La Volpe In Rosso. Dawn Brower

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La Volpe In Rosso - Dawn Brower

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bene?" chiese un uomo.

      Charlotte alzò lo sguardo e aggrottò la fronte. Non aveva mai visto quell’uomo, ma per qualche strana ragione le sembrava di conoscerlo. Aveva i capelli ramati di rosso … diciamo, una capigliatura biondo rossiccia, e straordinari occhi blu. Una combinazione vincente. In realtà era piuttosto belloccio, e lei lo avrebbe sicuramente apprezzato meglio…se non si fosse trovata in quella scomoda posizione. Gli porse la mano. "Grazie. Ho proprio bisogno di aiuto, per uscire da qui.”

      Lui allungò un braccio, le afferrò la mano e l’aiutò a scendere dalla carrozza. Aspettò che i piedi di Charlotte fossero ben saldi sul terreno e poi si mise ad osservare attentamente la carrozza.

      “Sembra che si sia rotta una ruota.”

      Guardò meglio e aggrottò la fronte. Gli assi sembravano interi, ma una delle ruote era dichiaratamente spezzata in due parti.

      "Dov'è il vostro cocchiere?" domandò.

      "Sono qui, milady! – gridò una voce – Perdonate. Ho cercato di evitare l’ultimo fosso ma… ” s’interruppe. Il pover'uomo sembrava in ansia, tanto quanto la sua padrona.

      "Va tutto bene, Samuel – lo rassicurò Charlotte – Comunque, siamo tutti interi. Ringraziamo il Cielo!” Si passò le mani sulla gonna, incerta sul da farsi e sospirò. Secondo i suoi calcoli sarebbe dovuta arrivare da zia Serafina prima di sera. Ora, con la carrozza in quello stato, dubitava che sarebbero riusciti ad arrivare prima di notte. Quella giornata era iniziata sotto una cattiva stella.

      Lo sconosciuto si mise a fissarla.

      "Che c’è?" chiese all’uomo. Aveva dello sporco o qualcosa del genere sul viso? Si guardò nel vetro della carrozza.

      "Perdonate, ma avete un’aria familiare. – disse lui – Non vorrei apparire sfacciato, ma non riesco a ricordare dove vi ho veduta.”

      Charlotte sospirò. Si trovava nel Sussex ed era diretta a Peacehaven. Non era possibile che lui si trovasse ad Hyde Park quando lei aveva dato…spettacolo. A meno che anche lui non stesse venendo da Londra. Lo stomaco di Charlotte si contrasse per la vergogna; sperò vivamente che l’uomo non fosse uno degli ignari spettatori della sua disfatta.

      Non aveva alcuna intenzione di chiarire perché si fosse comportata a quel modo. Nessuno poteva capirla tranne, chiaramente, la sua amica del cuore, Pear.

      "Sono sicura di non aver mai fatto la vostra conoscenza . – disse – Sono Lady Charlotte Rossington."

      Lui annuì, come se in realtà se lo aspettasse, ma non disse nulla. Quel silenzio irritò ancora di più Charlotte. Comunque sia, l’uomo non si era ancora presentato. Con imperdonabile maleducazione.

      "Mi sembrate spaesata, milady – disse l’uomo – Dove eravate diretta?"

      "Milady – interruppe il cocchiere, avvicinandosi a loro – Non è possibile per me riparare la carrozza in questo posto. La ruota è andata, e tra poco calerà la sera. Sono costretto a usare uno dei cavalli per recarmi in città a cercare un fabbro che possa aiutarci.”

      "Ma non siamo vicini a Peacehaven?" chiese lei.

      "Sì, abbastanza vicini – intervenne lo sconosciuto – A circa trenta minuti di carrozza."

      Charlotte trattenne un gemito. Perché erano ancora così lontani? Aveva un disperato bisogno di buttarsi su un letto e riposare, e non vedeva l’ora di arrivare da zia Serafina! Ardeva dal desiderio di un bagno caldo e di molte ore di sonno, per riprendersi da quel viaggio estenuante. Ma mantenne il controllo.

      "Molto bene, fate ciò che dovete.” disse al cocchiere.

