Ben Hur: Una storia di Cristo. Lew Wallace

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Ben Hur: Una storia di Cristo - Lew Wallace

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spalle destre pendevano dei sacchetti contenenti viveri e pietre, scelte per servire alle fionde, delle quali eran armati; per terra, vicino a ciascuno, giaceva il proprio arco, come arma di difesa.

      Tali erano i pastori della Giudea!

      In apparenza ruvidi e selvaggi come i cani magri che sedevano vicino a loro, attorno al fuoco; venendoli però a conoscere erano schietti e di cuore tenero: conseguenza questa dovuta in parte alla vita primitiva che conducevano, ma principalmente al loro pensiero costante delle cose belle e gentili.

      Essi si posero a parlare fra loro; ed i loro discorsi non s'aggiravan che sul loro greggie, tema alquanto arido pel mondo, pure un tema che rappresentava tutto il mondo per essi.

      I grandi eventi che maturarono le nazioni e cambiarono i padroni del mondo, sarebbero state bagatelle per loro, se per caso essi fossero venuti a conoscerli. Di quello che stava facendo Erode in questa o quella città, costruendo palazzi e ginnasi e seguendo pratiche proibite, giungeva loro notizia di tanto in tanto. Come era uso di quei tempi, Roma non attendeva che le persone si informassero di lei: essa faceva sì che tutti sapessero della sua potenza. Sopra le colline lungo le quali egli conduceva il suo greggie, o nelle corti ov'egli lo ricoverava, non di rado il pastore era sorpreso dal suono di trombe e facendo capolino dalla capanna scorgeva una coorte, qualche volta una legione in marcia; e quando i brillanti pennacchi scomparivano e le truppe eran passate, egli pensava al significato delle aquile, agli elmi dorati dei soldati, e alla bellezza di una vita così diversa dalla sua.

      Pure questi uomini, rozzi e semplici com'erano, avevano cognizioni e saggezza tutte proprie.

      Al sabato solevano purificarsi, ed andare nelle Sinagoghe, a sedersi sulle panche più lontane dall'arca.

      Quando il hazan portava la Torah in giro, nessuno la baciava con maggior zelo; allorchè lo sheliach leggeva il testo, nessuno ascoltava l'interprete con fede più assoluta; e nessuno riteneva più di lui del discorso del predicatore, o se ne dava pensiero dopo. In un verso del Shema essi trovarono tutte le dottrine e tutta la legge della loro modesta vita; seppero che il loro Signore era un Dio, e che dovevano amarlo con tutta l'anima. Ed essi l'amavano, e tale era la loro saggezza, che sorpassava quelle dei Re.

      Mentre chiaccheravano e avanti che la prima veglia fosse finita, uno dopo l'altro, i pastori si addormentarono, ciascuno sdraiato nel posto ove era seduto. La notte, come la maggior parte delle notti d'inverno nei paesi montuosi, era chiara, frizzante, e splendente di stelle. Non v'era vento. L'atmosfera non era mai stata così pura, e la calma regnava silenziosa; era un sacro raccoglimento, pareva che il cielo si chinasse per sussurrare qualche cosa di buono alla terra che ascoltava.

      Presso la porta, rannicchiato nel suo mantello, il guardiano passeggiava; a volte si fermava, attratto da un rumore fra il gregge addormentato, o dallo strido di uno sciacallo vagante lontano sui monti. La mezzanotte non giungeva mai; ma finalmente suonò. Il suo compito era terminato; ora incominciava l'ora del sonno col quale il lavoro benedice i suoi figli affaticati! Egli si mosse verso il fuoco, ma si fermò; attorno a lui splendeva una luce delicata e bianca come quella della luna. Aspettò ansioso. La luce si ingrandì; le cose dapprima invisibili, apparvero; egli vide tutto il campo, e tutto ciò che esso conteneva di messi. Un brivido più acuto di quello dell'aria frizzante — un brivido di timore — lo pervase. Egli guardò in alto; le stelle non c'erano più; la luce si affievoliva languidamente; mentre egli guardava, assunse un color argenteo vivo: allora, terrorizzato, gridò, — «Svegliatevi, svegliatevi!» —

      I cani si alzarono ed abbaiando si misero a correre. Il gregge si riunì sbalordito.

