Storia dei musulmani di Sicilia, vol. II. Amari Michele

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Storia dei musulmani di Sicilia, vol. II - Amari Michele

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de l'Académie des Inscriptions, tomo VII, p. 55, 56. Il Martorana, Notizie storiche dei Saraceni Siciliani, tomo II, p. 129 e 248, amò meglio seguire il consigliere aulico, che il dotto professor di Parigi. Il signor Benedetto Castiglia, in uno articolo di giornale che sopra ho avuto occasione di lodare, La Ruota, Palermo, 30 agosto 1842, si appigliò a questo paradosso, e scrivendo in fretta lo attribuì a M. De Sacy. A così fatta teoria rimangono ormai pochi partigiani. La rigetta espressamente M. Worms nella detta opera, Recherches sur la constitution de la propriètè territoriale dans les pays musulmans. Nè so come M. Du Caurroi riparli di Messer Domeneddio proprietario universale, Journal Asiatique, IVe série, tomo XII, p. 13 (1848), senza allegar nuove autorità.

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Mawerdi, Ahkâm-Sultanîa, lib. XVI, p. 325; Hedaya, libro LXV, tomo IV, p. 140.

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Mawerdi, op. cit., lib. XVII, p. 341. Traduco “antracite” la voce kâr, che secondo i dizionarii significa “pece liquida.”

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Il 10 per cento su la raccolta annuale dei grani, frutta, miele ec., si ragguaglia al 2 12 per 100 su gli armenti, danaro, merci, masserizie ec., supponendo che coteste maniere di capitali rendessero il 25 per 100. Non arrivando a sì alto segno il fruttato dei capitali mobili, essi vengono a pagare più che i capitali fissi delle terre. Avvertasi che il 10 si ragiona su i prodotti del suolo bagnato da pioggie periodiche o acque sgorganti. Le terre inaffiate con macchine idrauliche, richiedendo maggiore spesa di cultura, son tassate al 5. Al contrario, quelle irrigate con acqua di canali che mantiene lo Stato, pagano il 20; nel qual caso il doppio dazio va per censo dell'acqua.

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Seguo l'uso generale nella trascrizione di questa, voce, la quale secondo il modo tenuto nel resto del mio lavoro andrebbe scritta zekâ.

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La zekât è dovuta dai soli Musulmani adulti, sani di mente e liberi, che posseggano oltre un certo valore fissato dalla legge. Si chiama anche decima. Il ritratto è stato sovente distolto dalla sua destinazione legale; usurpandolo i governi, che poi si sgravavano la coscienza in opere di pietà o di carità. Veggansi a tal proposito: Mawerdi, Ahkâm-Sultanîa, lib. XI, p. 195, seg., e lib. XVIII, p. 366, seg.: questo dottore sciafeita riferisce il dritto come si tenea nella propria scuola, cita le opinioni delle altre e i fatti fino al tempo e paese suo, cioè tra il X e l'XI secolo, a Bagdad; Hedaya, lib. I, versione inglese, tomo I, p. 1, seg., che mostra il dritto osservato in India nel XVIII secolo secondo la scuola di Abu-Hanîfa; D'Ohsson, Tableau général de l'Empire Ottoman, tomo II, p. 403, e tomo V, p. 15, seg., che riferisce anco il dritto hanefita, osservato alla stessa epoca in Turchia; Khalîl-ibn-Ishâk, Précis de jurisprudence musulmane, traduit par M. Perron, cap. III, tomo I, p. 328, seg. Quest'autore, di scuola malekita, visse nel XV secolo. Il suo compendio, brevissimo e oscurissimo, fa legge in Affrica. Veggasi anche Burckhardt, Voyage en Arabie (versione francese), tomo II, p. 294, che descrive la pratica dei Wababiti, puritani dell'islamismo ai tempi nostri. Le varie scuole ed epoche fan poca differenza nell'applicazione degli statuti su la zekât.

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Mishkat-ul-Masabih, lib. XII, cap. XI, tomo II, p. 45, seg. Data la tradizione del Profeta, tralascio di citare i trattatisti, alcuni dei quali, a dir di Mawerdi, op. cit., lib. XVII, p. 330, credettero necessaria la licenza del principe a confermare il dritto di primo occupante. Ognun vede che ciò non torna ad esercizio di un supremo dritto di proprietà, ma a necessaria misura di ordine pubblico, per evitare che due o più persone si contendessero un podere. È fondato su la medesima ragione il divieto di occupare il suolo bisognevole a pascolo comune, strade, mercati ec., di che tratta il Mawerdi, lib. XVI, p. 322, seg.

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Hedaya, lib. XLV, tomo IV, p. 132.

