Non resta che scappare. Блейк Пирс

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Non resta che scappare - Блейк Пирс Un thriller di Adele Sharp

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ti avrei parlato. Lo avrei fatto di sicuro. Però non me l’hai detto. Io ho solo visto che mancavano…”

      Sophie sbuffò e agitò una mano. “Non tutto deve appagare la piccola preziosa Adele,” disse con tono brusco. “Non si tratta sempre di te.”

      Adele strinse i denti e avrebbe voluto protestare oltre, ma le parole non le vennero. La situazione era stata brutta. L’agente Paige era stata fortunata a mantenere il suo lavoro. La sua relazione con Matthew, un contabile del DGSI, non era cosa pubblica al tempo. Adele non sapeva che la donna stesse frequentando un sospettato nella morte di una prostituta. Alla fine Matthew era stato dichiarato innocente. Ma la Paige aveva dato ad Adele la colpa di aver denunciato la mancanza di una prova. Era saltato fuori che la Paige stava tentando di proteggere il suo fidanzato. Alla fine, però, era venuto alla luce che Matthew era andato a letto con la prostituta. Adele sospettava che la Paige non l’avesse saputo quando aveva nascosto ricevute e documenti che suggerivano il coinvolgimento dell’uomo.

      Adele aveva visto che le prove mancavano, però, e aveva subito denunciato la scomparsa dei documenti. Dopodiché Sophie Paige era stata indagata come anche Matthew. Il suo ragazzo era stato a ritenuto innocente rispetto alle accuse di omicidio, ma era stato licenziato dal DGSI. Anche la Paige sarebbe stata licenziata, ma Foucault – per qualche motivo che Adele non capiva – l’aveva difesa e le aveva fatto conservare il posto, anche se aveva dovuto degradarla.

      “Tu non mi piaci,” disse la Paige con semplicità, tutte le finzioni ora messe da parte, la sua espressione di nuovo dura e torva. “Non mi piacerai mai. Non ho chiesto io questo incarico. Devo sopportarlo. E anche tu. Adesso che ne dici di smetterla di sprecare il mio tempo trascinandomi su una scena del crimine che è già stata analizzata? Hai trovato qualcosa di nuovo?” le chiese.

      Adele esitò, guardando verso la cucina. Odiava dover ammettere di no. Quindi disse invece: “Quando arriva la testimone?”

      “Sei insopportabile,” disse Sophie. Si girò verso la finestra a guardò fuori, verso la città. Adele, le mani che tremavano per la rabbia, andò alla porta e uscì nel corridoio, preferendo aspettare fuori l’arrivo della loro testimone, piuttosto che passare un momento di più con l’agente Paige.

      CAPITOLO OTTO

      Adele fu risvegliata dai suoi pensieri da un agente in uniforme che le diede un colpetto alla spalla. Si voltò, distogliendo lo sguardo dalla finestra del corridoio fuori dall’appartamento della vittima.

      “Mi scusi,” disse l’agente sottovoce.

      Adele sollevò un sopracciglio per dare a intendere che aveva sentito.

      L’agente si schiarì la gola e si lisciò i baffi. “La testimone si rifiuta di entrare. Dice che preferisce parlare sul marciapiede. Va bene?”

      Adele guardò l’uomo, poi si girò verso la porta aperta dell’appartamento. Per un breve momento, fu tentata di lasciare l’agente Paige e andare a parlare da sola con la signora Robinson. Ma alla fine sospirò e annuì. indicò la porta aperta. “Le spiacerebbe dirlo alla mia collega?”

      L’agente annuì, poi fece il giro del corrimano e andò alla porta. Fece un educato cenno di saluto al locatore che ancora stava aspettando alla fine del corridoio, le chiavi in mano. Per quanto la riguardava, l’uomo poteva aspettare anche tutto il giorno. Quel posto non sarebbe stato rimesso in affitto molto presto. Almeno non per ora.

      Scese le scale, facendo due gradini alla volta e sperando di avere un paio di momenti per parlare con la testimone senza la presenza dell’agente Paige ad annebbiarle i pensieri.

