La Lista Dei Profili Psicologici. Juan Moisés De La Serna
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–Bene, dico solo quello che penso, credo che questo è un classico, e dobbiate rispettare l’opera originale.
–La ringraziamo per il suo tempo― disse la donna mentre scendeva i tre gradini del palcoscenico.
–A proposito, questo è vostro?― dissi, mostrando la scatola che mi aveva portato a quell’esperienza imprevista.
–Sí, è nostra― affermò la donna. ―Anche se speravamo che venisse accompagnato.
–Accompagnato?― chiesi, sorpreso.
–Sì, ma immagino che non abbia avuto nessuno con cui venire― affermò il terzo ballerino in tono molto sarcastico scendendo dal palco.
–La verità è che, se avessi saputo dove sarei capitato, potevo portare anche qualcun altro, ma fate come se non avessi detto niente.
–Come niente?― chiese il primo attore, quello che aveva fatto il bigliettaio ―C’era il luogo, l’ora e anche una descrizione dell’opera.
–Sí, certo, ma non mi immaginavo un luogo come questo, sul giornale avevo visto che annunciavano una compagnia di balletto che debuttava oggi, e pensavo che foste voi.
–Magari!― disse la donna. ―Noi non siamo neppure una compagnia, siamo solo degli amici che tentano di offrire un po’ d’arte al popolo, ma è vero, ci piace che sia di qualità, e che provochi emozioni nello spettatore.
–Ha sentito bene?, emozione!, non dialogo― affermò il terzo ballerino, mentre si sedeva accanto a me.
–Bene, allora congratulazioni, e continuate così― dissi cercando di finirla con quella situazione così strana,perchè era la prima volta che assistevo a una di quelle opere alternative o come si chiamavano.
Non andavo spesso a teatro, ma quando ci andavo mi accertavo sempre che fossero opere di compagnie internazionali.
–Un momento!― disse la giovane tirandomi per la manica della giacca. ―E questo cos’è?
–Cosa?― chiesi, meravigliato.
–Questo anello e il biglietto?, che significa tutto questo?― disse stupita mentre lo toglievo dalla scatola.
–Non ne ho idea, era nella scatola― risposi, senza conoscere il motivo del suo stupore.
–Noi abbiamo lasciato la scatola nel parco perchè la persona che volesse potesse venire e così potessimo conoscere la sua opinione, ma quello non ce l’abbiamo messo noi― affermò il primo attore.
–Eppure le assicuro che quando ho ricevuto la scatola era gà lì dentro― insistetti.
–Tenga!― disse la ragazza, porgendomi entrambi gli oggetti.
–E cosa vuole che ne faccia?― chiesi, contrariato per aver scoperto che non erano loro.
–Non so, ma non sono nostri, molte grazie per la sua visita, e per la sua opinione sul nostro spettacolo― disse la donna mmentre mi indicava il palcoscenico con la mano.
–La accompagno all’uscita― disse il terzo ballerino, mentre mi precedeva.
Mi accompagnò all’uscita attraversando il piccolo passaggio e dopo aver varcato la porta d’uscita, l’unica cosa che quell’uomo mi disse fu:
–Più dialogo?, che ne sa lei del balletto?
Detto questo chiuse la porta e rimasi per qualche secondo a guardarla prima di girarmi e guardarmi attorno.
Quasi tutta la strada era buia, tranne alcuni negozi di bevande o di scommesse, quelli che non chiudevano neppure alla notte.
Guardai da entrambi i lati e non vidi neppure una macchina. Consultai l’orologio e vidi che era passata più di un’ora da quando ero uscito dallo studio.
“E a quest’ora dove lo trovo un taxi?”, pensai mentre cominciavo a camminare lungo la strada, nell’attesa che ne passasse uno.
Poichè iniziavo ad avere freddo, mi strinsi nella giacca e misi le mani nelle tasche quando mi accorsi che avevo ancora l’anello nella giacca. Lo tirai fuori e vidi con difficoltà che aveva un’incisione, che prima non avevo notato, ma con quella poca luce non riuscivo a vedere bene.
Lo rimisi in tasca e toccai il biglietto, e mi accorsi che aveva un rilievo su una delle facce. Lo tirai fuori, lo osservai, ma non vidi nulla.
“Forse lo vedrò meglio alla luce”, pensai, mentre lo alzavo in direzione di una lampada che a svariati metri d’altezza faceva quello che poteva per illuminare la strada.
–Niente, così non si può ―dissi, dopo aver cercato di osservare il biglietto da diverse angolazioni.
Ero ancora lì quando la strada iniziò a illuminarsi e vidi che arrivava una macchina, quindi intascai rapidamente quel pezzo di carta e mi preparai a fermarla.
–Taxi!,taxi!…― urlai, facendo cenni con le mani per farmi vedere.
–Taxi, signore?― mi disse il conducente fermandosi accanto a me.
–Sí, grazie― risposi sollevato, mentre mi sedevo sul sedile posteriore.
–Dove la porto?
–All’ Hotel Plaza.
–Ha avuto fortuna che sia passato di qui!, non è una zona molto raccomandabile.
–Sí, sto iniziando a rendermene conto― dissi mentre l’auto procedeva e vedevo che era un quartiere un po’ trascurato.
–E’ qui in vacanza?― chiese il tassista.
–Cosa?― chiesi, mentre osservavo il quartiere che stavamo attraversando.
–E’ la sua prima volta in città?― insistette.
–Abito qui.
–Dove?, in hotel?― chiese il tassista con derisione.
–Sí, esatto― affermai categoricamente.
–Mi scusi, ma non capisco― disse l’uomo, sorpreso.
–Abito lì da anni, in questo modo posso concentrarmi sul lavoro senza distrarmi per cose necessarie come i lavori di casa.
–Che lavoro può essere così totalizzante?― chiese curioso il tassista.
–Faccio lo psichiatra,― risposi, mentre mi abbassavo il colletto della giacca.
–Psi…cosa?, lo strzzacervelli?― chiese mentre si faceva una bella risata.
–Colui che si prende cura della salute mentale degli abitanti di questa città― puntualizzai senza avermene a male per quel commento scherzoso, che non era certo il più offensivo che avevo dovuto sopportare.
–Bene, comunque sia, le da abbastanza per vivere in un hotel? Guadagnerà molto― disse mentre faceva un gesto con indice e medio, per indicare il denaro.
–Non tanto,