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Nella sura VIII, verso 42, è detto appartenere la quinta a Dio, e per lui al Profeta, ai parenti di costui, agli orfanelli, agli indigenti e ai viandanti. La morte di Maometto diè luogo a cavillare su questa legge. Dei dottori, chi ha pensato doversi investire tutta la quinta in utilità pubblica; chi poterne disporre il principe; chi doversi esclusivamente serbare ai parenti del Profeta, orfanelli ec. Veggasi Beidhawi, comento al citato verso del Corano, edizione di M. Fleischer, tomo I, p. 367 e 368; Mawerdi, op. cit., lib. XII, p. 239 a 242. Koduri vuol che la quinta si divida in tre parti uguali agli orfanelli, poveri, e viandanti; sostenendo che la quota del Profeta si fosse estinta alla sua morte; presso Rosenmuller, Analecta Arabica, § 34.

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Questo importante fatto è riferito da Mawerdi, op. cit., lib. XVII, p. 334, seg. Avanti la edizione di M. Enger del 1853, che noi citiamo, questo squarcio era stato pubblicato con una versione francese da M. Worms, Recherches sur la constitution de la propriété, etc., p. 188, 189, e 202, seg. Ma M. Worms non ebbe alle mani che un sol MS. del Mawerdi; non si servì delle varianti di quello che possiede la Biblioteca di Parigi; e d'altronde non colse sempre il segno nella versione.

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Mawerdi, l. c.

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Il dritto era, secondo Sciafei, che le terre prese con le armi si dividessero al par che il bottino, a meno di cessione volontaria dei combattenti. Malek le dicea proprietà perpetua della repubblica. Abu-Hanîfa rimetteva al principe di scompartirle tra i combattenti, lasciarle agli Infedeli, con obbligo di pagare il kharâg, ovvero dichiararle proprietà della repubblica, come gli paresse. Così riferisce Mawerdi, lib. XII, p. 237, seg.; e lib. XIII, p. 254, seg. (anche presso Worms, op. cit., p. 100, seg.; 103, seg.; 107, seg.). Ma i giureconsulti vissero quando i conquisti eran cessati; onde la opinione loro non servì che a lodare o biasimare i fatti compiuti.

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Sura, LIX, versi 6, 7, 8.

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Mawerdi, op. cit., lib. XIII, p. 254; e presso Worms, op. cit., p. 107 e 110. La prima era opinione di Sciafei; la seconda di Abu-Hanîfa. L'Hedaya, quantunque compilazione hanefita, si appiglia nel presente caso all'opinione di Sciafei, lib. IX, cap. VII, tomo II, p. 205. Koduri, autore del decimo secolo, sostiene la prima opinione, presso Rosenmuller, Analecta Arabica, § 12.

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Mawerdi, op. cit., lib. XVII, p. 334, 335; e presso Worms, op. cit., p. 189, e 204. Si vegga anche Koduri, presso Sacy, Mémoires de l'Académie des Inscriptions, tomo V, p. 10.

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Mawerdi, op. cit., lib. XII, p. 237; lib. XIII, p. 253; e lib. XIV, p. 299; i quali squarci si veggano anche presso Worms, op. cit., p. 100, 103, 108, 111; Koduri, presso Sacy, Mémoires de l'Académie des Inscriptions, tomo V, p. 11. Si riscontri col lib. II, cap. XII della presente storia.

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Mawerdi, op. cit., lib. XVII, p. 330, seg.; e presso Worms, op. cit., p. 184, seg., e 196, seg.; alla cui versione van fatte molte correzioni. Ha errato il Martorana, Notizie storiche dei Saraceni Siciliani, tomo II, nota 247, p. 248, sostenendo che tutte le proprietà musulmane venissero da concessione del principe.

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Mawerdi, op. cit., lib. XVII, p. 335; e presso Worms, op. cit., p. 189, e 205.

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Questo ultimo fatto si ricava dall'Hedaya, lib. IX, cap. VII, tomo II, p. 205.

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Prima di scrivere queste parole, io ho studiato le dissertazioni di M. De Sacy, Mémoires de l'Académie des Inscriptions, tomo I, V e VII; l'opera citata di M. Worms, e le compilazioni legali musulmane, come l'Hedaya, D'Ohsson, Khalîl-ibn-Ishak. Dell'opera di M. De Hammer, ne so quanto ne dicono M. Sacy e M. Worms.

La conchiusione di M. Sacy, che le terre d'Egitto appartenessero sempre agli antichi possessori indigeni, e fossero state usurpate in vario modo dai principi e loro soldatesche, è giusta, a creder mio, ma non abbastanza provata, nè applicabile a tutti i paesi musulmani.

Quanto a M. Worms, è da commendare il metodo, la sagacità, la erudizione; non la imparzialità sua. Ponendo un'arbitraria distinzione tra le terre da seminato e i giardini, o, com'ei dice, terre di grande culture e di petite

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