      IL cocchiere si rivolse all’uomo.

      "Mio signore, sareste così gentile da accompagnare Lady Charlotte alla proprietà della sua signora zia? Non posso lasciarla qui da sola. "

      "Sarei felice di fare da cavaliere a Lady Rossingron. – rispose lo sconosciuto – Di grazia, ditemi di preciso dove devo accompagnarla."

      "Al palazzo di Lady Serafina Bell – intervenne Charlotte – Contea di Sheffield."

      L’uomo annuì. “Sì, conosco.”

      Ciò significava che l’uomo bazzicava regolarmente Peacehaven. L’ultima volta che Charlotte c’era stata, invece, era ancora una bambina. Allora c’era suo padre con lei, una delle rare volte che andava a trovare la zia. Ricordava che era stata una visita piacevole. Il viaggio però non era stato un inferno come quello che aveva appena passato, perché in quel periodo villeggiavano a Seabrook ed erano abbastanza vicini. Ma da Londra a Peacehaven si trattava di un viaggio massacrante.

      "Ottimo! Questo vi renderà le cose più facili. Vi ringrazio per la cortesia."

      "È un piacere per me, milady. – rispose l’uomo, porgendole il braccio – Vi prego, accomodatevi nella mia carrozza. Il mio cocchiere si occuperà del vostro bagaglio. "

      Charlotte si fece accompagnare alla carrozza. I sedili erano molto più morbidi di quelli su cui aveva viaggiato fino a poco prima. Di sicuro, i suoi genitori si era assicurati di procurarle la carrozza più scomoda che potessero trovare, per punirla meglio. Così, durante il tragitto, avrebbe avuto tempo e modo per pentirsi delle sue intemperanze.

      Il cocchiere passò i suoi bagagli nella carrozza e infine il gentiluomo prese posto accanto a Charlotte. Quasi subito la carrozza si mosse.

      Viaggiarono in silenzio e Charlotte ne fu molto felice. Lei e l’uomo erano perfetti sconosciuti, e una conversazione tra loro sarebbe stata alquanto sconveniente. Per tutto quel tempo l’uomo non pensò di presentarsi e lei non gli chiese chi fosse. Ma forse sua zia lo conosceva già.

* * *

      Collin non poteva credere che l'audace signora che aveva visto in calzoni fosse diretta proprio a Peacehaven. Fin dal primo istante aveva avuto il sospetto che si trattasse della figlia dei marchesi di Seabrook, e a quanto pare non si era sbagliato. Era molto più bella di persona, e lui non si era mai sentito così a corto di parole. Comunque, avrebbe dovuto trovare modo di intavolare una piacevole conversazione..

      "Quanto tempo vi tratterete a Peacehaven, milady?" Diamine, le parole gli uscivano fuori quasi stentate! Aveva decisamente perso l’abitudine di parlare con una signora: sembrava un orso! Lei sospirò. Non poteva mentire. “I miei genitori mi hanno mandato via per punizione. Dipende da loro, quanto tempo rimarrò qui.”

      "Suona come una minaccia." A quanto pare, quella bravata di indossare abiti maschili in pubblico era stato troppo, per i marchesi. “E cosa avete fatto di così riprovevole, di grazia? Siete stata forse pescata a baciare qualche bellimbusto in Covent Gardens? "

      Lei ridacchiò. La sua risata era pura e cristallina. A Collin piacque e desiderò vederla di nuovo ridere. “Certo che no, anche se questa cosa del bacio mi stuzzica un po’. Evidentemente, voi siete solito baciare molte donne in Covent Gardens. Forse è per questo che avete pensato subito a una cosa del genere."

      Lui ridacchiò. "Non sono così birichino.” esclamò, sorridendo. Ma anche a lui quella cosa stuzzicava un po’. In verità, baciarla era ciò che avrebbe desiderato fare in quel momento. Ma non intendeva rovinarle definitivamente la reputazione, e in ogni caso avrebbe dovuto corteggiarla. Per ora non si conoscevano affatto e non voleva certo essere costretto a un matrimonio riparatore solo perché non era capace di tenere le mani a posto.

      "Non sono neanche

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