      Arrivò al piano terra, aprì la porta dell’edificio e notò la terza auto, questa volta un veicolo della polizia, che aspettava accostata al marciapiede. Una seconda agente stava appoggiata al cofano. Teneva una sigaretta in mano e sembrava sul punto di accenderla, ma quando scorse Adele, rimise rapidamente l’accendino in tasca e gettò la sigaretta nella grata del tombino davanti all’auto.

      L’agente si alzò dal cofano velocissima e fece un cenno con la testa verso il sedile posteriore dell’auto.

      “Si rifiuta di scendere,” disse. “Posso costringerla, se vuole…”

      “Certo che no,” sbuffò Adele. “Non è una sospettata.” Si portò verso il retro del veicolo e scrutò all’interno. Una giovane donna dal volto paffuto con i capelli ricci e castani sedeva sul sedile posteriore. Non poteva avere un’età tanto più alta della sua. Forse al massimo trent’anni o poco più.

      Adele tirò la maniglia della portiera e diede un’occhiata all’agente. La donna fece un cenno di scuse con la mano, prese dalla tasca la chiave e premette il pulsante.

      I fanali lampeggiarono una volta e si sentì il sommesso click delle serrature. Adele tirò la maniglia e aprì la portiera. Guardò all’interno dell’abitacolo, abbassandosi per incrociare lo sguardo dell’americana.

      “Lei è Melissa Robinson?” le chiese.

      La donna dai capelli ricci annuì. “Sì, sono io,” rispose, con un francese dal marcato accento straniero.

      “Inglese o francese?” le chiese Adele. La donna esitò, accigliandosi, e iniziò a parlare. Adele però la interruppe e le disse: “Che ne dice di inglese. Facile per entrambe, immagino.”

      Il modo in cui Adele passò senza esitazione da un francese quasi perfetto a un inglese impeccabile parve fare un po’ colpo sulla donna dai capelli ricci. “Lei è…” fece per chiedere.

      Adele rispose: “Incaricata. È una lunga storia.” A volte la gente non capiva cosa volesse dire essere americana, tedesca e francese. L’idea di avere tre cittadinanze era incomprensibile per i più, e Adele preferiva non addentrarsi nel discorso.

      Sentì dei passi dietro di sé, e abbassando stancamente le spalle si voltò a guardare, notando la Paige che si avvicinava, guardando torva verso di lei.

      Adele riportò la propria attenzione al veicolo della polizia. Non vi entrò, immaginando che la donna l’avrebbe potuta percepire come una minaccia, quindi decise di rimanere china in avanti, le braccia premute sulla parte superiore della portiera in una sorta di posizione che faceva da schermo, sperando che quell’atteggiamento comunicasse positività alla donna che si trovava all’interno.

      Adele si schiarì la gola e disse: “Mi spiace moltissimo che lei sia dovuta tornare qui, e mi spiace che volessimo riportarla di sopra. Questa è stata una mia svista.”

      Melissa Robinson annuì e fece un piccolo sorriso, a indicare che accettava le scuse. Adele sentì un po’ di peso sollevarsi dal proprio petto vedendo l’espressione dell’americana, quindi continuò. “Ma mi stavo chiedendo se magari lei potesse dirmi qualcosa della vittima. Si chiamava Amanda, giusto?”

      “Sì,” rispose Melissa con voce tremante.

      Adele continuò a rimanere china in avanti, ma sentì altri passi e avvertì la presenza sempre più vicina dell’agente Paige.

      Lo sguardo di Melissa passò da Adele a dietro di lei, verso l’agente che si stava avvicinando.

      “Ti spiace lasciarci un secondo?” disse a labbra serrate alla collega.

      L’agente Paige si appoggiò alla parte frontale del veicolo, però, scrutando all’interno senza salutare la testimone. “Vai avanti,” disse, senza dare segno di volersi spostare. I due agenti di polizia guardarono le donne, ma rimasero ai loro posti sul marciapiede.

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