Guida pei monti della Brianza e per le terre circonvicine. Ignazio Cantù

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Guida pei monti della Brianza e per le terre circonvicine - Ignazio Cantù

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dopo lo sborso di larghissimi compensi. Non v'è quasi terra della Brianza, che non abbia sentita una volta l'influenza di sì cattivo vicino.

      Quanto diverso da Gian Giacomo De-Medici era il suo nipote Carlo Borromeo! Nome caro, come i più soavi titoli della parentela, della amicizia, della beneficenza.

      A lui dobbiamo la riforma delle chiese e del clero, che passando attraverso al furiare di tanti bellicosi avvenimenti, aveva smarrita la moralità, la decenza, la cognizione de' proprj doveri. S. Carlo venuto più volte nella amena Brianza e salito fino ai più disastrosi casali della Valsassina e Vallassina quando colle carezze, quando colla severità, cercò provvedere al tanti abusi introdotti nei ministri del Signore e venne poi, angelo consolatore, a visitarci, ad amministrarci i sagramenti e confortarci colle parole della fede, quando eravamo oppressi dal disastroso flagello della pestilenza (1576) che per la carità operosa del santo cardinale fu detta la peste di San Carlo.

      E l'opere da lui cominciate e non ancora ridotte a termine furono proseguite dal suo cugino Federigo Borromeo, che assiduo non meno di lui volle più volte vedere questa diletta porzione del suo gregge, benchè molti pericoli minacciassero continuamente la sua vita. Ed ebbe anche egli al pari del cugino il dolore di vederci contristati di nuovo e quasi distrutti dal contagio del 1630, conosciuto volgarmente sotto la peste de' Promessi Sposi, tanta è la relazione fra questi due oggetti, che con mezzi diversi segnarono un'epoca famosa!

      Col progredire della civiltà si diminuì lo scialacquo del sangue, e noi in tutto il secolo decimosesto non abbiamo di guerresco se non la sola spedizione del duca di Roano (1635) che, tentando sorprendere inaspettatamente il dominio milanese per parte del re di Francia, attraversata la Valsassina, era giunto in vista di Lecco. I Brianzuoli all'improvviso minacciar del nemico, sorti in armi, sotto la condotta di Paolo Sormani feudatario di Missaglia, si ordinarono in un subito, e schierati presso il ponte di Lecco bastarono colla loro presenza ad atterrire di sì fatta maniera il Francese, che fece argomento pel suo meglio di riprendere la fatta via, accontentandosi di quanto poteva rubare nella sua precipitosa fuga.

      Da questo avvenimento in fuori la storia nostra è pacifica, un ammasso di leggi, di gride, d'ordini oggi fatti, domani invecchiati, il dì dopo dimenticati, prepotenze di signorotti, scandalose civetterie, private vendette, ma nulla che richiami ad avvenimento di generale commovimento.

      Ma per procurare questa bonaccia il dominio spagnuolo avea dovuto esaurire il suo tesoro, onde fu ben presto cacciato alla necessità di vendere tutte le giurisdizioni erariali, i dazj del pane, del vino, delle carni, l'imbottato e il diritto dell'impero misto. Da qui vennero i cinquantacinque feudi in cui fu scompartita nel secolo XVII. la Brianza, fra i quali primeggiava quello delle famiglie Crivelli, a cui venivano appresso per vastità gli altri dei d'Adda, Carpani, Sfondrato, Secco-Borella e Sormani.

      Cominciava invece il secolo XVIII. colla sanguinosissima battaglia di Cassano (1705), e terminava colle due non meno funeste di Lecco e di Verderio (1799), che bastano per dare un'infausta celebrità a quel secolo ed a quei paesi.

      Il periodo di mezzo però fu tempo di pace e di utili istituzioni, grazie alle savie disposizioni di Carlo VI., di Maria Teresa e di Giuseppe II.

      Allora avemmo il regolare scompartimento censuario delle terre, (il catasto), l'abolizione delle regalie, delle franchigie, degli asili, della tortura, e quasi della pena di morte; l'uguaglianza dei diritti ecclesiastici, e l'opera più grandiosa e più particolarmente utile per noi, il canale di Paderno, che rese praticabile la navigazione del lago di Como col mare Adriatico.

