Lo Scettro di Fuoco. Морган Райс

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Lo Scettro di Fuoco - Морган Райс

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CAPITOLO VENTITRÉ

       CAPITOLO VENTIQUATTRO

       CAPITOLO VENTICINQUE

       CAPITOLO VENTISEI

       CAPITOLO VENTISETTE

       CAPITOLO VENTOTTO

       CAPITOLO VENTINOVE

       CAPITOLO TRENTA

       CAPITOLO TRENTUNO

      PROLOGO

      Oliver fissava incredulo gli occhi di Esther. Sembravano diventare sempre più verdi a ogni secondo che passava, mentre il potere dell’Elisir le ridonava la salute.

      “Mi hai salvato, Oliver,” disse lei con le lacrime agli occhi.

      Si ritrasse dal suo abbraccio e fece per alzarsi in piedi. Oliver fece lo stesso, fissandola come se fosse un fantasma. Solo pochi giorni prima si era trovata sulla soglia della morte. Ora stava in piedi, dritta e forte, più bella e radiosa che mai. In effetti sembrava quasi che brillasse.

      “Esther?” esclamò Ralph.

      “Wow…” mormorò Walter.

      “Stai brillando,” balbettò Simon, gli occhi azzurro chiaro rotondo come due lune.

      “Cosa c’era in quella cosa?” esclamò Hazel, guardando la boccetta di vetro ora distrutta in cui avevano trasportato l’Elisir.

      Prima che Oliver riuscisse a trovare la propria voce, un improvviso scossone simile a un terremoto lo riportò in se stesso.

      Improvvisamente ricordò che erano tornati nella Scuola degli Indovini e che per motivi che non capiva l’intero edificio sembrava tremare violentemente e andare a pezzi attorno a loro.

      Lanciò un’occhiata in fondo al corridoio, in direzione dell’atrio centrale. C’erano centinaia di studenti indovini che correvano affannosamente, feriti o ricoperti di detriti a causa dei muri che stavano crollando. La dottoressa Ziblatt stava cercando di raccoglierli mandandoli verso il professor Ametisto.

      Fu a quel punto che Oliver si rese conto di ciò che stava accadendo. Il professor Ametisto aveva attivato il portale nascosto per i viaggi nel tempo all’interno del kapoc e al centro dell’albero si era formato un grosso vortice. Gli studenti indovini vi stavano entrando in fretta e furia, scomparendo chissà dove.

      Stavano evacuando la scuola.

      “Questo è l’ultimo!” gridò la dottoressa Ziblatt, il camice bianco da laboratorio sporco e striato di terra. “La scuola è vuota.”

      “Allora andate!” esclamò il professor Ametisto.

      Lei lo guardò con le lacrime che le luccicavano negli occhi. Gli strinse la mano con forza. “Buona fortuna, signore! Spero di rivederla dall’altra parte.”

      Il vecchio preside annuì. Poi la dottoressa Ziblatt saltò nel vortice e scomparve.

      Oliver stentava a credere a ciò che stava succedendo. Sapeva che l’attivazione dell’Elisir avrebbe avuto risultati imprevedibili, ma mai neanche tra un milione di anni avrebbe pensato che potesse portare la sua adorata scuola ad autodistruggersi! La Scuola degli Indovini doveva essere indistruttibile! O almeno lui l’aveva sempre percepita come tale. Ma il suo continuo intromettersi nelle linee temporali e nel corso della storia per salvare la vita di Esther aveva chiaramente avuto un impatto devastante quanto inaspettato. Aveva salvato Esther, ma a che costo?

      In quel momento il professor Ametisto li scorse nel corridoio. “Veloci!” gridò, facendo segno a Oliver e ai suoi amici da dove si trovava accanto al vortice nel kapoc.

      Oliver si girò a guardare i suoi amici che aspettavano dietro di lui: Walter, Simon, Hazel e Ralph, i migliori amici che un ragazzo avrebbe mai potuto desiderare.

      “La scuola sta crollando,” balbettò, la gola stretta dall’incredulità. Non la Scuola degli Indovini. Non il suo rifugio. “Dobbiamo evacuare.”

      “Andiamo,” disse Hazel, lottando per stare dritta in piedi nonostante la forza degli scossoni.

      Le pareti tremavano e continuavano ad essere scosse mentre il gruppo si faceva strada barcollando verso il professor Ametisto. Il terremoto era così violento che era così difficile che sembrava di annaspare in mezzo alla melassa.

      Un pezzetto alla volta, il gruppo ridusse la distanza tra loro e la possibilità di fuga verso la salvezza.

      Ma erano ad appena un metro dall’albero quando ci fu un fortissimo schianto dall’alto.

      Oliver sussultò e portò lo sguardo in su di scatto. Uno degli enormi rami del kapoc si era staccato dall’albero e stava cadendo, dritto verso Esther!

      Senza fermarsi a pensare neanche un nanosecondo, Oliver si tuffò in avanti spingendo Esther da parte. Andarono a sbattere sul pavimento con un doloroso schianto e Oliver le cadde sopra con forza. Il ramo atterrò accanto a loro, portando con sé detriti che caddero a pioggia su di loro.

      Esther tossì e sbirciò tra le braccia con cui si era coperta il volto. “Grazie,” disse con voce roca. Poi tossì ancora, sommersa dalla polvere fine che si era sollevata dal crollo delle pareti.

      In quel momento Oliver sentì il professor Ametisto gridare: “NO!”

      Oliver sollevò lo sguardo e nella nube di polvere vide che il vortice era sparito. Al suo posto c’era un enorme crepa zigzagante che tagliava a metà l’intero tronco del kapoc. Il portale temporale era andato distrutto.

      E adesso? pensò Oliver disperatamente mentre si rimetteva in piedi.

      Se fossero riusciti ad arrivare alla sesta dimensione, forse avrebbero avuto una possibilità, ma quella si trovava nella parte più alta della scuola, al piano terra, e loro adesso erano in fondo, cinquanta piani sottoterra.

      Oliver si sentiva devastato.

      Il professor Ametisto li raggiunse di corsa. “Veloci. Venite. Venite subito,” disse, facendo loro segno di seguirlo.

      Oliver non aveva mai visto il preside così agitato. Così spaventato. Questo non faceva che rendere ancora più chiara la situazione in cui realmente si trovavano.

      La banda si fece avanti insieme al professor Ametisto. L’anziano preside li condusse lungo un corridoio contrassegnato da una X, una zona vietata agli studenti. Oliver non aveva idea di dove li avrebbe portati o di quale fosse ora il piano del professor Ametisto. Ma si fidava sempre del preside. Il suo mentore non li aveva mai delusi fino ad ora.

      Corsero

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