Confessione Di Una Piantagrane. Brower Dawn

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Confessione Di Una Piantagrane - Brower Dawn

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Harringhton stava venendo verso di loro. Di sicuro se lo sarebbe portato via, ma quella era l’unica occasione che aveva per strappargli quel famoso ballo! Solo questo voleva, danzare con lui. Era desiderare troppo?

       "Vi perdono solo se mi concedete questo ballo.” disse lui, sorridendole dolcemente. Sembrava pregarla con gli occhi! “ Vi prego.” ripeté. L’orchestra aveva iniziato a suonare un valzer. Samantha desiderava disperatamente sentire le sue braccia intorno a lei. IN quei brevi istanti avrebbe potuto illudersi che lui l’amasse!

       "Io ..." Deglutì a fatica. "Con piacere!” disse alla fine.

       Lord Asthey le porse la mano e la condusse a centro sala. Non era una stupida. Samantha aveva sentito le voci su Lord Asthey, suo fratello e tutti i nobili del loro club. Erano tutti considerati immorali, scandalosi, furfanti. Anche se lei non aveva mai visto in loro tali vizi. Ma era merito di Gregory: lui non lo avrebbe mai permesso. Davanti a lei erano tutti dei perfetti gentiluomini. E Ashtey era il migliore fra loro. Sempre così gentile, premuroso, educato…

       Ma era logico che le apparissero delle ottime persone. Suo fratello gli aveva imposto di rispettarla e quindi loro la trattavano coi guanti. Forse era per questo che Ashtey l’aveva invitata a ballare, per un atto di cortesia nei riguardi del fratello, in modo che non si sentisse esclusa e abbandonata. Samantha non era tipo da utilizzare tale cortesia a suo vantaggio. Tuttavia non si sarebbe sentita in colpa per quel ballo: se lo sarebbe goduta, e basta. Per ora si sentiva come se stesse fluttuando tra le nuvole. Lord Ashtey era un ottimo ballerino e la guidava con maestria. Samantha si sentiva come se stesse fluttuando sulle nuvole. Pensò di stare sognando…come faceva tutte le notti, ormai. La differenza era che adesso era tutto vero…anche se non era proprio come se l’era immaginato. Nelle sue fantasie loro ballavano insieme dopo che Ashtey si era dichiarato e le aveva chiesto di sposarlo.

       Ma nella vita non si poteva avere tutto, non è così? Avrebbe ricordato questi momenti per tutto il resto della sua esistenza. Probabilmente, quello sarebbe stato l’unico ballo che avrebbe fatto con lui. Comunque sia, si sarebbe tenuto stretto questo ricordo, e lo avrebbe rispolverato con affetto, nella sua vecchiaia solitaria. Se fosse stata abbastanza coraggiosa, gli avrebbe confessato i suoi sentimenti. Ma in fondo, nemmeno l’inferno confessa tutti i suoi segreti: ci sono alcune cose che è meglio non dire e tenersi per sé. Mai e poi mai avrebbe voluto spaventare Ashtey, con il suo amore! Probabilmente sarebbe fuggito e non vederlo più sarebbe stata per lei una punizione ancora peggiore della sua indifferenza.

       Anche questo ballo finì e lui la riaccompagnò al suo posto. Per tutto quel tempo, non si erano detti nemmeno una parola. Ma lei aveva gradito il suo silenzio. Si era goduta appieno tutto il ballo…e il contatto con il corpo di lui. Gli sorrise, sperando che Ashtey riuscisse a intuire quanto era innamorata. Ma lui non dette segno di aver capito. Anzi, si inchinò e si accomiatò. Ecco, era tutto finito prima ancora di cominciare!.

       Lord Asthey la lasciò sola e se ne andò dai suoi amici. Il sorriso di Samantha vacillò un po’. Doveva andarsene, prima che tutti si accorgessero di quanto soffriva. Senza dire niente a nessuno si voltò e uscì dalla sala da ballo. Kaitlin poteva benissimo cavarsela da sola. Marian era ancora lì, dopo tutto ... Samantha riuscì a malapena a evitare di scoppiare in un pianto dirotto prima di potersi rifugiare in camera sua. Una volta chiusa la porta si gettò sul letto, e si abbandonò ai singhiozzi.

       Quando non ebbe più lacrime da versare, si sedette e si asciugò il viso. Ecco qua, quel che è fatto è fatto. Ora l’unica cosa da fare era rialzarsi e cercare un uomo che l’amasse veramente. Quello stupido di Ashtey non sapeva cosa si era perso!

