La figlia dei draghi. Морган Райс
Чтение книги онлайн.
Читать онлайн книгу La figlia dei draghi - Морган Райс страница 5
![La figlia dei draghi - Морган Райс La figlia dei draghi - Морган Райс L’era degli stregoni](/cover_pre804402.jpg)
Poteva comprendere ciò che stavano facendo, anche senza che gli venisse detto. I suoi nobili lo stavano testando, lo stavano trattando come se non fosse un vero re, come se non fosse un governatore potente come suo padre. Stavano cercando di renderlo qualcuno che potevano comandare e controllare, un domestico più che un governatore. Pensavano di potergli dire dove doveva essere e quando, di decidere le cose fra loro, riducendolo a nient’altro che un corpo incoronato, seduto su un trono.
Beh, presto avrebbero compreso come stavano le cose; Vars avrebbe mostrato loro esattamente quanto si sbagliavano.
CAPITOLO TERZO
Per tanto tempo nella sua vita, Lenore era stata perfetta, mansueta e obbediente. Era stata il paradigma di una principessa, mentre attorno a lei, le sue sorelle avevano fatto più o meno ciò che desideravano. Nerra si era precipitata spesse volte nella foresta, mentre Erin aveva giocato a fare la guerriera; al contrario, Lenore aveva finito per fare tutto ciò che ci si aspetterebbe da una principessa.
Adesso, però, stava facendo ciò che voleva.
“Siete sicura che dovremmo andare in città, mia signora?” chiese Orianne, mentre camminavano verso l’ingresso del castello. “Potrebbe non essere sicuro andare da sole.”
Un brivido le scivolò giù lungo la colonna, alla memoria del suo rapimento, ma scosse la testa.
“Potrebbero esserci delle minacce fuori dalla città,” disse, “ma Royalsport è sicura. Inoltre, porteremo una guardia.” Ne scelse una. “Tu, tu ci scorterai fino in città, d’accordo?”
“Agli ordini, vostra altezza,” rispose l’uomo, incamminandosi insieme a loro.
“Ma perché in città?” domandò Orianne. “Non ci sareste mai andata prima.”
Quello era vero. Della sua famiglia, Lenore era stata quella che spendeva il minor tempo possibile fuori dal mondo ordinato della corte reale. Adesso, però, adesso poteva farcela. Non poteva sopportare invece di restare lì ad ascoltare altre persone congratularsi con lei per le nozze, mentre suo padre giaceva moribondo e sua madre era poco più che un’ombra addolorata. Non poteva sopportare di restare lì con Finnal, per quanto lui le intimasse di non allontanarsi.
C’era anche un’altra ragione: pensava di aver visto Devin dirigersi in città di tanto in tanto e sperava che potesse essere lì. Il pensiero di parlare con lui tornò a sollevarle il cuore, quando nient’altro sarebbe riuscito a farlo. Il solo pensiero di lui e della sua gentilezza la fece sorridere in un modo che pensava il suo neomarito non avrebbe mai potuto fare.
“Andremo laggiù e faremo sapere alle persone che, anche nel lutto, noi ci siamo per loro,” disse Lenore.
Partì con Orianne e la guardia sulla sua scia, superando le sentinelle al cancello e poi proseguendo giù, verso il corpo della città. Lenore scansionò le Case, alte e maestose su entrambi i lati, inalò l’aroma intenso dell’aria della città, la sensazione dei ciottoli sotto i suoi piedi. Avrebbe potuto viaggiare su una carrozza, ma l’avrebbe isolata dalla città attorno a lei. Inoltre, l’ultima volta che l’aveva fatto era stato per il suo raccolto nuziale, e Lenore stava cercando di sfuggire a quei ricordi, di non rievocarli.
Proseguì dentro un grazioso distretto di giardini vicino al castello, le case laggiù erano chiaramente quelle dei nobili, su strade pulite e non troppo affollate. Non era ancora abbastanza per Lenore; sapeva che Devin proveniva forse da una zona molto più povera di quella, e voleva vedere con i suoi occhi cosa significasse vivere in quel modo a Royalsport.