      La storia politica del secolo presente è comune, tranne pochissime modificazioni, con quella di tutti gli altri paesi della Lombardia, ma a dar un colore particolare agli avvenimenti nostri furono eretti maestosi capolavori in genere di belle arti, fra cui basti ricordare la Rotonda d'Inverigo con cui il defunto marchese Luigi Cagnola richiamava nel nostro suolo la magnificenza della greca nazione.

      Questi fatti, di cui abbiamo qui presentato uno scheletro nudo, spolpato, sono accompagnati da assai altri meno clamorosi ma non meno importanti, e che servono a dare più vivamente alla storia nostra quella fisonomia particolare che la distingue da tutte le altre; ma per essi mandiamo alle nostre Vicende della Brianza.

       Indice

      Riguardo agli uomini distinti per eminenza di merito e di fama, noi ci limiteremo a trascegliere dagli uomini illustri, che abbelliscono i due volumi delle Vicende, quei soli che primeggiano senza far parola dei molti viventi.

      Vantiamo fra i pittori ed artisti Marco d'Oggiono, Giovanni Donato da Montorfano, Simone da Orsenigo, Costantino da Vaprio, Andrea Appiani, Vitale Sala, Giovanni Bellati e Carlantonio Tantardini.

      Fra gli storici sia bastevole ricordare Giuseppe Ripamonti.

      Fra gli uomini di lettere ed eruditi Pietro Paolo Ormanico, Dionigi Parravicino, Andrea Alciati, Marc'antonio Majoraggio, Giovenale Sacchi, Stefano Ticozzi.

      Fra i poeti Carlo Maggi, Giuseppe Parini, Francesca Manzoni.

      Tutti nomi gloriosi che attestano la superiorità intellettuale di quegli svegliati brianzuoli che sorrisi da tanta bellezza si sentono accesi dal fuoco della poesia e dal sentimento del bello.

       Indice

      Gli scrittori, dissi anche altrove, non assegnarono alla Brianza precisi confini, nè sono questi determinati dall'uso comune, allargandoli e restringendoli quegli e questo a seconda del bisogno e di mille circostanze.

      Noi, obbligati pure a segnare qualche spazio preciso a questo lavoro, abbiamo cercato di dilatarlo, il più che ci fu concesso, onde potessimo conciliargli maggiore interesse. Nè tutto comprendiamo sotto l'angusto titolo di Brianza, ma l'aggiunto di paesi circonvicini, pare che possa giustificare ogni ragionevole dilatamento.

      Senza però spendere più parole su questo argomento credo necessario premettere alcune notizie statistiche e geologiche le quali possano rendere una conoscenza, il meno possibile imperfetta, del paese fra cui ci prepariamo a passare qualche giorno di delizia.

      Il territorio che noi imprendiamo a percorrere è intercettato da innumerevoli colline, altissime montagne, torrenti, gore, fiumicelli e fiumi.

      Una catena di montagne, cominciando poco discosto da Monza, corre a settentrione presso Robbiate, Imbersago, Arlate, Brivio; piega poi a Rovagnate, a Monte; indi ritorna a Monza. La cresta più alta fra questa catena è il Montevecchia che si eleva, secondo Oriani, 1578 piedi al di sopra del livello del mare.

      Una seconda catena più maestosa procede a Beverate, a Rovagnate, indi ad Oggiono e Valmadrera, dove termina col Montebaro retrocedendo, a seconda del fiume Adda, di nuovo sino a Beverate, donde staccasi un ramo secondario chiamato i monti di Galliano. La punta del Castello di Brianzuola, il monte Brianza, il già nominato Montebaro e il San Genesio elevano le loro cime al di sopra di tutte le altre vette[2].

      

      Dalla Valmadrera si diparte una terza catena assai più maestosa delle due antecedenti, che procede fino ad Erba, donde continua per la Vallassina, mandando la falda orientale nel ramo del lago di Lecco. In essa primeggiano i Corni di Canzo ed il monte di San

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