Ben Hur: Una storia di Cristo. Lew Wallace
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I re magi si trovavano ancora svegli a sera avanzata sotto un'arcata del Khan. Le pietre che servivano loro da giacigli erano alte in modo ch'essi potevano guardare, attraverso l'arco della finestra, l'immensità del cielo. Mentre ammiravano le stelle scintillanti, pensavano alla prossima Rivelazione.
Cosa accadrebbe? Si trovavano alfine in Gerusalemme; alla porta avevano chiesto di Colui che cercavano; avevano annunziata la sua nascita; ora non restava loro che di trovarlo. Colla speranza di riuscire s'affidarono allo Spirito, ed in attesa d'udire la voce di Dio od un segno dal cielo, non potevano prender sonno.
Mentre si trovavano così agitati e commossi, un uomo s'avanzò:
— «Svegliatevi» — disse loro, — «vi porto un messaggio che non può essere protratto.» —
I tre si alzarono.
— «Per parte di chi?» — domandò l'Egiziano.
— «Di Erode, il Re.» —
Ognuno si sentì correre un fremito nelle ossa.
— «Siete forse il custode del Khan?» — chiese Balthasar.
— «Sì.» —
— «Cosa desidera il Re?» —
— «Il messaggero aspetta; egli vi risponderà.» —
— «Allora ditegli d'attenderci.» —
— «Voi avevate detto il giusto, buoni fratelli!» — soggiunse il Greco dopo che il custode se ne fu andato. — «La domanda che fu diretta ai viandanti ed alle guardie alla porta, ci ha resi oggetto di curiosità. Io sono impaziente; facciamo presto.» —
Si alzarono; calzarono i loro sandali, si misero i mantelli e s'avviarono.
— «Vi saluto; la pace sia con voi, e scusatemi; il mio padrone, il Re, mi ha mandato ad invitarvi al palazzo, dove egli desidera parlarvi segretamente.» —
Così il messaggero adempì il suo dovere.
Essi si guardarono a vicenda, alla luce d'una lampada appesa nell'entrata, e s'accorsero che lo Spirito era con loro.
L'Egiziano si diresse verso il custode, e disse piano, in modo da non essere udito dagli altri: — «Voi sapete in che posto si trova la nostra roba nella corte, e dove riposano i nostri cammelli. Preparate, durante la nostra assenza, tutto l'occorrente per la nostra partenza se essa sarà necessaria.» —
— «Potete andarvene sicuri; fidate in me,» — rispose il custode.
— «La volontà del Re è la nostra» — disse Balthasar al messaggero. — «Noi vi seguiremo.» —
Le strade della città santa erano strette come lo sono ora, ma non così neglette e sudicie; perchè Erode non soddisfatto dalla sola bellezza, voleva pulizia e comodità.
Guidati dalla luce pallida delle stelle essi ascesero lentamente la collina. Giunsero, finalmente, ad una porta innalzata nel mezzo della strada. Alla luce dei fuochi che ardevano in due gran bracieri, intravvidero la struttura dell'edificio, e le guardie che s'appoggiavano ai lati della porta.
Entrarono nell'edificio senza che la sentinella li fermasse; attraversarono passaggi, porte e cortili, alcuni in piena oscurità; salirono molte scale, passarono per innumerevoli corridoi e per infinite camere, e furono condotti ad una torre d'una immensa altezza. Ad un tratto la guida si fermò, ed additando una porta aperta, disse loro:
— «Entrate. Il Re è là.» —
L'aria della camera era impregnata dal profumo del legno di sandalo, e tutto all'intorno era ordinato e disposto riccamente.
Un tappeto era disteso nel bel mezzo del pavimento, e, sopra al tappeto, era collocato un trono. I visitatori ebbero solo il tempo di ricevere una confusa idea del luogo, di un'insieme di ottomane e di letti intarsiati e dorati, di ventagli, di vasi, di strumenti musicali, di candele d'oro brillanti di luce intensa; di mura dipinte nello stile della voluttuosa scuola Greca, un solo sguardo alle quali avrebbe fatto nascondere con sacro orrore la testa ad un Fariseo. Erode ch'era seduto sul trono per riceverli, vestito come alla conferenza coi dottori e coi sacerdoti, richiamò tutta la loro attenzione.
Essi s'avanzarono e s'inginocchiarono, senza essere invitati, sull'orlo del tappeto. Il Re toccò un campanello.
Un servitore entrò e posò tre sgabelli davanti al trono.
— «Sedetevi» — disse il monarca, benignamente.
— «Dalla porta del Nord» — egli continuò quando essi si furono accomodati — «ho avuto in questo pomeriggio l'avviso dell'arrivo di tre stranieri, curiosamente vestiti come se fossero provenienti da lontani paesi. Siete voi?» —
L'Egiziano, dopo di aver rivolto un'occhiata al Greco ed all'Indiano, rispose facendo una profonda riverenza:
— «Di certo se noi non fossimo quegli stranieri, il potente Erode, la cui fama corre pel mondo intero, non ci avrebbe fatti chiamare.» —
Erode approvò con un cenno della mano.
— «Chi siete, donde venite?» — domandò, ed aggiunse in tono espressivo: — «Lasciate che ognuno parli di se stesso.» —
Essi si spiegarono, alludendo brevemente alle città, ai loro paesi nativi ed alla strada percorsa sino a Gerusalemme. Non soddisfatto, Erode aggiunse:
— «Cosa domandaste all'ufficiale che si trovava alla porta?» —
— «Gli domandammo dov'è colui ch'è nato Re degli Ebrei.» —
— «Comprendo ora perchè il popolo era così curioso. Voi mi meravigliate. C'è un'altro Re degli Ebrei?» —
L'Egiziano non impallidì:
— «Ce n'è uno appena nato.» —
Il viso scuro del monarca assunse un'espressione di dolore come s'egli si rammentasse d'un episodio straziante.
— «Non a me, non a me» — esclamò.
Forse gli passavano davanti le immagini accusatrici dei figli uccisi; riavendosi dall'emozione chiese con voce ferma: — «Dov'è il nuovo Re?» —
— «Questo, o Re, è ciò che desideriamo sapere.» —
— «Voi mi dite di un miracolo — un enigma di molto superiore a quello di Salomone» — disse poi: — «Come vedete, sono in quel periodo di vita in cui la curiosità è sfrenata come lo è nell'infanzia, allorchè lo scherzare con essa è crudeltà. Proseguite, ed io vi rispetterò come i Re si rispettano l'un l'altro. Ditemi tutto ciò che sapete del nuovo Re, ed io mi unirò a voi nel cercarlo; e quando l'avremo trovato, farò ciò che vorrete; lo porterò a Gerusalemme e l'alleverò