Sotto La Luna Del Satiro. Rebekah Lewis

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Sotto La Luna Del Satiro - Rebekah Lewis

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ma focalizzata sulla propria sopravvivenza, non piena di dubbi sulle proprie doti come amante. «Ti ho detto di svignartela e di lasciarla da sola fra le montagne. Quando mai ti ho chiesto di mollarla e di farla piangere?»

      Aveva davvero, davvero voglia di pugnalare quell’umano. Per sua fortuna, Adone non era un assassino. Donovan O’Donnell, possessore di nome ridondante e allitterato, dal suono talmente irlandese da rendere sorprendente il fatto che non avesse capelli rossi e lentiggini, si infilò la mappa e la bussola nelle tasche dei pantaloncini color kaki e aprì la bocca, come sul punto di replicare con fare saccente.

      Tuttavia, come il suo sguardo cadde su qualcosa di inaspettato, Donovan richiuse la bocca e sbatté le palpebre. I suoi occhi si spalancarono, mentre fissava le corna di Adone, illuminandole con la luce della torcia che teneva tra le mani tremanti. Desolato, umano. Non è un’illusione ottica. Visto il tempo che ci aveva messo per raggiungere il punto d’incontro, la pioggia doveva aver rallentato l’umano, che non era tipo da escursioni all’aria aperta. Se non altro, sapeva leggere una mappa e una bussola e, alla fine, ce l’aveva fatta.

      «Potresti smetterla di puntarmi quella cosa addosso?» chiese Adone, strizzando gli occhi. La luce si abbassò, ma non si spense. Come previsto, quando il raggio illuminò gli altri attributi da satiro, l’umano sussultò per la sorpresa. Sì, degli zoccoli. Ooh, ahh. Spaventoso. Deve essere Lucifero. Deve essere malvagio. Diventa ogni volta meno divertente. Adone portava il nome che era diventato sinonimo di bellezza maschile, eppure quelli che lo vedevano senza l’incanto della magia tremavano dalla paura e dal disgusto. Non me lo meritavo. Non mi sarei nemmeno dovuto trovare sulla montagna quella notte. Ariston gli aveva raccontato del sacrificio di Dioniso e Adone lo aveva convinto ad accompagnarlo. Se Ariston non glielo avesse detto, se non gli avesse offerto un’occasione per far ingelosire Afrodite, Adone non ci sarebbe mai andato. Strinse gli occhi al ricordo, il suo sguardo fisso su Donovan e la sua torcia tremolante.

      Quando il mortale indietreggiò di molti passi, Adone si spazientì. L’incantesimo che lo faceva sembrare umano era sparito ore prima, al calar del sole e non poteva in alcun modo celare la propria natura di notte. Sebbene inizialmente avesse tenuto d’occhio l’umano, Adone se ne era andato dopo che l’idiota aveva definito la ninfa una succuba, per paura di non riuscire a trattenersi e interferire. Ma Donovan non si era presentato nel luogo dell’incontro all’ora stabilita e Adone si era dovuto mettere a cercare l’imbecille, convinto che ci avesse ripensato. Non lo aveva fatto, il che provava ulteriormente la sua stupidità. La ninfa era di una bellezza che meritava di essere apprezzata.

      «Non volevo che accadesse» rispose Donovan, arretrando e inciampando nel terreno accidentato. Dove diamine lo aveva trovato, questo patetico smidollato? Convincerlo ad abbandonare la sua ragazza era stato fin troppo facile e per pochi soldi, in confronto agli standard delle Industrie Bach. Diecimila dollari, ecco quanto gli ci era voluto per ferire emotivamente la fidanzata. Diecimila dollari e Lily Anders non era che un ricordo lontano. Donovan non aveva negoziato per ottenere un prezzo migliore e non aveva neanche finto di essere offeso dalla proposta.

      «Potevi anche non desiderare che accadesse, ma è accaduto. Sono tentato di non pagarti affatto. Ora devo rimediare ai tuoi errori, il che è difficile, visto che non posso semplicemente apparire dal nulla e rassicurarla che andrà tutto bene.»

      «Ma io ho firmato un contratto…»

      «Non me ne frega niente. Non hai rispettato i termini, perciò ho tutto il diritto di invalidarlo.»

      Donovan iniziò a farfugliare frasi incoerenti. Sostenne di non essere una persona cattiva. Giurò di amare Lily. Tentò persino di giustificarsi dicendo di non guadagnare abbastanza per vivere da solo e di avere bisogno della somma stipulata nel contratto con le Industrie Bach per poter far fronte alla rottura con Lily.