       Se solo fosse riuscita a fargli credere che ...

      Capitolo Primo

       Londra 1825

       Jason Thompson, il Conte di Asthey, si appoggiò allo schienale della sua poltrona nello studio del Coventry Club e si accigliò guardando la lettera, l'ultima tra le tante, inviatagli dall'avvocato di suo nonno che chiedeva un abboccamento con lui. Non voleva averci a che fare. Suo nonno materno, il duca di Wilmington, era sempre stato buono con lui. Se non fosse stato per suo nonno, sarebbe stato sul lastrico già tanto tempo fa. Suo padre si era mangiato al gioco tutte le sue sostanze quando Jason era poco più di un adolescente. Qualche anno dopo era morto in circostanze oscure. Nessuno riuscì ad affermare con sicurezza che si fosse trattato di suicidio, ma ciò non frenò i pettegolezzi.

       La maggior parte delle persone che lo conoscevano pensò che si fosse ammazzato perché non riusciva a far fronte ai debiti. Fu quando arrivarono i creditori di suo padre a esigere il pagamento, che la sua vita cambiò improvvisamente e in modo terribile. Jason era ancora un ragazzo inesperto delle cose della vita, ma ne ricevette una lezione che non avrebbe mai dimenticato e che avrebbe forgiato la sua personalità. Quegli uomini indegni avevano cominciato a ricattare sua madre e a trattarla come una donna di malaffare, e non di rado erano riusciti anche ad umiliare il giovane Jason. A volte temeva che avrebbero ucciso anche lui. Ma resistette, per timore che, se lui fosse morto, sua madre avrebbe potuto fare una fine ancora peggiore: diamine, forse non avevano nemmeno bisogno di ammazzarlo, per abusare di lei!

       Quegli uomini non erano veri creditori, ma gente del racket. Erano spietati assassini, e non riuscire a saldare il proprio debito equivaleva a una condanna a morte. Fu allora che Jason cominciò a chiedersi se la morte di suo padre non fosse stato invece un omicidio.

       Alla fine, lui e sua madre erano riusciti a sopravvivere per miracolo, ma quell’ atroce esperienza aveva segnato Jason a vita. Il Duca suo nonno li aveva salvati da una brutta fine e aveva saldato i debiti. Jason si era rifiutato di lasciare la sua casa, ma sua madre era andata a vivere con il padre. Diceva di sentirsi più sicura nella sua vecchia casa. Jason invece aveva scelto una strada diversa. Aveva imparato a sparare ed era diventato un tiratore esperto. Poi aveva iniziato ad andare in giro armato. In seguito aveva preso anche lezioni di pugilato, per essere in grado di difendersi anche se malauguratamente si fosse trovato disarmato. In ogni caso, nessuno avrebbe più potuto offenderlo o alzare le mani su di lui.

       Ormai, erano sei mesi che il Duca suo nonno era morto. Era strano, quindi, che Jason si fosse rifiutato di conoscere il nuovo Duca? Non gli piaceva suo zio, e si era rifiutato perfino di andare a stringergli la mano nel castello di Wilmington. E non vedeva alcun motivo per questo abboccamento con l’ avvocato del nonno. Tanto, la maggior parte del Ducato era stata pignorata, e quindi la sua eredità sarebbe stata sicuramente esigua. Jason era riuscito a mettere a frutto i pochi fondi che gli concedevano l’unico suo possedimento reale, la tenuta Ashtey. Tuttavia, anche questo stava per finire, perché le entrate non riuscivano a coprire le spese per mantenere una tenuta così grande.

       Con quell’andazzo, avrebbe perso la proprietà nel giro di un anno, o al massimo due. La tenuta aveva bisogno di ristrutturazioni importanti, e la maggior parte dei suoi latifondisti cercava di provvedere da solo come poteva. Jason non sapeva cosa doveva fare al riguardo. Prendere per moglie una donna ricca poteva essere una valida opzione. Certo, avrebbe risolto tutti i suoi problemi finanziari, ma un matrimonio così gli avrebbe anche lasciato tanto amaro in bocca. Odiava l'idea di sposarsi solo per soldi. Onestamente, odiava completamente l'idea del matrimonio, alla luce di quello che era successo tra i suoi genitori. Avrebbe preferito rimanere libero, piuttosto che rendere infelice una povera donna.

       "Che cosa fate qui, tutto solo, con quella faccia?"

       Shelby avanzò verso di lui, a passi lenti. Jason alzò lo sguardo e si accigliò. I capelli scuri dell’amico erano

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