Il Conte Libertino. Dawn Brower
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Asthey non si oppose all’ordine di Coventry, annuì e tornò nell’inferno del gioco. Jonas lo osservò finché non scomparve all’interno, poi si voltò verso Coventry. «Che cosa sapete?».
«Molto più di voi.» rispose in modo criptico, «Il duca ha dei piani per voi e non è contento della vostra riluttanza nel seguirli.».
«È una situazione che conosco fin troppo bene.». Si augurava che il vecchio lo lasciasse da solo. «Era questo il suo piano per costringermi ad andare a Southington?».
«Non sono del tutto sicuro di ciò che sperava di ottenere stasera.» ammise Coventry. «So che lo ha organizzato, e sono qui per aiutarvi, se me lo permettete.».
Jonas era stanco di combattere costantemente contro suo nonno. Doveva esserci un modo per impedirgli di seguirlo ovunque. «Che cos’avete in mente?».
Asthey e Shelby uscirono dall’edificio e li raggiunsero. Shelby portava la cravatta in mano e si stava raddrizzando la giacca. «Spero che sia importante.» mormorò Shelby, «Quella donna era…».
«Non ci serve saperlo.» disse Asthey, interrompendolo.
Coventry sorrise. «Credo che vi troverete bene.».
«Non vi seguo.» disse Jonas, poi si accigliò. «Trovarci bene dove?».
«In un club molto speciale.» rispose lui. «Venite. Vi spiegherò tutto, anche come vi aiuterò con Southington, con la vostra vita sociale, e persino finanziariamente, se lo desiderate.».
Non capiva come un club potesse fare tutto ciò, ma era disposto ad ascoltare Coventry. Lo aveva salvato da una rissa e, finché lui avesse avuto i suoi due amici al proprio fianco, non ci vedeva niente di male. Avrebbero potuto decidere insieme se ne valeva la pena. Erano amici da così tanto tempo.
Seguirono Coventry fino a una carrozza e vi salirono. Percorsero facilmente la strada acciottolata. L’interno era elegante e i sedili piuttosto comodi. Jonas non era mai salito su una carrozza così comoda. Dopo un breve tragitto, la carrozza si fermò. Scesero e si trovarono davanti ad un’elegante villa con una “W” incisa sulla porta. Dov’erano? Che cosa aveva detto Coventry in precedenza? Qualcosa a proposito di un club.
«Dove siamo?» chiese Asthey, dando voce ai pensieri di Jonas.
«Non mi sembra granché.» rispose Shelby. «Perché ho lasciato da sola quella bella donna?».
Coventry estrasse dalla tasca una chiave con sopra la stessa “W”. La infilò nella serratura e aprì la porta. «Signori, prego, entrate.». Li condusse dall’atrio fino alla parte principale della casa.
L’esterno nascondeva sapientemente la lussuosa decadenza che si trovava all’interno. Un sontuoso velluto decorava le finestre. I divani, le chaise longue e tutte le sedie avevano una combinazione di colori simile, rosso scuro e marrone brunito. Su un lato c’era una lunga ringhiera di ciliegio che avvolgeva una scala elaborata. Sull’altro lato c’era una grande stanza con un camino acceso. Diversi uomini erano seduti a uno dei tavoli e giocavano a carte. Ognuno di essi teneva in braccio una bella donna in abiti succinti. Jonas rimase a bocca aperta per tutto ciò che vide, e non riusciva a credere di non sapere dell’esistenza di quel posto. Si rivolse a Coventry e disse: «Avete la nostra attenzione. Volete spiegarci tutto, adesso?». Continuava a fissare il lusso di ciò che lo circondava.
Coventry sorrise. «Benvenuti al “Coventry Club”. Siete stati nominati per l’ammissione, se volete unirvi. Ci sono delle regole, ovviamente.» li informò Coventry. «Niente di così drastico, credo che le troverete ragionevoli. Mantenere segreto il club e rinunciare all’iscrizione una volta sposati. Solo il leader del gruppo può avere una moglie e mantenere l’iscrizione. Se vi state chiedendo chi sia… attualmente sono io il responsabile del club e dei suoi membri.». Li guardò e chiese loro: «Desiderate far parte di tutto questo?». Allargò le braccia.