      Gli uomini balzarono in piedi, con le armi in mano.

      — «Cos'è accaduto?» — domandarono ad una voce.

      — «Guardate!» — gridò il guardiano, — «il cielo arde!» —

      Tutto ad un tratto la luce divenne di uno splendore abbagliante, e essi si coprirono gli occhi, e s'inginocchiarono; poi, mentre le loro anime erano accasciate dal timore, coprendosi il volto, caddero accecati e tramortiti, e sarebbero certamente morti dallo spavento, se una voce non avesse esclamato:

      — «Non temete!» —

      Essi ascoltarono.

      — «Non temete. Porto delle buone nuove che procureranno a tutti una gioia immensa.» —

      La voce, d'una dolcezza e d'una serenità più che umana, bassa, e chiara, penetrò in tutto il loro essere, e li rassicurò. Si alzarono sulle ginocchia, e, guardando rispettosamente, videro, nel centro di un globo luminoso, l'apparizione di un uomo, coperto di una veste tutta bianca; sopra le spalle aveva le ali lucenti e spiegate; sulla fronte gli splendeva una stella, di uno splendore incessante, lucente come Espero le sue mani erano rivolte a loro in atto di benedizione; il suo viso era sereno e divinamente bello.

      Essi avevano sovente udito parlare, ed avevano loro stessi, nella loro ignoranza, parlato di angeli; ed ora non dubitarono, ma si dissero internamente che la gloria di Dio era a loro vicina, e che questi era colui, che, in antico, era comparso innanzi al profeta, sulle rive dell'Ulai.

      Subito l'angelo continuò:

      — «Per voi è nato, in questo giorno, nella città di Davide, un Salvatore, ch'è Cristo, il nostro Dio!» —

      Ancora vi fu una pausa, mentre le parole si infiggevano nelle loro menti.

      — «E questo sia per voi un indizio», — disse poi il messo celeste. — «Voi troverete il bambino, avvolto in fascie, coricato in una greppia.» —

      L'angelo non parlò più; le buone nuove erano state date; però rimase lì, per un po'. Ad un tratto la luce, della quale egli era il centro, divenne rosea ed incominciò ad oscillare; poi, più in alto, a una distanza visibile, gli uomini videro uno sfolgorìo di ali bianche, ed un andirivieni di forme radiose, e udirono voci come di una riunione di persone, che cantassero all'unisono.

      — «Gloria a Dio nel cielo, e sulla terra pace e benevolenza verso gli uomini.» —

      Non una volta ma molte volte ciò fu ripetuto, poi l'araldo, alzò gli occhi; le sue ali si aprirono maestosamente, mostrando la parte superiore bianca come la neve e l'inferiore variopinta come madreperla. Quando furon aperte del tutto egli si librò lentamente, e, senza sforzo, si allontanò cinto dalla luce come da un nembo sfolgorante. Per lungo tempo ancora, dopo ch'egli se n'era andato, dal cielo si udì il ritornello, diventato fioco per la distanza: — «Gloria a Dio in cielo, e in terra pace, e benevolenza verso gli uomini.» —

      Allorchè i pastori ritornarono completamente in sè, si fissarono l'un l'altro stupiti, finchè uno di essi disse: — «Era Gabriele, il messo che Dio invia agli uomini.» —

      Nessuno rispose.

      — «Cristo il Signore, è nato; non disse egli così?» — insistè quegli.

      Allora un altro: — «Questo è infatti ciò ch'egli disse.» —

      — «E non disse anche che egli nacque nella città di Davide, ch'è la nostra Betlemme, laggiù? E che troveremmo un bambino in fascie?» —

      — «E coricato in una greppia.» —

      Colui che aveva parlato per primo, contemplò pensosamente il fuoco, poi finalmente disse, come uno cui fosse venuta un'improvvisa risoluzione: — «Non v'è che un sito in Betlemme ove siano greppie e,

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