Ogni Minuto. C. J. Burright

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Ogni Minuto - C. J. Burright

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posso infilarlo in uno zaino e correre con il peso extra mentre lei si riempie la bocca di veleni che intasano il cuore.” Adara si alzò, caricandosi il fascicolo sul fianco come fosse un bambino. “Quanti alberi sono morti per questo mostro? Che fine ha fatto l’era dell’informazione elettronica?”.

      Austin ingoiò il boccone e si spazzolò le briciole dai baffi. “Non vada oltre. C’è di più... una buona notizia. Siccome sono sicuro che lei memorizzi tutti i miei annunci come le gemme importanti che sono, si ricorderà del programma di mentori musicali di cui ho parlato qualche settimana fa.”

       No. No, no, no.

      Austin ignorò il frenetico messaggio mentale di lei e continuò. “La sua classe è stata selezionata. Inizia la prossima settimana.”

      “Cosa? Perché? Perché la mia classe?”

      Il preside alzò le sopracciglia. “Ho pensato che sarebbe stata contenta che i suoi studenti avessero quest’opportunità e qualsiasi pubblicità generata da ciò, potrebbe influenzare qualche voto a nostro favore. Il signor Ambrose è un musicista di talento e sta donando generosamente il suo tempo e le sue capacità. Non si può sbagliare con la gratuità.”

      Questo dipende dalla prospettiva. Austin aveva ragione nel dire che lei doveva essere felice per i suoi studenti, ma si trattava di musica e di un particolare violinista chiacchierone che aveva già invaso troppo il suo spazio. Adara mostrò un’espressione serena. “Volevo dire, come abbiamo fatto a essere così fortunati?”

      Austin le fece un sorriso da donnola, reso più viscido dai baffi. Adara non l’aveva affatto ingannato. “Ho pensato che la sua classe ne avrebbe beneficiato maggiormente e, anche se questo è un insegnamento a scelta, da lei e dal signor Ambrose mi aspetto un rapporto settimanale sui progressi. Ho bisogno di documentare che gli studenti stanno imparando qualcosa.” Il telefono squillò prima che Adara potesse protestare e Austin sospirò. “Non c’è riposo per il malvagio preside del West.”

      Adara si voltò mentre l’uomo rispondeva alla chiamata. Voleva davvero essere arrabbiata con lui sia per aver suggerito che il suo lavoro sarebbe stato tagliato sia per averle assegnato il contrattempo, ma come tutti i presidi, lui era giusto, pratico e aveva davvero a cuore gli interessi dei ragazzi. Non tutte le scuole erano così fortunate.

      “Aspetti,” disse Austin, tenendo la cornetta in mano. “Un’ultima cosa, signorina Dumont. La signora Johnson mi ha fatto notare che mancano alcuni volontari per la festa di Carnevale di domani sera. Ha anche notato che ha dimenticato di iscriversi.”

      Adara rabbrividì. Dimenticato, era un modo carino per dire trascurata mentre era bloccata in uno stato di apatia. La signora Johnson, presidente del comitato di volontariato, teneva una tabella con tutte le attività della scuola e la percentuale di volontariato di ogni insegnante, il tabellone perfetto per individuare chiunque si fosse dimenticato della festa di Carnevale, intenzionalmente o meno. Adara mostrò un’espressione tranquilla prima di affrontarlo di nuovo. “Mi faccia indovinare. Sono rimaste solo le pulizie.”

      Gli occhi di Austin brillarono dietro gli occhiali, un segno evidente che si stesse trattenendo dal sorridere o che le stesse rivolgendo un’occhiata pietosa. “Ancora meglio. Si tenga forte. È in servizio per l’ultimo turno di pattugliamento.”

      Così tanto da cucinare biscotti da sola e lasciarli, senza bisogno di contatti. Sarebbe stata bloccata lì fino alla chiusura, facendo rispettare i limiti, bloccando le liti tra fratelli e trattenendo i genitori dall’uccidere la loro preziosa carne, tutto mentre cercava di tenere insieme i suoi pezzi. Questa settimana diventa ogni giorno più luminosa.

