947 a 31 ag. 948); ma un fatto che racconta dopo, ci porta a supporre l'arrivo verso la fine dell'anno costantinopolitano. Da un'altra mano si sa (Ibn-Hammâd citato di sopra ap. 202) che Mansûr sino alla fine di giumadi 2º del 333 (gennaio 948) facea condurre per le strade di Kairewân la pelle imbottita di Abu-Iezîd; che poi volea mandar in Sicilia quella e la testa di Fadhl con Hasan; e che la barca fece naufragio, ec. Infine Ibn-el-Athîr nota che dopo l'uccisione di Fadhl, figliuolo di Abu-Iezîd, il califo tornava a Mehdia, di ramadhan 336 (marzo ed aprile 948); ed è da supporre ch'ei non abbia pensato alle cose di Sicilia prima di questo. Però credo che l'arrivo di Hasan in Sicilia si debba protrarre fino a giugno o luglio 948.
459
Ibn-el-Athîr, solo narratore in questo luogo, scrive: la gente d'Affrica. Senza il menomo dubbio accenna agli Arabi venuti di recente dall'Affrica. I coloni si chiamavano Siciliani; i Berberi, i Kotamii, ciascuno col suo nome.
460
Così Ibn-el-Athîr. Palermo avea un cadi; onde il titolo di Hâkim è generico qui in significato di magistrato, ovvero è adoperato perchè vacasse l'oficio in quel tempo, e, invece di cadi eletto dal principe, rendesse ragione un supplente. Hâkim si addimandò, dopo il conquisto normanno, il capo della municipalità di Malta; ma mi sembra fatto eccezionale, nato dalla dominazione cristiana.
461
Ibn-el-Athîr, anno 336; Ibn-Khaldûn, Histoire de l'Afrique et de la Sicile, p. 166. Quivi si legga sempre “Tabari” invece di “Matîr,” ch'è errore del MS. sul quale fece la versione M. Des Vergers.
462
Questo riscontro mi è suggerito dal bello studio del professore Dozy, su le fonti della storia de' Musulmani Spagnuoli, Histoire de l'Afrique etc., intitulée Al-Bayano-'l-Moghrib, Introduction, p. 16, seg.
463
La Cronica di Cambridge, che sola porta la data e il supplizio, dice: “Venuto il giorno di mila” che fu un lunedì, l'emiro etc.” La voce che ho trascritto dall'arabico e che è chiara nel MS., significa il Natale de' Cristiani, sol che vi si aggiunga un d alla fine ove ho messo le virgolette. I primi editori supplendo invece un'altra lettera scrissero Mi'âd “giorno prefisso” come si potrebbe tradurre. Ma questa voce oltrechè sarebbe insolita, imbroglierebbe il fatto or che Ibn-el-Athîr ci racconta l'ordine del tradimento palatino, e farebbe mancar la data del giorno; la quale non è probabile che il cronista avesse trascurata, mentre designava il giorno della settimana. Il Natale del 948 cadde appunto in lunedì.
464
Debbo avvertire che Ibn-el-Athîr dal quale tenghiamo i nomi, narra il tradimento, la cattura, la confiscazione, non il supplizio: il casato che dovrebbe trovarsi dopo il nome di Mohammed è lasciato in bianco in uno dei MSS., e manca al tutto negli altri due. La Cronica di Cambridge al contrario dice della uccisione dei “côlti alla rete, tra i quali un Marisc (in inglese sarebbe Marîsh) e i suoi compagni.” Questo nome fu scritto dal traduttore inglese, Coreish; ma il codice dà chiarissima la iniziale m. Non l'ho scritto nel testo, parendomi soprannome e che debba indicare il capo della fazione, cioè Ismaele-ibn-Tabari; e ciò sembra confermato dai significati della voce Marîsc dati dal Meminski, cioè “saetta impennata” e una specie di pomo. Marîs sarebbe dei nomi che si danno ai leone.
465
Confrontinsi: Cronaca di Cambridge, ibn-el-Athîr, Ibn-Khaldûn, ll. cc.
466
Si vegga il Libro IV, capitolo III.
467
Capitolo X del presente Libro, p. 203-204 di questo volume.
468
Non va in questo periodo l'autore anonimo della Vita di San Niceforo vescovo di Mileto di cui or or si dirà. Questo autore, probabilmente siciliano, visse nella seconda metà del decimo secolo. Il testo greco è nella Biblioteca imperiale di Parigi, Nº 1181; e M. Hase ne ha pubblicato uno squarcio in nota a Leone Diacono, edizione di Bonn, p. 442.
