Assassinio in villa. Фиона Грейс
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Il Dalai Lama sarebbe così fiero di me, pensò, battendo le mani compiaciuta.
In quel preciso istante le pecore in giardino belarono. Lacey decise che avrebbe usato la sua neo-acquisita libertà per trasformarsi in una detective amatoriale e scoprire da dove fosse saltato fuori quel gregge.
Aprì la porta finestra e uscì sul patio. La fresca umidità generata dall’oceano le bagnò il volto mentre lei percorreva il viottolo del giardino, diretta verso le due palle di pelo morbido che ancora stavano brucando la sua erba. Quando la sentirono arrivare, trotterellarono via goffamente, senza la minima grazia, e scomparvero attraverso un varco tra le siepi.
Lacey le seguì e guardò attraverso il buco, vedendo un altro giardino pieno di fiori variopinti al di là del groviglio di arbusti e cespugli. Quindi aveva dei vicini. A New York i suoi vicini erano stati distaccati, coppie di professionisti come lei e David, le cui vite consistevano nell’uscire di casa prima del sorgere del sole per farvi ritorno dopo il tramonto. Ma questi, da come appariva il loro giardino perfettamente curato, si godevano la bella vita. E avevano delle pecore! Non c’era un solo animale nel vecchio condominio in cui Lacey aveva abitato fino al giorno precedente. La gente impegnata negli affari non aveva tempo per gli animali domestici, né tantomeno l’inclinazione per avere a che fare con mute del pelo o odori da fattoria. Che delizia vivere ora a così stretto contatto con la natura! Addirittura l’odore degli escrementi delle pecore era in piacevole contrasto con l’appartamento iper-pulito di New York.
Mentre si rimetteva dritta in piedi, Lacey notò un’area dove l’erba era pestata e rada, ma un sentiero segnato dal passaggio ripetuto di tantissimi piedi. Conduceva dagli arbusti alla scogliera. Lì c’era un cancelletto, praticamente fagocitato dalle piante. Lacey vi si avvicinò e lo aprì.
Sul versante della scogliera era stata ricavata una serie di gradini che portavano giù fino alla spiaggia. Sembrava una cosa uscita da una fiaba, pensò Lacey, felicemente sorpresa mentre si apprestava a scendere con attenzione.
Ivan non le aveva neanche detto che c’era un passaggio diretto fino alla spiaggia. Se le fosse venuta una voglia matta di sentire la sabbia tra le dita dei piedi, poteva esaudire il desiderio nel giro di pochi minuti. E pensare che a New York era sempre stata così orgogliosa dei due minuti a piedi che la separavano dalla metropolitana.
Scese i disordinati gradini fino a che si trovò circa un metro sopra alla spiaggia. Fece un salto e la sabbia morbida permise alle sue ginocchia di assorbire perfettamente l’impatto nonostante le scarpe scadenti acquistate in aeroporto.
Lacey fece un profondo respiro, sentendosi totalmente libera da ogni pensiero. Questa parte della spiaggia era deserta. Intatta. Doveva essere troppo distante dai negozi in paese perché la gente vi si avventurasse. Era come se fosse una sua spiaggetta personale e privata.
Guardando in direzione del paese, vide il molo che sporgeva allungandosi nell’acqua dell’oceano. Subito venne colpita da un ricordo che la vedeva giocare al tirassegno, e la rumorosa sala giochi dove suo padre aveva permesso loro di spendere due sterline. Lacey ricordò che sul molo c’era anche un cinema. Era esaltata dai frammenti di memoria che le stavano tornando alla mente. Era una piccola sala, grande quanto una monovolume e praticamente non era quasi cambiato da quando l’avevano costruito, con le poltrone in elegante velluto rosso. Papà aveva portato lei e Naomi a guardare un oscuro cartone giapponese là dentro. Lacey si chiese quanti altri ricordi le sarebbero tornati alla mente durante la sua permanenza a Wilfordshire. Quanti altri vuoti nella memoria sarebbero stati riempiti da questo viaggio?
C’era bassa marea, quindi buona parte della struttura del molo era visibile. Da dove si trovava lei, si potevano vedere anche alcune persone che portavano a spasso il cane e un paio di altre che facevano jogging. Il paese stava iniziando a svegliarsi. Magari adesso avrebbe trovato una caffetteria aperta. Decise di imboccare la lunga via che costeggiava il mare per andare in paese e iniziò a percorrerla.
Man mano che si avvicinava al centro cittadino, la scogliera arretrava, e presto ci furono solo strade e stradine. Nel momento in cui mise piede sulla via pedonale, le venne in mente un altro improvviso ricordo: un mercato sotto un tendone che vendeva vestiti, gioielli e bastoncini di zucchero. C’erano sul pavimento una serie di numeri disegnati con la vernice che indicavano i punti in cui andavano sistemate. Lacey provò un’ondata di entusiasmo.
Allontanandosi dalla spiaggia, si diresse verso la strada principale, o High Street, come la chiamavano i Britannici. Notò il Coach House all’angolo, dove aveva incontrato Ivan la sera precedente, poi svoltò nella via decorata di festoni.
Era così diverso rispetto a stare a New York. Il passo era più lento. Non c’era il suono continuo dei claxon. Nessuno spingeva. E, con sua sorpresa, alcune caffetterie erano effettivamente aperte.
Entrò nella prima che trovò, dove sembrava non esserci coda in vista, e ordinò un caffè americano e una brioche. Il caffè era perfetto, forte e cremoso. La brioche riempiva la bocca di pasta friabile e delizia burrosa.
Con lo stomaco finalmente soddisfatto, Lacey decise che era giunta l’ora di andare a trovare degli abiti decenti. Aveva visto un bel negozietto alla moda all’altro capo della strada principale e aveva già iniziato a camminare in quella direzione quando un profumo di zuccherò le assalì le narici. Si voltò e vide un negozio di fudge artigianali che aveva appena aperto i battenti. Incapace di resistere, entrò.
“Vuole provare un assaggio gratuito?” chiese un uomo con un grembiule bianco a strisce rosa. Le indicò un vassoio argentato pieno di cubetti di diverse sfumature di marrone. “Abbiamo cioccolato nero e bianco, caramello, toffee, caffè, frutta mista e originale.”
Lacey sgranò gli occhi. “Posso provarli tutti?” chiese.
“Certamente!”
L’uomo tagliò dei cubetti per ogni gusto e glieli servì in modo che potesse provarli. Lacey si mise in bocca il primo e le sue papille gustative esplosero.
“Sorprendente,” disse con la bocca piena.
Passò al successivo. In qualche modo era migliore del primo.
Provò un pezzo dopo l’altro, e tutti le parvero man mano sempre più deliziosi.
Quando mise in bocca l’ultimo, quasi non si concesse il tempo di respirare ed esclamò subito: “Devo mandarne qualcuno a mio nipote. Resistono se li spedisco a New York?”
L’uomo sorrise e tirò fuori una scatola di cartone rivestito di carta stagnola. “Se usa la nostra speciale confezione per la consegna, sicuramente,” le disse ridendo. “È diventata una richiesta talmente comune, che le abbiamo fatte progettare appositamente. Abbastanza sottili da passare nella cassetta della posta, e leggere per mantenere basso il costo della spedizione. Può anche comprare i francobolli qui.”
“Che moderno!” disse Lacey. “Ha pensato a tutto.”
L’uomo riempì la scatola con un cubetto per ogni gusto, la chiuse per bene fissando il coperchio con del nastro adesivo e vi appiccicò sopra il giusto francobollo postale. Dopo