Gelatina Al Lime E Altri Mostri. Angel Martinez
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«Doc colloca l’ora della morte tra mezzanotte e le due». La voce roca e rovinata dal fumo di Hardin lacerò la tremenda immobilità. «Perdita di sangue dalla ferita al collo elencata come la causa di morte, ma ci sono anche traumi da corpo contundente alla testa».
«Abbiamo già i documenti?»
«Niente. L’assassino potrebbe aver preso la borsa, se ce n’era una».
«Qualche ipotesi sull’arma?» chiese Kyle mentre si chinava a osservare i tagli dalla strana forma.
«Sembra quasi la forma di una paletta per piantare i bulbi», mormorò Vikash. Aveva estratto un piccolo blocco note e una penna, e stava prendendo appunti con tratti rapidi e precisi.
Kyle lo fissò. «Perché sai una cosa del genere?»
Vikash borbottò qualcosa su sua nonna prima di aggiungere: «Però non dovrebbero essere abbastanza affilate per questo».
«Il medico legale non ha idee sull’arma». Hardin osservò il nuovo partner di Kyle con un’occhiata in tralice. «Attrezzo da giardinaggio o meno che sia. Hai dubbi sul fatto che sia collegato al precedente, Monroe?»
Kyle scosse la testa. «No. Stesse ferite. Ora della morte. Non la stessa area, ma comunque lungo il fiume. Va bene se andiamo a dare un’occhiata alla scena?»
«Questa è un’investigazione congiunta, quindi vai laggiù. E non tenerlo per te se scopri qualcosa. Non mi interessa se è una qualche strana cosa psichica che voialtri pensate che la gente normale non capirebbe».
Quella frecciatina sul voialtri. Kyle strinse la mascella mentre il suo stomaco si rigirava lentamente. Quattro mesi prima, lui non era stato niente di speciale. Solo uno dei tanti poliziotti che facevano il loro lavoro. Adesso era uno di loro, uno dei freak che il dipartimento utilizzava per gestire i crimini bizzarri e inspiegabili; un male sgradevole ma necessario per molti poliziotti normali. Vikash alzò lo sguardo dal suo blocchetto, la penna ancora posizionata sulla pagina. «Quello era un commento razzista, detective?»
Hardin sputacchiò. «Cosa? Cazzo, no. Ma la vostra centrale è piena di tipi strani. Lo sai questo, vero?»
«Non ho idea di cosa intenda». L’espressione neutra di Vikash non diede a Hardin nulla su cui lavorare, e Kyle lottò per reprimere una risata, quasi asfissiandosi nel farlo.
«Va bene, penso che abbiamo tutto quello che ci serve qui. Ti aggiornerò via email», riuscì a dire quando riscoprì come respirare.
Lasciarono Hardin a borbottare e Vikash rimase quasi stoico quando tornarono nell’auto. L’unico cambiamento? Quel maledetto sorriso era tornato.
«Ti piace giocare con le persone, vero?»
«Sì». Vikash mise via il blocchetto. Neanche una risatina. «Alla scena del crimine?»
«Beh, di sicuro non stiamo andando alla Batcaverna».
Quello gli fece ottenere in cambio un suono strozzato. Forse quella era una risata, o Vikash stava reprimendo un colpo di tosse. «Chiamerò per vedere se Loveless e Zacchini possono raggiungerci lì».
«Talenti utili?»
«A volte».
Di nuovo oltre il fiume, di nuovo nello strano silenzio che Kyle stava ancora cercando di rompere. Avrebbe voluto che Vikash facesse un piccolo sforzo. Il silenzio andava bene, ma non quel silenzio strano e spinoso.
«Allora i tuoi genitori venivano dall’India?»
«No. Perché?»
Kyle dovette letteralmente stringere la presa sul volante per impedirsi di colpire il suo partner. «Uh… per il tuo nome?» I tuoi splendidi, fitti capelli neri. La tua pelle ridicolmente bella. Il tuo lungo naso nobiliare da sopra cui guardare le persone dall’alto in basso.
«Mamma pensava fosse forte».
«Ah-ah». Kyle non se la beveva, ma Vikash tornò in modalità statua e lui aveva bisogno di ricaricare la sue energie di socializzazione prima di tentare di farvelo uscire di nuovo.
C’erano tecnici della scientifica ancora sulla scena, ma Kyle ebbe il loro permesso di ficcanasare intorno ai confini. Il corpo era stato trovato all’estremità del fiume, ancora in acqua per metà. Le foto del momento del ritrovamento mostravano che la giovane donna era morta in un attimo di abietto terrore, la sua espressione paralizzata in un urlo di morte.
Procedettero in modo cauto, a tratti scivolando, giù lungo la riva, con gli occhi a terra in cerca di qualunque cosa fosse insolita e per rispetto al terreno sdrucciolevole.
Kyle slittò nel fango, allargando le braccia anche se non c’era alcun ramo a cui aggrapparsi. Una mano forte gli afferrò un gomito, rimettendolo in equilibrio. Per un singolo istante, l’espressione di Vikash mostrò della preoccupazione ansiosa, prima che la sua condiscendente serenità tornasse.
«Magari tu e le tue gambette tozze dovreste restare su in cima».
«Chiudi il becco». Bella risposta, Kyle. Davvero sarcastica e pungente.
Ogni ulteriore battuta fu affossata dall’arrivo di Loveless e Zacchini. In un cappello a tesa larga e con i guanti nonostante l’inverno mite, Loveless era in alto sull’argine con la bocca in una linea seccata.
«Amanda, cara, dovrai aiutarmi se ti aspetti che io riesca a scendere lì da Kyle».
L’agente Zacchini alzò gli occhi al cielo, ma prese il suo partner dalla vita, una mano serrata sotto il gomito, per sostenere i suoi passi incerti giù per l’argine. Vikash fece quella cosa con un sopracciglio verso Kyle.
«Vampiro», sussurrò lui. «La luce del giorno è davvero un problema per lui. Ma penso gli piaccia l’attenzione».
«Sai che ti sento», disse piccato Loveless. «Vuoi dirmi cosa sto cercando?»
«Non ne sono sicuro. Ti colpisce qualcosa che non dovrebbe esserci? Qualcosa che non odora di umano?»
«Sulla riva di un fiume. Stai scherzando».
«Vorrei poter essere più specifico. Non ho un granché ancora».
Carrington Loveless III, adorato figlio unico di una ricca famiglia di Main Line, sospirò mentre fissava le sue scarpe un tempo pulite sguazzare nel terreno paludoso. Chiuse gli occhi e trasse un profondo respiro attraverso il naso, si accucciò, girando la testa, e inspirò di nuovo.
«C’è… qualcosa». Loveless tese in fuori una mano e attese fin quando Zacchini lo stava tenendo saldamente prima di alzarsi. Tirando su col naso come un cane antidroga, camminò per parecchi metri seguendo la corrente e poi si fermò. «Qualcosa di strano».
«Kyle». Vikash puntò un dito e prese l’altro braccio di Loveless per impedirgli di fare un altro passo. «Lì nel fango. Credi che potremmo far fare qualche foto a uno dei ragazzi della scientifica?»
Stringendo con una mano la schiena dell’uniforme