Ogni Minuto. C. J. Burright

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Ogni Minuto - C. J. Burright

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      Il signor Hamilton si lanciò in un discorso sul successo e sul sistema giudiziario e Garret non lo sentì, concentrato sulla donna così vicina. I capelli di lei brillavano come ossidiana sotto le luci scintillanti e si fermavano in modo smussato sulla linea sottile del collo. Non indossava glitter, eyeliner o cipria come le altre donne, il che rendeva le sue labbra cremisi ancora più peccaminose.

      Scoppiò un applauso educato, l’unica ragione per cui Garret capì che il discorso era finito. Il vecchio Hamilton lasciò il palco e Ian si fece da parte, come un principe in attesa di salire una volta che il suo re avesse liberato la strada.

      A certe opportunità non si poteva resistere. Garret si sistemò il violino sotto il mento e preparò l’archetto. Quando la scarpa lucida di Ian toccò il primo gradino, la sigla di Darth Vader si alzò dallo strumento e salì sul soffitto a volta, scuotendo la folla in un momentaneo silenzio. Alcune anime coraggiose sghignazzarono e non gli sfuggì come la donna accanto a lui s’irrigidisse. Tutti si voltarono verso di lui che, però, stava osservando la risposta di Ian.

      Il capovolgimento delle emozioni sul volto del suo amico era tutto quello che aveva sperato, dal fastidio alla realizzazione e al divertimento. Ian impiegò meno di un millisecondo per puntare Garret nell’ombra. Afferrò il microfono e disse con voce pesante: “Se solo tu conoscessi il potere del lato oscuro.”

      Le risate si sollevarono dalla folla e Garret sorrise. Ian non aveva perso il suo senso dell’umorismo negli ultimi tre anni, un buon segno. Fare l’avvocato poteva strangolare la felicità fino far restare solo l’amarezza e le opinioni sbiadite

      “Sono venuto qua per diffondere l’allegria con regali troppo costosi e frivoli, ma questo dovrà aspettare ancora un po’.” Ignorando i gemiti, Ian raddrizzò il suo cappello da elfo. “Pazienza, gente.”

      Garret eseguì un pezzo del tema del game show Jeopardy. Aveva perfezionato le molestie musicali decenni prima, come poteva testimoniare sua sorella maggiore London. Era la sua migliore tattica di autodifesa oltre alla prontezza di riflessi.

      Ian indicò minacciosamente Garret e sfoggiò uno dei suoi sorrisi caratteristici, bianco e brillante. “Se hai intenzione di suonare, sali sul palco e fallo bene.”

      Quando aveva accettato l’invito di Ian di partecipare alla festa, Garret sapeva che la compagnia e la conversazione non erano tutto ciò che Ian si aspettava. A Ian piaceva fare colpo e con avvocati stoici che apprezzavano la buona musica in mezzo a loro, probabilmente sperava di avere un vantaggio quando si sarebbe trattato di ottenere l’ambito titolo di socio. Essere amico di un musicista affermato poteva essere un buon motivo - Garret tamburellò una volta le dita sui jeans, proprio in corrispondenza del buco sfilacciato vicino alla tasca - oppure no. Non tutti a quella particolare festa avrebbero apprezzato la sua interpretazione di Thunderstruck. Non aveva l’aria del musicista da concerto e i suoi gusti non erano sempre orientati verso Bach e Mozart, come Ian ben sapeva. Non era mai rientrato nello stereotipo del musicista classico, nemmeno nei lunghi anni in cui si era concentrato sui classici. Garret si raddrizzò dal muro. Preferenze classiche o no, poteva rendere tutti felici.

      La sua intrigante compagna piegò le braccia e si spostò mettendosi in una prospettiva ancora più netta verso il palco. Non l’aveva ancora guardato di nuovo, come se fosse determinata a bruciare vivo Ian con il suo sguardo e a tenere tutti gli intrusi, compreso il violinista, fuori dalla sua bolla.

      Mettendo il pollice in tasca, Garret si mise sulla linea visiva diretta di Adara, resistendo all’impulso di guardarsi alle spalle e catturare il suo sguardo. Rompere le bolle era un’altra delle sue abilità straordinarie.

