Ogni Minuto. C. J. Burright

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Ogni Minuto - C. J. Burright

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le piante e i bambini, non tanto con gli umani adulti.”

      Le piante e i bambini erano facili da trattare. Non si aspettavano conversazioni profonde o manifestazioni emotive. Adara trascinò i piedi, la villa era abbastanza vicina da far trapelare accenni della festa all’interno. Luci rosse e verdi lampeggiavano attraverso le finestre sul marciapiede di pietra e chiacchiere ronzanti filtravano libere, lasciando percepire ogni tanto una risata. Ancora niente musica. Una volta che la band avesse iniziato, avrebbe potuto fingere una scusa per andarsene. Nemmeno il generale Gia era così senza cuore da farla restare a soffrire se fosse iniziata una musica particolare.

      “Su con la vita, Dar.” Gia le strinse il braccio aprendo la grande porta di ferro e liberando un’ondata di aria calda. “Ci sarà anche Ian.”

      Adara quasi ringhiò. Ian, l’avvocato dal sorriso supersonico che aveva approfittato del dolore di Gia alla festa dell’anno precedente... Squalo schifoso succhiasangue. “Perfetto. Posso castrarlo per Natale. Non è mai troppo tardi per i regali.”

      Gia si fermò nell’atrio e la fissò. “Onestamente, non sorridere. Mi piace il mio lavoro. Se fai venire un infarto al signor Hamilton, dovrò farti da assistente e sai che sono allergica al gesso e ai bambini.”

      Chiudendo la porta dietro di loro, Adara trasse un lungo respiro misto di pino e cannella. “Che il divertimento abbia inizio.”

       * * * *

      Garret aveva appoggiato la giacca di pelle sulla custodia del violino e si era sistemato la camicia bianca con i bottoni. Non si era nemmeno cambiato dopo l’atterraggio dell’aereo, caricando invece i suoi bagagli e gli strumenti in una macchina a noleggio, confermando una seconda volta l’odioso invito via e-mail di Ian e dirigendosi qui, al Milionarie Estate. Ian probabilmente pensava che gli avrebbe dato buca - e forse avrebbe dovuto - ma erano passati anni da quando si erano incontrati, anni da quando era stato a casa e, eseguire qualche pezzo a una festa di lavoro rimandata per le vacanze, era il calcio di ricarica di cui aveva bisogno.

      Una risata sommessa s’insinuò nel guardaroba, quel suono intimo gli alleviò l’ultima tensione del viaggio dalle spalle, sussurrandogli che aveva fatto la scelta giusta a tornare. Non che dubitasse della sua decisione... Nel momento in cui aveva messo piede sul marciapiede, l’energia aveva ronzato attraverso i suoi stivali come un fulmine. Tre anni nel circuito dei concerti d’oltremare e il grande pubblico distaccato gli avevano rubato un pezzo di sé.

      Era tornato a casa per riprenderselo - con gli interessi.

      Infilando il violino e l’archetto sotto un braccio, Garret entrò nel corridoio illuminato dalle candele e drappeggiato da ghirlande di chiodi di garofano e seguì il morbido pulsare della musica degli anni ‘60. Era passato troppo tempo dall’ultima volta che aveva festeggiato il Natale con la famiglia o con gli amici e non gli dispiaceva tornare indietro di un paio di mesi, per recuperare le cose che si era perso durante il tour. Questa festa in particolare stava procedendo da almeno un’ora, abbastanza a lungo perché gli ospiti piacevolmente cotti non si accorgessero di eventuali ritardatari che entravano per i festeggiamenti, ma non così tanto che i vecchietti se ne fossero andati.

      Attraversò l’ingresso a doppia porta e fu investito dall’atmosfera vacanziera. Gli invitati erano riuniti in gruppi e stavano parlando fra loro, in piedi o seduti, la maggior parte con una bottiglia o un bicchiere in mano. Altri ballavano al ritmo della canzone dei Beach Boys che risuonava da altoparlanti invisibili. Anche con il vantaggio dell’altezza di Garret, Ian sarebbe stato difficile da individuare. Una fusione di glitter e vetro abbagliava da ogni direzione, dominata da un albero gigante con orpelli scintillanti e ornamenti odiosi, il suo profumo di pino un ricordo dei Natali passati.

