Il Volto della Morte. Блейк Пирс

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Il Volto della Morte - Блейк Пирс

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nella propria casa, a chilometri di distanza. O al suo capo, che per quanto ne sapeva avrebbe anche potuto essere in Canada, per quante volte l’aveva visto. Avrebbero mai risposto? E se lo avessero fatto, cosa avrebbero potuto fare per aiutarla?

      Chiamare la polizia? No, quella sarebbe stata senza dubbio un’esagerazione.

      Linda quasi scivolò su una caramella che era scivolata lontano dalle altre, e cercò di prestare maggiore attenzione a dove mettesse i piedi, tenendo d’occhio il terreno davanti a sé. Il cuore le batteva all’impazzata e riusciva a sentire i propri passi scricchiolare rumorosamente, mentre si precipitava verso l’angolo dell’edificio. Desiderava fare meno rumore, muoversi più velocemente, raggiungere l‘ingresso.

      Stava quasi correndo, il respiro le si mozzava nel petto. Girò l’angolo e provò un senso di sollievo alla vista familiare delle porte.

      Ma, improvvisamente, sentì qualcosa trattenerla. Qualcosa che si stringeva attorno al suo collo.

      Le mani di Linda si alzarono istintivamente, aggrappandosi al filo sottile e affilato che le tagliava le dita e lottando per afferrarlo. I suoi piedi cercarono inutilmente di muovere il corpo in avanti, ma lo slancio ebbe il solo effetto di costringere la testa più indietro. Doveva tornare alle porte. Doveva entrare!

      Il panico le offuscò la vista e la dolorosa pressione si intensificò, fino a quando non ci fu un improvviso rilascio, qualcosa di umido e caldo che le fiottò sul petto, colando in basso. Non c’era tempo per dare un senso a tutto; riuscì soltanto ad annaspare alla ricerca d’aria, ad avvertire una sensazione di bagnato dove prima c’era il filo metallico, e a notare il terreno sotto le sue ginocchia, poi la sua testa, poi più nulla.

      CAPITOLO UNO

      L’Agente Speciale dell’FBI Zoe Prime diede un’occhiata alla donna che aveva accanto, seduta sul posto del passeggero, cercando di non sentirsi intimidita.

      “Cosa ne pensi del fatto di essere stata gettata nella mischia?”scherzò Shelley.

      Zoe era consapevole di ciò che volesse dire. Loro due erano appena state messe in coppia e ora si stavano già dirigendo verso una scena del crimine. Una grande scena del crimine, a dire il vero. Una che sarebbe finita in prima pagina.

      Ma non era questo a mettere Zoe a disagio. Era il fatto di essere stata affiancata ad un nuovo agente, che stava già sollevando un polverone al Bureau. Shelley Rose aveva un viso e dei modi aperti e gentili e si diceva fosse in grado di ottenere una confessione da chiunque soltanto con un sorriso. Quando hai un segreto da nascondere, fare coppia con qualcuno del genere è più che sufficiente per farsi prendere dalla paranoia.

      Per non parlare del fatto che Zoe, che finora non era mai stata considerata la migliore in nulla al Bureau, nutriva un’invidia non indifferente per il profondo rispetto che la sua inesperta partner aveva già conquistato.

      Shelley aveva un volto quasi simmetrico, soltanto uno virgola cinque millimetri lo separavano dalla perfezione, una lieve differenza tra i suoi occhi. Non c’era da stupirsi che suscitasse automaticamente fiducia e affabilità in chi le stava accanto. Si trattava di semplice psicologia. Un leggero difetto che umanizzava la sua bellezza.

      Nonostante questo, anche a Zoe piaceva la sua nuova partner.

      “Cosa sappiamo finora?” chiese Zoe.

      Shelley sfogliò la pila di carte che teneva tra le mani, infilata in una cartellina. “Detenuto evaso da Tent City, Phoenix,” rispose. Fuori dall’auto, sfrecciava il deserto dell’Arizona. “È fuggito a piedi. A quanto pare, questo non l’ha rallentato. Tre omicidi noti, al momento.”

