      “Neanche un minuto,” rispose.

      “Perché sono svenuta?” chiese.

      Ray sgranò gli occhi. Aprì la bocca per rispondere ma si bloccò, chiaramente perplesso.

      “Cosa c’è?”

      “Non te lo ricordi?” chiese incredulo.

      Keri scosse la testa. Pensò di udire un ronzio nelle orecchie, ma poi si accorse che era un’altra voce. Guardò il tavolo da caffè e vide che il suo telefono era lì. Era acceso, e c’era qualcuno che parlava.

      “Chi c’è al telefono?” chiese.

      “Oh, l’hai fatto cadere quando sei collassata e io l’ho messo lì finché non sarei riuscito a svegliarti.”

      “Chi è?” chiese di nuovo Keri notando che aveva evitato la sua domanda.

      “È Susan,” disse lui riluttante. “Susan Granger.”

      Susan Granger era una prostituta di quindici anni che Keri l’anno precedente aveva salvato dal suo protettore e che aveva sistemato in una casa famiglia per ragazze. Da allora le due si erano fatte intime, e Keri si comportava come una specie di mentore per la rovinata ma vivace giovane.

      “Perché Susan sta chiam…”

      E poi il ricordo la colpì come se un’onda le si fosse scagliata contro tutto il corpo. Susan aveva chiamato per dirle che sua figlia, Evie, che era stata rapita sei anni prima, sarebbe stata l’ospite centrale di una grottesca cerimonia.

      Susan aveva scoperto che la sera successiva in una casa da qualche parte a Hollywood Hills, Evie sarebbe stata venduta all’asta al miglior offerente, che avrebbe avuto il permesso di fare i suoi comodi con lei sessualmente prima di ucciderla in una specie di sacrificio ritualistico.

      È per questo che sono svenuta.

      “Passami il telefono,” ordinò a Ray.

      “Non sono sicuro che tu sia ancora pronta,” disse, ovviamente percependo che adesso ricordava tutto.

      “Dammi quel maledetto telefono, Ray.”

      Glielo porse senza un’altra parola.

      “Susan, sei ancora lì?” disse.

      “Cos’è successo?” domandò Susan, la voce sull’orlo del panico. “Un minuto eri lì e poi niente. Sentivo succedere qualcosa ma tu non rispondevi.”

      “Sono svenuta,” ammise Keri. “Mi ci è voluto un attimo per riprendermi.”

      “Oh,” disse Susan piano. “Scusa se sono stata io.”

      “Non è colpa tua, Susan. Sono solo stata presa di sorpresa. C’è molto da processare in una volta, soprattutto quando non mi sento al massimo.”

      “Come stai?” chiese Susan, la preoccupazione nella voce quasi palpabile.

      Faceva riferimento alle ferite di Keri, dovute a una lotta all’ultimo sangue con un rapitore di bambini appena due giorni prima. Era stata dimessa dall’ospedale solo la mattina

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