Annuirono tutti all’istante. Jonas non ci pensò due volte e neanche gli altri due, probabilmente. Gli eccessi di quel posto li avevano conquistati. Il resto lo avrebbero compreso in seguito.
Era stata una decisione di cui non si era mai pentito…
CAPITOLO UNO
Londra, 1823
Nuvole grigio scuro fluttuavano nel cielo, minacciando di scatenare la pioggia su tutti coloro che osavano camminare per le strade di Londra. Lady Marian Lindsay le fissava mordendosi il labbro inferiore. Non era un buon segno e sperava che quel cattivo presagio non portasse ad un disastroso incontro con Sir Anthony Davis. Non che la pioggia non fosse all’ordine del giorno in Inghilterra, perché sicuramente onorava il Paese con regolarità; tuttavia, la fortuna di Marian non aveva mai gli effetti sperati quando pioveva. Quindi il suo incontro con Sir Anthony era sicuramente condannato.
Tuttavia, aveva intenzione di andare fino in fondo. Aveva dei piani e Sir Anthony era l’ostacolo. Senza il suo consenso, non sarebbe mai entrata nella Royal Medical Society. Loro avevano questa idea sbagliata della medicina e le donne non s’intromettevano. Sperava di fargli cambiare idea e ottenere una buona parola per l’ammissione.
Aveva studiato medicina ed erbalismo per tutta la vita. D’accordo, forse non da così tanto, eppure le sembrava di sì. Il suo interesse era iniziato quasi un decennio prima, dopo la morte di sua zia e suo zio. Entrambi avevano avuto un terribile incidente in carrozza nei pressi della tenuta di famiglia. Suo padre era il Conte di Coventry. Suo zio, il Conte di Frossly, aveva sposato sua zia Belinda ed era entrato a far parte della famiglia. Dopo la loro morte, la madre di Marian si era disperata per il dolore e per la perdita della sua adorata sorella minore.
Da allora, era cambiato tutto nella vita di Marian. I suoi due cugini andarono a vivere da loro e sua madre si ammalò dopo il loro arrivo, lasciando nell’oblio il debutto in società suo e di sua cugina. Non che la cosa le importasse molto, soprattutto quando sua madre cedette alla malattia e se ne andò per sempre. Il suo dolore era stato troppo grande e aveva deciso che voleva di più nella vita. Marian non voleva sposarsi né avere figli. Aveva obiettivi molto più alti, come diventare un vero medico e guadagnarsi da vivere aiutando le persone.
Il che la riportò a Sir Anthony: doveva farla entrare nella società. Quello era il passo successivo per acquisire le conoscenze necessarie per diventare un medico. Alzò di nuovo gli occhi al cielo.
«Ti prego, aspetta finché non avrò finito.» implorò, «Ho bisogno di un po’ di tempo.». Si affrettò finché non raggiunse la casa di Sir Anthony e aprì la porta. Marian entrò mentre la pioggia iniziava a cadere. Batteva sulla strada, creando pozzanghere quasi all’istante. Marian chiuse la porta ed emise un respiro di sollievo.
Qualcuno si schiarì la voce. Lei si voltò e vide due uomini in piedi, che la fissavano con una lieve sorpresa sui loro volti. Il signore più anziano doveva essere Sir Anthony. Aveva i capelli scuri striati di grigio. L’altro gentiluomo era piuttosto bello, addirittura affascinante. Aveva i capelli scuri e dei diabolici occhi blu. Con suo grande disappunto, lo aveva sempre trovato attraente, e non perché fosse il maschio più bello che avesse mai visto. C’era qualcosa in lui che le faceva battere forte il cuore nel petto. Il corpo di Marian era pervaso da un’energia indescrivibile. Jonas Parker, lo stimato Conte di Harrington, la metteva sempre messa a disagio e, a volte, credeva che lui ne fosse consapevole. Accidenti a lui. «Buongiorno, milord.» lo salutò Marian, poi si rivolse all’uomo più anziano. «Sir Anthony.». Sperava che la sua intuizione fosse