      “Le guardie?” domandò Zoe. La sua mente stava correndo avanti. Contava i chilometri che un uomo avrebbe potuto percorrere a piedi con questo caldo. Non molti, senza riposo, riparo e acqua. Ancora meno, considerando la superficie sabbiosa.

      “No, casuali. Prima due escursionisti.” Shelley fece una pausa, inspirando attraverso i denti. “Tutti gli indizi confermano che gli omicidi sono stati… crudeli. L’ultima vittima era una turista diretta al Grand Canyon.”

      “Ed è lì che stiamo andando ora” dedusse Zoe. La mappa dell’area si dispiegò nella sua mente, ritagliando le strade e i sentieri che ogni vittima aveva probabilmente intrapreso per imbattersi nel loro uomo.

      “Esatto. Pare che dovremmo prepararci.”

      Zoe annuì silenziosamente. Aveva notato che era più difficile, per persone come Shelley, presentarsi sulla scena del crimine e vedere il corpo della vittima. Sperimentavano il dolore e la sofferenza che erano state inflitte. Zoe vedeva sempre soltanto un corpo, carne che poteva contenere indizi utili alle indagini, e i calcoli che ci giravano intorno.

      Era probabilmente questo che le aveva permesso di superare i test d’ingresso e diventare un Agente Speciale: la capacità di rimanere calma e controllata, di analizzare i fatti anziché lasciarsi prendere dalle emozioni. Ma era stata la sua natura silenziosa e la tendenza ad assumere un’espressione facciale vuota a portarla ad aver bisogno di un nuovo partner. A quanto pare, quello precedente pensava che Zoe fosse troppo silenziosa e fredda.

      Aveva tentato di porvi rimedio subito dopo aver conosciuto Shelley, durante il loro primo caso insieme, comprando un paio di caffè da asporto e donandone uno alla sua partner, onorando un arcaico rituale tra colleghi. Sembrava avesse funzionato. Shelley era abbastanza affabile per entrambe, motivo per cui Zoe sperava davvero potesse andare con lei.

      Non fu difficile individuare il luogo. Poliziotti locali si aggiravano in uniforme sotto il sole cocente, una ferocia rovente che gravò pesantemente sulle sue braccia scoperte non appena uscì dall’auto climatizzata. La pelle si sarebbe ustionata nel giro di quarantacinque minuti se non fosse stata protetta. Probabilmente le sarebbe comparsa un po’ di abbronzatura sulle guance, sul naso e sulle mani, fino a quando non fosse tornata in auto.

      Shelley le presentò ed entrambe mostrarono i propri distintivi all’ufficiale in comando, prima di avvicinarsi alla scena del crimine. Zoea scoltava soltanto in parte, felice di lasciare che se ne occupasse Shelley. Nonostante fosse Zoe l’ufficiale di grado superiore, non ce l’aveva con Shelley per il fatto di comportarsi come se fosse lei a comandare. Zoe si stava già guardando attorno, alla ricerca degli indizi che le avrebbero rivelato qualsiasi cosa. Shelley le fece un cenno, un tacito accordo in base al quale avrebbe pensato lei agli agenti locali, mentre Zoe sarebbe stata libera di esaminare i dintorni.

      “Non so se riuscirà a trovare qualcosa,” stava dicendo il comandante. “Abbiamo setacciato l’intera zona il più scrupolosamente possibile.”

      Zoe lo ignorò e continuò a cercare. C’erano cose che lei riusciva a vedere, cose che altri non vedevano. Cose che potevano benissimo essere scritte a lettere cubitali, ma che comunque risultavano invisibili alle persone comuni.

      Era questo il suo segreto, il suo superpotere. Notò le orme del colpevole sulla sabbia e i calcoli apparvero accanto, comunicandole tutto ciò che aveva bisogno di sapere. Facile come leggere un libro.

      Si accovacciò per dare un’occhiata migliore alle orme più vicine e a come fossero distanziate dal corpo della vittima. Il passo le rivelò che il colpevole era alto un metro e ottantanove centimetri. La profondità delle impronte indicava un peso di novantacinque chili. Aveva corso continuamente, avvicinandosi alla vittima e attaccandola alla velocità di sei chilometri all’ora, considerando la distanza tra le orme.

      Zoe

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