Posseduta Dagli Alfa. Jayce Carter
Чтение книги онлайн.
Читать онлайн книгу Posseduta Dagli Alfa - Jayce Carter страница 15
«Beh, è meglio di un no. Dai, fidati di me, solo per pochi minuti. Qui nel retro. Conosco il proprietario e ti prometto che, se mi concederai cinque minuti, non te ne pentirai.» Joshua si alzò, poi le porse la mano.
Non la afferrò, non la strattonò verso ovunque volesse portarla. Se lo avesse fatto, Claire avrebbe opposto resistenza. Si sarebbe tirata indietro, sopraffatta dal nervosismo. Invece, l’alfa rimase in attesa. Immobile, lasciando a lei la scelta. Se avesse detto di no, si sarebbe seduto. Avrebbero finito di mangiare. E poi?
Furono proprio quell’attesa, quell’immobilità, quella domanda che le stava ponendo senza chiederlo a parole a convincerla.
Che cosa voleva?
Claire rispose riponendo la mano nella sua.
Capitolo cinque
Il battito di Claire palpitò sotto il tocco di Joshua, il suo polso sottile incapace di nascondere il modo in cui tremava.
Ma il suo profumo lo attirava più vicino. Voleva inspirarlo, immobilizzarla a terra e respirare il suo profumo fino a che non avesse impregnato il suo corpo.
Quando era stata l’ultima volta che aveva desiderato così ardentemente una donna? Certo, provava desiderio per tutte le donne, ma Claire?
Lei era diversa e Joshua non provava niente del genere da anni. Da anni non incontrava una donna in grado di attirare la sua attenzione per più di una volta.
L’alfa allontanò il pensiero mentre la trascinava nel piccolo retrobottega, un cenno alla guardia, che rispose con un sorrisetto. A volte conoscere persone si rivelava utile e Joshua aveva lavorato abbastanza per il proprietario che, occupare la stanza per tutto il tempo che desiderava, non avrebbe causato alcun problema.
E quando Joshua fece voltare Claire, quando la spinse contro la porta e trovò la sua gola con le labbra, quando la sua lingua assaporò il battito frenetico dell’omega, seppe che avrebbe desiderato decisamente molto tempo.
Fotterla insieme a Bryce e Kaidan non gli aveva dato fastidio. Condividevano molto, tutte le loro vite, in realtà. Avevano sempre immaginato che, se mai avessero deciso di sistemarsi, lo avrebbero fatto loro tre insieme a una sola donna. Funzionavano insieme, il loro era un legame più stretto di quello dato dal sangue, erano più che fratelli. Era un legame che dava loro forza.
Ciononostante, non poteva negare di apprezzare l’idea di averla tutta per sé.
L’omega fece un respiro tremolante e spinse contro le sue spalle, la tensione alle stelle.
Se mai avesse scoperto chi l’aveva ferita, avrebbe fatto a pezzi il bastardo. Non era tipo da tirarsi indietro di fronte agli aspetti più brutti della vita. Sapeva dannatamente bene cosa accadesse ad alcune omega, la vita che vivevano, ma erano cose astratte.
Aveva persino aiutato a salvare alcune delle omega più sfortunate, un’attività svolta sottobanco dalla loro impresa. Ricordava una ragazza, Fiona, un’adolescente, ma abbastanza grande da andare in calore. Non pesava nulla, il bastardo che l’aveva presa usava dei farmaci per mantenerla in uno stato di calore quasi costante.
Era stato Kaidan a occuparsi di lei, il migliore di loro con le donne, a portarla dal dottore e stringerle la mano mentre la esaminava. Viveva, supponeva, nascosta e silenziosa da quando l’avevano salvata. Ogni tanto, si recavano nella piccola baita in cui viveva fuori città per dare un’occhiata e aggiornare il sistema di sicurezza. Nei cinque anni da quando l’avevano salvata, non aveva proferito parola, nascondendosi nella sua stanza al loro arrivo.
La spinta delle mani di Claire sul suo petto lo fece arretrare abbastanza da darle spazio.
«Aspetta», sussurrò lei.
«Certo, aspetta. Sì.» Joshua si passò una mano tra i capelli, mentre si sforzava di mantenere il controllo. «Te l’ho detto, sei tu a decidere. Non ti costringerò a fare nulla.»
Le mani di Claire rimasero sul suo petto, le dita arricciate, le unghie smussate premute contro la sua pelle. I respiri dell’omega si scontravano contro il suo mento e la sua gola, affannosi e spezzati. «Non puoi starmi addosso.»
Ah, tutto qui?
Quando la sua mente non era annebbiata dal calore, non lo voleva così vicino? Non voleva che fosse così opprimente?
Poteva lavorarci. Avrebbe fatto qualsiasi cosa fosse stata necessaria.
Joshua annuì, posando le mani sul muro mentre si abbassava sulle ginocchia. «Che ne dici di questo, tesoro? Va bene?»
Il modo in cui i suoi occhi si spalancarono, quel colore rosato che danzava sulle sue guance – il cazzo di Joshua sobbalzò entusiasta contro la cerniera dei suoi pantaloni.
La desiderava. La desiderava più di qualsiasi altra cosa. Voleva affondare la faccia contro di lei e non lasciarla andare mai più.
Invece, aspettò.
Claire fece scattare la lingua, rosa e abbastanza bagnata da catturare la luce, verso il labbro inferiore, prima di annuire.
Joshua non aveva bisogno di altri sì. Le slacciò il bottone dei pantaloni e fece scivolare il tessuto lungo le sue gambe toniche. Sollevò uno dei suoi piedi e le sfilò la scarpa, per poter liberare quella gamba. Può bastare. Non serviva che fosse nuda per quello che voleva fare e più tempo le avesse concesso per riflettere, più si sarebbe potuta tirare indietro.
Riportò le dita all’altezza della sua vita, sulle semplici mutandine nere che nascondevano quella parte di lei per cui avrebbe ucciso in quel momento.
Claire si irrigidì, perciò Joshua appiattì le mani contro di lei. Aspetta. Non avere fretta. Premette le labbra contro il suo fianco, seguì l’orlo di pizzo fino a raggiungere il punto più allettante. Lì, sfregò contro la sua pelle con i denti.
Per quanto si sforzasse di essere delicato, non riusciva a trattenere completamente il suo lato primordiale.
Continuò a tracciare la sua linea di baci sul basso ventre della donna e allo stesso tempo posò le mani sul suo interno coscia. Accarezzò con le dita la pelle calda e delicata. I muscoli di Claire si contrassero, ma come Joshua fece scivolare la mano più in alto, la donna spostò i piedi verso l’esterno.
Nervosismo e paura potevano trattenerla, ma lo desiderava.
Quando raggiunse la sua fica, nascosta dalla stoffa nera delle mutandine, la accarezzò con le dita. Al secondo passaggio, premette la stoffa in maniera più decisa contro di lei, fino a sentire la sua apertura calda e le sue pieghe. La vedeva nella sua mente con le gambe spalancate per lui come durante il calore, i suoi capezzoli inturgiditi e scuri per lui come un invito.
Avrebbe dato un’altra bella occhiata prima o poi, una volta guadagnata la sua fiducia.
Joshua mosse le dita fino a poter usare il pollice per massaggiare il suo clitoride, nascosto sotto il suo intimo. La stoffa nera aveva assorbito la sua umidità, una tentazione a cui non Joshua era mai stato in grado di resistere. Le sollevò la gamba, quella che aveva liberato dai pantaloni e dalle scarpe, e se la mise sulla spalla per spalancarla. Ciò la costrinse a trovare l’equilibrio su un’unica gamba,