La vita militare: bozzetti. Edmondo De Amicis
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EDMONDO DE AMICIS
UFFIZIALE DELL'ESERCITO.
FIRENZE.
SUCCESSORI LE MONNIER.
1869
INDICE DEL VOLUME.
Una marcia d'estate | Pag. 1 |
L'ordinanza | 9 |
L'ufficiale di picchetto | 20 |
L'ospitalità | 29 |
Una sassata | 47 |
La madre | 61 |
Il figlio del reggimento | 79 |
Il coscritto | 137 |
Una marcia notturna | 154 |
Un mazzolino di fiori | 165 |
Carmela | 174 |
Quel giorno | 215 |
La sentinella | 228 |
Il campo | 239 |
Il mutilato | 258 |
L'esercito italiano durante il colèra del 1867 | 283 |
Una medaglia | 349 |
Partenza e ritorno. Ricordi del 1866 | 367 |
Una morte sul campo | 422 |
Il più bel giorno della vita | 443 |
A MIA MADRE
TERESA—BUSSETI—DE AMICIS
DEDICO QUESTO LIBRO
DOLENTE DI NON POTER LEGARE IL SUO CARO NOME
A UN'OPERA GENTILE COME IL SUO CUORE
ELETTA COME LE SUE VIRTÙ
SANTA COME LA SUA VITA.
Tempo fa, parlando d'uno di questi bozzetti, due lettori molto facili a commoversi hanno significato, senza volerlo, il doppio scopo che mi sono proposto nello scrivere l'intero libro.
Un popolano disse:—«Finito di leggere, avrei stretto la mano al primo soldato in cui mi fossi imbattuto per via.»
Un soldato disse:—«È un racconto che consola e mette un po' di buona volontà.»
Che si voglia bene al soldato, e ch'egli faccia il soldato con cuore: se io riuscissi a ottenere questi due effetti in qualcuno dei miei lettori, stimerei largamente compensate le mie fatiche, e sarebbe pago il mio desiderio più vivo e più caro.
UNA MARCIA D'ESTATE.
Era una bella giornata d'agosto; non una nuvola, non un soffio di vento; l'aria immobile e infocata. La strada per cui il reggimento camminava era larga diritta e lunga che non se ne vedeva la fine, e coperta d'una polvere finissima che si sollevava a nuvoli, penetrando negli occhi, nella bocca, sotto i panni, e imbiancando barbe e capelli. A destra e a sinistra della strada non un albero, non un cespuglio, non un palmo d'ombra, non una goccia d'acqua. La campagna era secca, nuda, deserta; nelle poche case sparse qua e là, un silenzio, una quiete, che parevano disabitate. Non si poteva fermar lo sguardo sulla via, nè sui muri, nè sui campi, tanto vi batteva il sole. Si camminava a capo basso e a occhi socchiusi. Insomma, una bellissima giornata d'agosto, una pessima giornata di marcia.
Il reggimento camminava da poco più di un'ora. Malgrado quella polvere e quel caldo soffocante, i soldati erano ancora vispi ed allegri come al momento ch'eran partiti. Due file camminavano a destra e due a sinistra della strada, e dall'una all'altra parte era un continuo scoccare e incrociarsi e ricambiarsi di motti, di frizzi e di mille voci lepide e strane; e di tratto in tratto una gran risata e un batter clamoroso di mani, a cui seguiva sempre un:—Al posto, via, in ordine!—che ristabiliva momentaneamente il silenzio e la quiete. A tre, a quattro, a cinque voci assieme, si sentiva cantare qua l'allegro stornello toscano, là la patetica romanza meridionale, più oltre la canzone guerriera delle Alpi; ed altri smettere, ed altri cominciare, e mille accenti e dialetti svariati succedersi e mescolarsi. La marcia procedeva in tutto e per tutto a norma del regolamento; le file serrate, il passo franco, gli ufficiali al posto; tutto in ordine, tutto appuntino. Benone! E si andava, e si andava.................
Ma—oh vedete là il second'uomo della prima fila, che comincia a perder la distanza! Adesso l'aggiusto io. Oh là! Volete serrare sì o no?...—Ha serrato.
Altri dieci o dodici passi.—Un altro.—E dàgli! Volete marciare al posto, sì o no?—Oh vedete come va quella coda! Corpo di.... Animo, serriamo, laggiù; passo di corsa.—Una rapida corsa, un gran battere di borraccie sui fianchi, un rumoroso ballar di cartucce nelle giberne, una confusione, un polverio che tutto investe, che tutto copre.... La coda ha serrato.—Bisogna sfiatarsi, non c'è che dire;