Il Suo Lupo Imprigionato. Kristen Strassel

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Il Suo Lupo Imprigionato - Kristen Strassel

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I suoi abiti erano ricoperti di macchie come quelle di un grembiule da macellaio. Mi mandava un brivido lungo la schiena ogni volta che lo vedevo in città, e ora sapevo perché.

      Il cane più piccolo zoppicava. Ryker lo slegò per primo, ma non si mosse. Invece tremava violentemente e guardava indietro verso gli altri cani che erano stati incatenati lungo il muro. Abbaiavano freneticamente, incoraggiandolo o dandogli consigli. Era difficile da capire con il boato della folla, mentre il secondo cane veniva liberato. Questo caricò sul cane più piccolo e gli bastò un secondo per affondare i denti nella sua carne.

      “Basta così!” Spinsi Randy, che aveva già lasciato il suo posto, correndo verso il ring. La sua birra finta volò, inzuppando gli idioti intorno a noi. Attraverso le gradinate, i poliziotti scesero le scale con le pistole puntate.

      La folla si disperse. La birra pioveva su tutti noi, le panchine traballavano e quasi finii a terra mentre la gente mi spingeva via. Quella sera nessuno voleva espiare i propri peccati.

      Randy e i suoi uomini erano concentrati sulla cattura di Ryker e dei suoi complici. Avrebbero avuto un bel daffare. Non si sarebbero arresi senza combattere.

      Nessuno impedì al cane sul ring di attaccare l'altro. Il più piccolo ululava e la sua pelliccia grigia era macchiata di rosso brillante.

      Passai attraverso la folla, colpendo chiunque non si togliesse dai piedi. Dovevo arrivare sul ring prima che fosse troppo tardi.

      Nel caos, non vedevo Kiera o Lyssie da nessuna parte. Non c'era tempo di cercarle. Quel cane aveva bisogno di aiuto.

      I cani ai lati del ring erano isterici, ululando e urlando insieme alla folla. Saltai oltre la barriera e corsi al centro della fossa. Il cane più grande non mollava il più piccolo, nemmeno quando mi lanciai su di loro. Dovevo stare attenta. Entrambi i cani erano malati e affamati e non potevo predire come si sarebbero comportati. Nessuno dei due sembrava avere la rabbia, ma con un caso come quello non avrei avuto tempo da sprecare a farmi delle iniezioni quella sera.

      Lottando tra un cane e l'altro, coprii il più piccolo con il mio corpo in modo che l'altro non potesse più attaccare.

      Respirava ancora, a malapena. I suoi grandi occhi azzurri incontrarono i miei e guaì.

      “Trina!” mi chiamò Kiera. “Siamo state spinte nel parcheggio. Abbiamo dovuto convincere i poliziotti sotto copertura che lavoriamo per te.” Cavolo, avevo dimenticato di dare loro delle credenziali. Quell’errore ci era costato del tempo prezioso. “Sta bene?”

      “È stato pestato.” Il respiro del cane aveva rallentato, mi auguravo perché si stava calmando e non sanguinava. Solo per precauzione, mi tolsi la giacca e strappai una striscia dalla mia maglietta da usare come laccio emostatico. Non me ne fregava nulla che fossero visibili i miei rotoli di pancia. Non era la cosa peggiore che la gente avesse visto quella sera. Avvolsi delicatamente il tessuto intorno al collo del cane ed esercitai una pressione che fosse la più leggera possibile, ma comunque efficace.

      “Cosa dobbiamo fare?” chiese Lyssie.

      “Chiama quelli del Controllo Animali. Si aspettano notizie da noi. E prendi le gabbie dal camion. Credo di aver contato sette cani. Come sta l'altro che ha combattuto?”

      Non ebbi subito una risposta. “Se n'è andato.”

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      Capitolo terzo

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      Shadow

      Avevo smesso di credere in qualsiasi religione organizzata la notte in cui Ryker ci aveva catturati. Niente paradiso, niente inferno, solo un purgatorio oscuro e vorace che andava avanti all'infinito. Fino a quella sera, quando gli agenti di polizia avevano fatto irruzione nel ring dei combattimenti, arrestando Ryker e la sua banda. E, cosa più importante, tre angeli erano venuti a portarci via dalla nostra prigione.

      “Resta con questo”, disse uno degli angeli all'altro. “Ho dei tagliabulloni nella borsa. Spero che i collari non si siano conficcati nei loro colli.”

      Per quanto sostenessimo di essere forti e fieri, ogni lupo guaiva e piangeva contento quando era il suo turno di essere liberato. L'angelo passò un momento con ciascuno di noi, accarezzandoci sulla testa e mormorando che era finita.

      Ero il più lontano da lei, pertanto fui l'ultimo.

      “Via questa brutta cosa di dosso.” Le sue parole sembravano una ninna nanna.

      Non mi dimostrai più orgoglioso dei miei fratelli o dei miei nemici. La libertà era troppo bella. E quello era l'unico modo per ringraziarla. Passò le dita sulla mia sudicia e arruffata pelliccia. Era bellissima. I suoi capelli color miele erano tirati indietro, il suo viso senza trucco e i suoi abiti comuni e strappati. Lacrime non versate brillavano nei suoi occhi verdi e le sue guance, tonde come il resto delle sue curve, erano probabilmente altrettanto dolci. La sua boccuccia implorava di essere assaggiata. Odorava esattamente all'opposto della merda e della disperazione che di solito mi inondava le narici. Inalai vaniglia, cannella, mele e tutto ciò che c'era di buono in un essere umano. La mia bocca ebbe l’acquolina solo a pensarci.

      Chiunque fosse così pieno di amore e compassione per un branco di animali distrutti e sudici come i Channing e persino i Lowes si era guadagnato la mia eterna lealtà. Qualunque cosa volesse, era sua.

      “Andrà tutto bene”, sussurrò lei; e io mi strinsi contro la sua gamba. “Ti porto via da qui. Ora sei al sicuro. Ti darò del cibo e ti farò un bel bagno.”

      Mancavano due settimane alla luna piena. Sarei stato più forte allora, ma non avevo modo di preparare quell'angelo alla nostra trasformazione. Era passato tanto tempo dall'ultima volta che qualcuno di noi era stato in forma umana; la cosa si faceva... interessante.

      “Stai bene, amico?” chiesi ad Archer. Giaceva ancora al centro del ring con la gola bendata. I miei fratelli si unirono a noi, spingendolo dolcemente con il muso. Mentre gli altri due angeli portavano delle gabbie sul ring, sognai a occhi aperti come sarebbe stato tenere quella donna tra le mie braccia e ringraziarla adeguatamente per averci salvato la vita.

      “Starò bene”, ansimò Archie, con gli occhi annebbiati.

      “Non venite qui”, avvertii i fratelli Lowe mentre Major saliva sul ring. “Non ora.” Eravamo così prossimi a essere salvati che non avrei rovinato tutto facendoli a pezzi.

      Tutti noi tornammo volontariamente in cattività. Gli angeli caricarono le nostre gabbie sul camion senza troppa fatica. Ci avevano ridotti male e avevamo vissuto per quel momento, ed eravamo troppo deboli per godercelo.

      “Kiera, puoi guidare tu?” chiese il mio bellissimo angelo. Si sedette a terra con Archer, che si era a malapena mosso. Forza, amico, vivi. Ora siamo liberi. “Rimarrò dietro con questo. Non voglio lasciarlo solo.”

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