Gelatina Al Lime E Altri Mostri. Angel Martinez
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Читать онлайн книгу Gelatina Al Lime E Altri Mostri - Angel Martinez страница 4
Dal suo angolo in penombra della stanza, Carrington disse nel suo tono secco e raffinato: «Benvenuto all’Isola dei Freak Disadattati».
* * * *
Mezz’ora dopo, con Soren ragguagliato sul caso e istruzioni di incontrare Chris Hardin della omicidi all’ufficio del medico legale, Kyle condusse il suo nuovo partner all’auto di pattuglia a loro assegnata. Vikash Soren restava un enigma, cosa che non aiutava i suoi nervi già tesi.
«Guido io».
Soren sorseggiò il caffè che aveva preso a un ambulante lì vicino, apparentemente giunto alla stessa conclusione che tutti gli altri raggiungevano con un sorso del caffè di Larry: era alla pari di vernice per il legno. «Sicuro di arrivare ai pedali?»
Kyle lo fissò. Se non avesse visto la sua bocca muoversi, avrebbe giurato di essersi immaginato quelle parole. «Non sono basso».
Un perfetto sopracciglio nero si alzò appena
«Sono nella media. Tu sei sicuro di entrarci, nell’auto?» ribatté Kyle, sapendo che era infantile.
Soren si limitò a sorridere senza mostrare i denti. Non era neppure un sorriso infastidito e teso… più simile alla serena espressione di una statua di qualche antica, soddisfatta divinità. Ripiegò il lungo fisico sul sedile del passeggero senza un’altra parola.
Credo di odiarlo. Meglio che abbia qualche difetto grave, o lo odierò davvero.
Perfino la sua postura da seduto nell’auto di pattuglia era perfetta. Kyle tenne l’attenzione sul traffico di Market Street, cercando di allentare la mascella.
Avevano quasi raggiungo il fiume Schuylkill quando Soren, in un tono a stento alto abbastanza per fare conversazione, chiese: «Isola dei Freak Disadattati?»
«È a questo che hai pensato per tutto questo tempo?»
«Sì». Soren sorseggiò il caffè mentre una piccola V gli si formava tra le perfette sopracciglia nere. «Credo che mi stessi aspettando qualcosa… di diverso».
Kyle fece un’espirazione esplosiva. Già, l’aveva capito. «Anche io, quando mi trasferirono. Insomma, senti parlare delle altre città, ed è più come X-Files, giusto? E se c’è qualche poliziotto paranormale di Philly con talenti utili, probabilmente viene spedito da qualche altra parte. Ma qui, mi dispiace, no. Sei bloccato coi reietti».
«Capisco perché tu saresti un problema». Soren alzò una mano quando Kyle sputacchiò. «Fai cose pericolose, che non puoi controllare, sembra. Ma gli altri?»
«Già. Tutti loro. Noi». Kyle fece una smorfia per il lapsus. Quattro mesi in quel dipartimento e si sentiva ancora un emarginato. «Virago? Quello che è stato rimproverato stamattina? È un incendiario».
«Va bene. Ma non sembra tanto strano».
Kyle ridacchiò. «Riesce a farlo solo quando è asciutto. Pioggia, neve, troppa umidità, e puff! Niente. Shira Lourdes è una telecinetica da stress. Volano cose quando è nervosa o incazzata».
«Uhmm. Edgar?»
«Non siamo sicuri di cosa faccia. È arrivato col tenente. La mia teoria è che si sia ritrovato in mezzo a uno scontro magico e ne abbia ricavato le penne in Technicolor. Da dove la boccaccia, ehm, il beccaccio gli sia arrivato è un mistero per tutti. E Jeff Gatling? Il tizio con la banana?»
«Fa apporti. L’ho visto».
«Già, ma può teletrasportare solo frutta».
«Oh».
La ruga a forma di V si era fatta più profonda. Il Signor Perfettino poteva essere preso di sorpresa, a quanto pareva.
«Ecco perché volevano sapere cosa fai. Perché sul serio, tutti facciamo qualcosa e facciamo schifo a farlo».
Lo Schuylkill, luccicante nel sole di ottobre, era dietro di loro prima che Soren rispondesse
«Non faccio davvero nulla».
«Allora perché diavolo ti hanno mandato da noi?» La voce di Kyle si ruppe mentre il suo volume si alzava. Non aveva avuto intenzione di essere seccato, ma maledizione, era come estrarre denti a un mastodonte usando due cucchiai.
Un altro sorso di caffè, un altro lungo silenzio. «Attorno a me accadono brutte cose».
«Oh, grandioso. Davvero grandioso».
«Non sempre». Soren continuava ad avere quel tono basso e regolare, nessuna traccia di alterazione, nessun atteggiamento difensivo. «Solo… quando sono arrabbiato».
Al semaforo successivo, Kyle si girò a guardarlo. «Soren, tu ti arrabbi mai?»
«Oh, certo». Quel sorrisino condiscendente era tornato. «Non ti piacerei quando sono arrabbiato».
Beh, che schifo. Avengers. Senso dell’umorismo. E io che stavo davvero iniziando a odiarlo. «Ah. Posso chiamarti Bruce?»
«Solo se io posso chiamarti Tony. Anche se preferirei Vikash».
Kyle ci rimuginò sopra mentre svoltava sulla 34sima dirigendosi nel territorio dell’università. Difficile avere delle sensazioni su qualcuno tanto riservato, ma alla fine decise che Soren, Vikash, stava facendo del suo meglio per essere amichevole. Magari era timido, o magari era davvero strano. Comunque fosse, Kyle era stato messo in coppia con dei veri bastardi nel corso degli anni. Con uno strano poteva cavarsela.
Per quando ebbe parcheggiato l’autopattuglia bianca, Vikash aveva finito il caffè e, da bravo Signor Perfettino, portò il bicchiere vuoto e il tovagliolino con sé e li gettò negli appositi contenitori.
«Hai mai preso almeno una multa per divieto di sosta?»
Vikash gli rivolse una strana occhiata. «No. Perché?»
«Non importa». Kyle fece strada verso l’interno, dove il Detective Hardin li stava aspettando. Fece un cenno del capo all’uomo, con cui aveva lavorato all’omicidio precedente. «Sembra uguale?»
«Temo di sì. Volevo che dessi un’occhiata, però, visto che eri sulla scena dell’altro».
«Questa dov’era?»
«Appena dopo l’impianto idrico. L’hanno trovata alcuni dei ragazzini che si allenavano per il canottaggio».
Kyle aveva sempre quel momento di oh, merda, non posso farcela quando entrava in un obitorio con un corpo sul tavolo. Aveva visto parecchi cadaveri da poliziotto, ma non riusciva mai a distaccarsi davvero come facevano alcuni agenti. Era una persona quella sul tavolo, la madre o sorella di qualcuno, qualcuno che aveva avuto dei sogni, che poteva aver odiato il gelato al pistacchio ed essere stato accanto a lui a guardare i fuochi artificiali… e lui doveva calpestare con forza quei pensieri.