“Siete sicura di voler andare da questa parte, Lenore?” le domandò Orianne, mentre prendevano un ponte che conduceva verso una zona chiaramente un poco più povera. Le case erano ammucchiate più vicine fra loro e le persone erano impegnate a lavorare più che a oziare. Il fumo della Casa delle Armi si innalzava nel cielo.
“Qui è esattamente dove devo essere,” rispose Lenore. “Devo vedere la città vera, per intero.”
E se fosse capitato loro di trovare Devin lungo la strada, allora sarebbe stato persino meglio. Lenore ammise poi fra sé e sé che il cuore le saltava un battito ogni volta che lo vedeva. Certo, le era capitata la stessa cosa con Finnal, ma c’era una differenza. Devin non era lì per un qualche matrimonio che l’avrebbe portato all’acquisizione di determinati territori, non era circondato da quelle terribili voci. Tutto ciò che Lenore aveva sentito o visto di lui, le mostrava un animo coraggioso e gentile… il tipo di uomo che avrebbe dovuto sposare, se non fosse stato impossibile.
“Un poco più avanti, e saremo vicine alla Casa dei Sospiri,” affermò Orianne. Lenore poteva vederla in lontananza sopra ai tetti, con quei suoi colori sgargianti per dare nell’occhio; e le venne un’idea.
“Dovresti andarci,” disse alla sua domestica. “Parla con… la nostra amica laggiù. Assicurale la nostra gratitudine.”
“Siete sicura?” chiese Orianne. “È una questione delicata essere associate a quel luogo.”
“Sono sicura,” rispose Lenore. Aveva visto Finnal per ciò che era davvero; le servivano quanti più alleati possibile, anche se provenivano da luoghi il cui solo pensiero l’avrebbe una volta fatta arrossire.
“Come desiderate, mia signora,” replicò Orianne, facendo una riverenza e affrettandosi via.
Quello lasciò Lenore sola con la guardia, a vagare per i vicoli. Non aveva in mente una direzione: spostarsi alla cieca e avere la libertà di andare in qualsiasi direzione desiderasse era molto meglio.
Stava ancora girellando quando udì dei passi alle loro spalle. Lenore si accigliò e osservò la guardia.
“Li hai sentiti?” chiese.
“Sentito cosa, vostra altezza?”
Forse erano solo le sue paure, che stavano avendo la meglio su di lei; era fuori, in un luogo che avrebbe dovuto risultarle familiare, eppure era tutto tranne quello. Tuttavia, fu certa di sentire di nuovo dei passi e pensò di aver scorto una sagoma da qualche parte dietro alle sue spalle, lì e poi via di nuovo nei vicoli della città mentre altre persone li superavano. Lenore iniziò ad accelerare il passo.
Prese il successivo paio di svolte a caso, poi imprecò quando lei e la sua guardia si ritrovarono in un vicolo cieco, dentro un cortile tranquillo circondato da case. Si guardò alle spalle e adesso un uomo si stava avvicinando, con indumenti scuri e un coltello in vita; esibiva uno stemma che lo identificava come uno degli uomini del Duca Viris, uno degli uomini di Finnal.
Lenore avrebbe dovuto tirare un sospiro di sollievo alla vista degli uomini di suo marito laggiù, dato che almeno non era un qualche furfante pronto a rapinarla. Al contrario, avvertì la tensione gonfiarsi dentro di lei.
“Che cosa ci fai qui?” domandò. “Chi sei?”
“Mi chiamo Higgis, vostra altezza,” disse l’uomo, facendo un inchino. “Sono un domestico, mandato con delle istruzioni da vostro marito.”
“Quali istruzioni?” chiese Lenore.
L’uomo si sollevò dall’inchino con il coltello già in mano, avvicinandosi alla guardia che Lenore aveva portato con sé e affondando un colpo, poi un altro. Lenore trasalì, appoggiandosi contro il più vicino degli edifici, ma con l’uomo fra lei e l’uscita