      Capitolo Secondo

      Il suo cuore batteva all’impazzata, Adara si concentrò sul palco mentre il suo interlocutore chiacchierone trovava una vittima più adatta in Ian. L’uomo si mise di fronte a lei facendo sì che la sua schiena imponente le ostruisse la vista. La conseguenza dell’ignorare le persone era che le sfuggivano dei piccoli dettagli, come i violini che potevano tenere in mano.

      Un violino. Adara fu scossa da un brivido gelido. Era un violino, vero?

      La giovane appoggiò le mani umide sulla parete. Quando le corde erano esplose proprio accanto al suo orecchio, il tempo si era fermato e frantumato in mille secondi stridenti. Aveva avuto un flashback di quando Joey era ancora vivo, quando la sua musica fluttuava nella loro casa, ricordandole che non importava lo spazio che li separava, lei non era mai stata sola. Altrettanto velocemente, la realtà si era abbattuta di nuovo su di lei, demolendo il ricordo e sussurrando la verità.

      Joey non c’era più.

      Lei era sola.

      “Ti stai già divertendo?” Gia le scivolò accanto, sapendo abbastanza da non chiederle se stesse bene. Gia fece un cenno con il mento verso l’uomo che si stava dirigendo verso il palco. “Ti stai facendo dei nuovi amici?”

      Adara respirò velocemente e seguì lo sguardo di Gia. Dei lunghi capelli biondi pettinati all’indietro in stile Thor, jeans e camicia sbottonata, stivali da combattimento, violino nero lucido. Joey avrebbe approvato.

      “Il tipico secchione adulto della band.” Gia si avvicinò, il suo alito odorava di agrumi e tequila. “Sta ancora cercando di uscire dalla scatola della figaggine.”

      Grata per essere stata distratta, Adara sbuffò dolcemente manifestando il suo accordo.

      “Probabilmente preferirebbe cavarsi un occhio piuttosto che suonare Beethoven.” Gia fece roteare il suo bicchiere di margarita e fissò Adara con i suoi occhi blu scintillanti. “Scommetto che domani a pranzo da Antoine propone Kashmir o Wherever I May Roam - sai, qualche melodia da vero uomo.”

      “Non accetto questa scommessa, perché probabilmente hai ragione.” La morsa intorno al cuore di Adara allentò la sua presa. Gia aveva fatto centro. In nessun modo qualcuno che sembrava un pirata part-time avrebbe suonato qualcosa che potesse abbattere le sue difese.

      “Karen della contabilità mi ha dato uno scoop su di lui,” continuò Gia, mantenendo l’attenzione rivolta sul palco, dove il violinista aveva raggiunto Ian sotto i riflettori. “Immagino che sia molto conosciuto oltreoceano. È cresciuto con Ian e si sta prendendo una pausa per fare da mentore ai bambini delle scuole elementari.” Le diede una gomitata nelle costole. “A Graywood.”

      Mentore. Scuola elementare. Merda. Adara chiuse gli occhi per un istante. Qualche settimana prima, il preside Austin aveva avvertito lo staff della possibilità di un mentore part-time per insegnare musica, ma non aveva dato molti dettagli. Adara aveva pensato che l’idea fosse caduta nel dimenticatoio, perché era stata l’ultima volta che ne aveva sentito parlare. E, poiché la piccola Graywood, dove tutti conoscevano praticamente tutti, aveva solo una scuola elementare, le probabilità di incontrarlo in giro salivano alle stelle. All’infinito e oltre.

      “Perfetto. William Kidd reincarnato in un musicista.” Adara si risistemò nella sua posizione ‘lasciami in pace’. “Il mondo adesso è completo.”

      Gia mostrò un sorriso malizioso e rivolse di nuovo la sua attenzione verso il palco.

      Guardare il signor Gabby da lontano non era una punizione. Aveva un sorriso sempre smagliante, una barba leggermente accennata - presumibilmente per accompagnare l’aspetto da pirata - e ostentava la sicurezza di un uomo che lasciava trapelare chiaramente la sua identità. Non avrebbe avuto problemi a trovare uno degli aiutanti di Babbo Natale per fargli compagnia.

      Gli

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