Lo Scettro di Fuoco. Морган Райс

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Lo Scettro di Fuoco - Морган Райс

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e Walter si scambiarono uno sguardo comprensivo.

      Ma Esther non voleva la loro pietà. E non ne aveva neppure bisogno. Da quando aveva preso l’Elisir, si sentiva meglio che mai. Aveva la mente più attenta, i sensi più allerta. Si sentiva più in salute di quanto fosse mai stata e l’ultima cosa che voleva fare era crogiolarsi nella negatività.

      Si spolverò i vestiti e si guardò attorno. “Giusto. Dobbiamo andare avanti. Il professor Ametisto ha detto che uno dei portali ci avrebbe portati allo Scettro di Fuoco. Non c’è tempo da perdere.”

      “Beh, aspetta un momento,” disse Simon con il suo tono di voce vittoriano. “Perché non ci prendiamo un attimino per recuperare?”

      Esther poteva sentire la preoccupazione nella sua voce. Sapeva che non era dovuta alla corsa turbolenta attraverso il portale. Simon si stava riferendo all’esperienza che da poco l’aveva portata così vicina alla morte, e all’Elisir che aveva dovuto bere per tornare in salute. Ma lei non aveva davvero voglia di parlarne adesso. Non voleva neanche pensarci. Non ora che si trovavano nel mezzo di una missione per salvare la scuola.

      “Non hai sentito quello che ha detto il preside?” rispose a Simon. “Dobbiamo trovare lo Scettro di Fuoco.”

      I ragazzi si scambiarono un altro sguardo preoccupato.

      “Abbiamo sentito,” disse Walter. “E capisco che tu voglia buttarti a capofitto nella missione.”

      “Ma hai appena passato una vera e propria odissea,” aggiunse Simon.

      “E se per caso hai bisogno di tempo…” continuò Walter.

      “O di qualcuno con cui parlare…”

      “O di una spalla sulla quale piangere…”

      Esther scosse la testa e sollevò le mani per fermarli. “Ragazzi. Sto bene. Non dovete guardarmi come se fossi fatta di porcellana e potessi spezzarmi da un momento all’altro. Sto bene. Sto meglio che mai. Sono viva. E ora voglio trovare questo Scettro e salvare la scuola. Possiamo farlo? Per favore?”

      Non voleva pensare troppo intensamente al fatto che Oliver le era stato strappato via di nuovo. Che proprio appena si era ricongiunta a lui, il destino li aveva separati un’altra volta. Non voleva pensare al fatto che gli doveva la vita, e neanche al fatto che era il ragazzo del quale si era innamorata. Ci sarebbe stato tempo più tardi per pensarci. Ma adesso, se avesse speso anche solo un secondo a rimuginarci sopra, sapeva che sarebbe crollata e scoppiata in lacrime.

      Simon e Walter si scambiarono un’ultima occhiata, poi scrollarono tutti e due le spalle, rendendosi chiaramente conto che non aveva senso discutere con quella testa dura di Esther.

      “E allora dove siamo?” chiese Walter.

      “Non ne ho idea,” rispose Esther osservando quel paesaggio così poco familiare.

      “E come ci muoviamo per trovare questo Scettro di Fuoco?” chiese Simon.

      Di nuovo Esther si trovò senza parole. “Non lo so.”

      Proprio in quel momento Esther vide qualcosa volare in aria, diretto verso di lei. Sembrava una palla da cricket e stava viaggiando a folle velocità verso il suo volto.

      Affidandosi alle sue abilità nello Switchit, Esther allungò le mani e afferrò la palla di metallo. Era talmente veloce che la fece barcollare all’indietro. L’impatto le fece vibrare le braccia.

      Dopo essersi presa un momento per riprendersi dallo shock, Esther abbassò lo sguardo sull’oggetto che aveva tra le mani. Era la bussola magica di Oliver.

      “Come ci è finita qui…?” balbettò.

      Niente era come avrebbe dovuto. Il preside aveva parlato a loro attraverso il vortice. Il portale si era diviso in due. La bussola era arrivata a lei. Per dei motivi che non comprendeva appieno, il portale attraverso cui avevano viaggiato era stato diverso dal solito, e chiaramente non vi si applicavano le consuete regole.

      “La bussola può guidarci!” disse con tono eccitato, sollevando lo sguardo dall’antico strumento di bronzo e osservando gli altri.

      “Come funziona?” chiese Simon.

      “Mostra il futuro,” disse Esther. “Quindi, se interpretiamo correttamente i simboli, ci guiderà dove dobbiamo andare.”

      Walter si accigliò. “Dove dobbiamo andare?” chiese. “O magari semplicemente dove andremo?”

      Esther esitò considerando la sua osservazione. Se il gruppo di Oliver aveva imboccato la galleria corretta ed era arrivato nel posto e nel tempo che li avrebbe portati allo Scettro di Fuoco, allora qualsiasi fosse il futuro che attendeva Esther e la sua squadra sarebbe stato decisamente diverso. Però, lo stesso, qualsiasi futuro mostrasse la bussola, era loro destino seguirlo. Anche se non li avesse condotti allo Scettro, li avrebbe portati a qualcosa, e questo per ora le bastava.

      Esther decise di non rimuginarci troppo sopra. Non c’era modo di sapere quale squadra fosse atterrata nel posto in cui si era perduto lo Scettro di Fuoco, fino a che non lo avessero stretto in pugno.

      Si mise a osservare i simboli. La lancetta principale stava indicando la piccola immagine di un sole. Un’altra indicava un’ancora. Una terza mostrava quella che sembrava essere una figura astratta che lanciava un giavellotto.

      Esther si grattò la testa confusa e sollevò lo sguardo verso la desolata area sabbiosa alla ricerca di indizi. Dovette schermarsi gli occhi dalla luce accecante del sole, dato che non c’era nulla che potesse fornire un po’ di ombra, se non qualche albero allampanato e alcune magre capre che stavano pascolando.

      “Allora?” chiese Walter. “Dove siamo?”

      “Non lo so,” confessò lei.

      “Vedo il mare,” disse Simon indicando in lontananza, dove una striscia argentata luccicava all’orizzonte. Strizzò gli occhi. “Sembra un porto pieno di barche. Magari siamo su un’isola? Un qualche centro commerciale?”

      “Oh, sì!” esclamò Esther, con la mente che iniziava a mettere insieme qualche tassello. “Questo spiegherebbe l’ancora. Cos’altro abbiamo?”

      “Quelli sono degli aranceti?” chiese Simon, indicando una zona più popolata di alberi che erano carichi di arance grosse e brillanti.

      Esther annuì. C’era un simbolo corrispondente anche sulla bussola, una macchia arancione, come uno spruzzo di vernice. “Penso che potremmo trovarci da qualche parte nel Mediterraneo,” suggerì.

      “In Grecia magari? Questo potrebbe spiegare questo simbolo di qualcuno che lancia un giavellotto. Potrebbe essere connesso all’Olimpo.”

      Simon parve animarsi alquanto sentendo nominare la Grecia. “Oh, eccellente lavoro di investigazione, Esther. Allora potremmo essere in Grecia. In che era?”

      Ma prima che Esther potesse rispondergli, gli occhi castani di Walter si dilatarono per la paura, mentre lui puntava un dito tremante davanti a sé.

      “Cosa… Cosa… Cos’è quello?” gridò.

      Con il cuore che batteva forte in petto, Esther

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