      Lasciando il signor Austin alla sua telefonata, Adara scivolò nel corridoio vuoto e il suo telefono vibrò. La giovane si destreggiò con il faldone del bilancio ed estrasse il telefono dalla tasca della giacca. Il numero di Gia lampeggiò. Non voleva parlare del suo esaurimento della sera precedente, ma aveva anche infranto la sua promessa. Gia meritava almeno una spiegazione. Appoggiata a una locandina della festa di carnevale, affrontò l’inevitabile.

      “Stai saltando la tua corsa della sera.” Gia non le diede un secondo per salutarla, parlando veloce e forte. “Abbiamo degli impegni.”

      Adara avvertì una stretta al petto. Per quanto quella sera non volesse andare da nessuna parte, non poteva infrangere di nuovo la promessa che aveva fatto a Joey. Aspetta un attimo. Gia non aveva minimamente accennato al fatto che la sera prima se ne fosse andata. Molto sospetto. “Quali impegni?”

      “Cena. Da Antoine. Alle sei in punto.”

      Adara si allontanò dal muro e s’incamminò verso l’uscita, tenendo nell’altro braccio il quadernone come se fosse un peso morto. Il peso in più fece risuonare i suoi passi più forte del solito. “Non mi è richiesto di essere presente quando decidi di avere voglia di mangiare italiano. Joey ha specificato gli eventi sociali. La cena da Antoine non è un evento sociale.”

      “Dobbiamo parlare.”

      “Ti prego, dimmi che questo non ha niente a che fare con i guai in cui ti sei cacciata dopo che me ne sono andata ieri sera.”

      “Più o meno. Forse.”

      Adara gemette. “Quanti margarita hai bevuto?”

      “Solo due.” Gia sbuffò. “Non è quel tipo di problema, non come l’anno scorso.” Esitò. “Mi hai abbandonata.”

      Adara chiuse gli occhi. “Scusa.”

      “Vediamoci da Antoine.” Disse Gia con tono supplichevole. “Mangeremo pane e pasta e il dolce cancellerà il conto di tutti i tradimenti.”

      “Non posso.” Spostando il quadernone, Adara riprese a camminare verso la porta. “Austin mi ha appena detto che se la proposta di fondi non passa, sono licenziata, quindi stasera studierò i numeri per vedere se posso salvare il mio lavoro.”

      “Cavolo!” Gia respirò profondamente. “Ok, lo farò senza pane all’aglio per ammorbidirti. Non dare di matto”.

      Adara si fermò di scatto. Qualcosa di brutto stava per succedere. Qualsiasi combinazione di Gia e la parola matto equivaleva a una catastrofe. “Devo distruggerti ora o dopo le lasagne?”

      La risata di Gia era troppo stridula per essere credibile. “Nessuno ha bisogno di essere mutilato, torturato o squartato. Inoltre, questo non riguarda me. Si tratta di te.”

      “Me?”

      “Ho capito che la vita senza Joey fa schifo per te e che stai facendo del tuo meglio perché gli hai promesso di farlo.” La voce di Gia diventò un sussurro e l’insolita gravità fece avvertire un brivido ad Adara. “Anch’io gli ho fatto delle promesse. È trascorso più di un anno, e invece di uscirne, ogni giorno sprofondi di più nell’indifferenza. Dar, tu sei la cosa più vicina a lui che ho e non posso - non voglio - veder svanire anche te.”

      Quel gelo s’intensificò, insinuandosi nelle ossa di Adara che non aveva l’energia per affrontare la simpatia indesiderata e le buone intenzioni. “Come mi comporto non sono affari di nessuno, se non miei.”

      “Vero.” Gia sembrava malinconica. “Andare avanti è una decisione che solo tu puoi prendere. Il fatto è che questa mattina mi sono imbattuta in una teoria interessante. All’inizio ero scettica, non voglio mentire, ma dopo un’indagine approfondita” - esitò

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