      Secondo il contratto, non ci sarebbe dovuta essere nessuna rottura. Se ne sarebbe dovuto andare e basta, lasciare l’area e tornare a casa. Gli era stato assicurato che Lily sarebbe stata al sicuro, che faceva tutto parte di un esperimento sociale… un reality show di sopravvivenza. E Donovan non aveva fatto domande, prima di firmare lungo la linea tratteggiata. Aveva persino sorriso, facendolo. Stronzo.

      «Firmando, hai rinunciato al diritto di preoccuparti per Lily. Ti abbiamo tenuto d’occhio per assicurarci che mantenessi la parola data, quindi sappiamo che hai iniziato subito a cercare una ragazza per rimpiazzarla e prendersi cura di te, dopo. Sapevi che la relazione con Lily non sarebbe sopravvissuta, se fosse riuscita a ritornare a casa.»

      «Che significa se? Cosa accadrà a Lily? Pensavo avessi detto che sarebbe stata al sicuro.»

      «Oh, ti preoccupi per la ragazza adesso? Non ricordo avessi mai posto questa domanda prima. Perché?»

      Donovan spostò il peso da un piede all’altro, a disagio. Il suo sguardo si concentrò nuovamente sugli zoccoli e rabbrividì. «Ho dato per scontato che volessi portarla a letto. Voglio dire, è davvero stupenda. Una ragazza abbandonata nei boschi… Sembra la trama di una pessima storia d’amore o di un porno. Ma con tutti i reality show che ci sono oggi in TV, credevo fosse qualche strano colpo di scena. Per di più, la settimana scorsa ho visto la pubblicità di un programma di sopravvivenza e ho fatto due più due. Considerato il tuo, ehm, costume…» Donovan guardò i piedi di Adone. «E come ci stessi spiando, chiaramente, dal momento che sapevi della rottura.»

      «Dici di amarla, eppure sei pronto ad accettare del denaro perché uno sconosciuto possa scoparsi la tua fidanzata durante un reality show?» La testa di Adone minacciava di scoppiare. Era certo che questo ragazzo avesse ripetuto a Lily di amarla per tutto il tempo che erano stati insieme, che le avesse detto più volte quanto fosse perfetta per lui e che non avrebbe mai potuto desiderare di meglio. Adone ci avrebbe giocato la testa. La rabbia iniziò a ribollire in lui. Niente lo faceva incazzare più dei bugiardi che usavano le persone, le portavano a letto, le facevano innamorare e poi le abbandonavano, confuse e afflitte per ragioni fuori dal loro controllo.

       E avevano il coraggio di chiamarlo amore!

      «Ho davvero bisogno di quei soldi.»

      La ricchezza finiva, ma l’amore sarebbe dovuto durare in eterno. Donovan aveva liquidato ciò che avrebbe dovuto custodire, per quel falso senso di sicurezza che gli avrebbe procurato il denaro. Gli umani davano così tante cose per scontate.

      «Sparisci dalla mia vista. Subito.» Adone si premette le nocche contro le tempie, cercando di alleviare il dolore pulsante. Avrebbe tanto voluto poter frugare nella borsa dove aveva nascosto i suoi averi e scolarsi l’ultimo degli otri antiquati che Dioniso gli aveva donato come regalo d’addio, ma prima doveva liberarsi dell’umano. Aveva solo due opzioni per far fronte ai casini causati da Donovan: uccidere l’imbecille o bere. Bere sembrava il minore dei due mali.

      «Ma… Penso di essermi perso. Da che parte devo—»

      «Sei tu quello con la mappa. Scoprilo da solo, idiota.» Adone diede una spinta a Donovan e lo guardò con gioia, mentre inciampava nel fango e quasi si schiantava contro un albero.

      Voltandosi dall’altra parte, ordinò al suo tirso di tramutarsi in un cellulare. L’anello al suo dito si scaldò e assunse per un attimo l’aspetto di uno scettro medievale fatto di legno massiccio, sovrastato da una pigna e avvolto in una spirale di edera. A quel punto, si trasformò in un telefonino. Sebbene un cellulare-tirso non funzionasse come un apparecchio normale, tutti i satiri della Beozia potevano usarne la magia per chiamare Dioniso. Non si poteva né effettuare né ricevere altre chiamate, purtroppo. Ahimè, la magia non era infallibile.

      «Dion Bach», rispose un uomo dall’altro capo del telefono. Era il nome che Dioniso aveva assunto in questa

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