      Rivolgendo la sua attenzione sulla folla, alla ricerca di un accenno di Ian, Garret superò le persone che chiacchieravano e intorno ai tavoli decorati con pigne al profumo di cannella. Urtò contro qualcosa e riprese l’equilibrio proprio quando cadde una renna gigante di plastica con la coda in aria, ai piedi di una donna appoggiata al muro, omaggiandola con la punta del suo naso rosso lampeggiante. Per un momento breve e intenso, lo sguardo della giovane incontrò quello di lui.

      Il festival del caos e dei colori svanì sullo sfondo, lasciando spazio solo a lei. Si confondeva con le ombre, come se sperasse di scomparire con la notte. Il dolore le perseguitava gli occhi, mille note intrappolate.

      Garret sbatté le palpebre e il momento passò. Ben-zonna. La sua maledizione straniera preferita si adattava all’occasione. Mille note intrappolate? Era notevolmente sdolcinato, anche per lui.

      Nessun sorriso, nessuna parola, raccolse la mostruosità di Rudolph e posò saldamente tutti e quattro gli zoccoli scintillanti sul pavimento. Senza guardarlo di nuovo, riprese a fissare le persone come se fossero su una giostra che le girava intorno, muovendosi troppo velocemente per essere toccata.

      Chiunque potesse far fermare il suo mondo anche solo per un battito del cuore esigeva almeno una presentazione. Tenendo il suo violino protettivamente vicino, oltrepassò la renna decorativa e imitò la posa da tappezzeria della donna, restando a una distanza di pochi centimetri.

      Lei non lo riconobbe, teneva il suo sguardo fisso su qualcosa o qualcuno nella folla.

      Garret seguì lo sguardo della giovane e soffocò un gemito. Ovviamente doveva essere Ian. Il suo amico d’infanzia era con un gruppo di donne che indossavano cappelli da Babbo Natale e minigonne. Tutto sorrisi e mani, Ian stava facendo la sua parte. Era interessante notare che gli sguardi di Ian continuavano a vagare verso la bionda minuta con il vestito rosso, che stava parlando con altri invitati.

      Garret si chinò leggermente verso la donna. “Allora, è Ian o la bionda in rosso?”

      L’increspatura appena accennata delle labbra generose color cremisi prometteva che aveva sentito e il silenzio che seguì durò abbastanza da segnare una protesta. La donna sospirò dolcemente, senza rivolgergli uno sguardo. “Che cosa?”

      Non importava l’impazienza che s’insinuava nel tono della giovane, la sua voce roca aveva una canzone tutta sua, bassa e inebriante, che lo colpiva dritto nelle viscere. “Mi stavo chiedendo se stai complottando per uccidere Ian o la bionda.” Garret scrollò le spalle. “Dallo sguardo di fuoco e zolfo che stai rivolgendo in quella direzione, uno dei due sta per crollare.”

      “Ian è l’unico che merita una forca nei punti sensibili.” La donna incrociò le braccia e le lasciò cadere sui fianchi, continuando a non stabilire un contatto visivo. “Sto solo guardando Gia alle spalle. E nel caso te lo stessi chiedendo, non ho bisogno di un drink, non sono sola e detesto ballare. Qualsiasi vischio che troverò su di te ti verrà infilato prontamente nel naso.”

      L’uomo si lasciò scappare una risata stupita. “Ne prendo atto. Per la cronaca, bevo raramente, non mi dispiace la solitudine e tengo i miei passi di danza privati per evitare di creare il panico pubblico. Il vischio mi fa venire l’orticaria, quindi sono relativamente al sicuro dal tuo assalto anti-vegetazione.”

      La bocca di Adara si contrasse, un semplice tremito e niente che si avvicinasse a un sorriso, ma era un inizio.

      Prima che lui potesse trasformare quel tic in un vero sorriso o chiederle il suo nome, la musica da spiaggia si soffocò e un uomo dai capelli color neve con un abito firmato salì le scale fino a un palco situato dall’altra parte della stanza, presumibilmente era lo stimato signor Hamilton.

      La donna misteriosa accanto a lui si raddrizzò e si spostò verso il palco. A quanto pareva, l’unico modo per farsi guardare

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