469
Leonis Diaconi Caloensis, l. c. L'anonimo dice che i Veggenti per virtù divina abbondavano in Sicilia com'ogni altro prodotto del suolo. Τὸ δὲ καὶ απὸ τινος τῶν ὲν τῇ χώρα δεοπτικῶν (πλεονεκτεῖ γὰρ καὶ τῇ τοῦτων φορᾷ τῆς ἄλλης εὺδηνιας οὺκ ἔλαττον.)
470
Liutprandi Legatio, presso Muratori, Rerum Italicarum Scriptores, tomo II, parte I, p. 485. “Hippolytus quidam Siciliensis episcopus.” La Cronica di Cambridge citata al capitolo VIII di questo Libro, p. 172, ha: “Leone vescovo della Sicilia;” nè la costruzione arabica permette d'interpretare “uno dei vescovi di Sicilia.”
471
Si vegga il cap. VII del presente Libro, p. 173.
472
De Thematibus, p. 58, ediz. di Bonn, tomo III, delle opere di Costantino: καὶ τὰς λοιπὰς πόλεις τὰς μὲν ἠφημωμένας, τὰς δὲ κφατουμένας παφὰ τῶν Σαρακηνῶν.
473
Costantino Porfirogenito, op. cit., p. 60, e De administrando imperio, p. 225.
474
Libro II, cap. XII, p. 470, 471 del primo volume.
475
Libro II, cap. VI e IX, vol. primo, p. 323, 325, 407.
476
Journal Asiatique, série IVe, vol. V, 1845, p. 105, nota 9.
477
Veggasi il Libro IV, cap. III, su la popolazione musulmana al 962.
478
V'era in Palermo un borgo di Giudei. Ibn-Haukal, nel Journal Asiatique, vol. cit., p. 97.
479
Riâdh-en-Nofûs, fog. 71 recto. Sa'îd morì il 302. Il biografo aggiugne che costui toccò i danari per favore di Ibrahim-ibn-Ahmed; non sappiamo se per aver tolto qualche difficoltà fiscale, ovvero per avergli fatto pagare i 400 dînar con tratta sul tesoro di Kairewân. Sa'îd, avvezzo a vita peggio che frugale, spese 200 dînar a fabbricarsi una casa; 50 in vestimenta; 50 in tappeti, stoviglie e altre masserizie; e ne serbò 100 per mantenimento del resto della sua vita. Di che riprendendolo gli amici, rispose che avea a ufo dei 100 dînar, poichè il quarto d'un rotolo di carne gli bastava una settimana. Il primo giorno, dicea, mangio il brodo delle ossa; il secondo quel dei tendini; dal terzo al sesto certi piatti di bietole mescolati or a fave, or a ceci, or a pastinache; e il settimo dì la carne!
480
Ibn-Haukal, Journal Asiatique, vol. cit., p. 93.
481
Squarcio della vita di Ibn-Giolgiol (in francese Djoldjol) per Ibn-abi-Oseibia, testo e versione di M. Sacy, in appendice alla Rélation de l'Egypte par Abdallatif, p. 549, seg., e 493, seg.
482
Veggasi il Libro I, cap. VI, e Libro II, cap. II, nel volume primo, p. 149, seg., 253, seg.
483
Questo era soprannome. Il nome intero Abu-Sa'îd-Abd-es-Selâm-ibn-Sa'îd-ibn-Habîb-ibn-Hasân-ibn-Helâl-ibn-Bekkâr-ibn-Rebia', della tribù arabica di Tonûkh. Così il Riâdh-en-Nofûs, fog. 39 verso. Confrontisi Ibn-Khallikân, versione inglese, tomo II, p. 131.
484
Si vegga il cap. IX di questo III Libro nel presente volume, p. 188. La data della morte si argomenta dal posto dato a questa biografia nel Riâdh-en-Nofûs, fog. 57 verso. Iehia-ibn-Omar spese seimila dînar per lo studio della giurisprudenza. Andò in Spagna, donde fu detto Andalosi; e in Oriente, dove fece, come tutti coloro che il poteano, un corso di lingua e poesia, dimorando nelle tende dei Beduini in Arabia. In cotesta peregrinazione scientifica, durata sette anni, consumò quasi il suo avere. Riâdh-en-Nofûs, l. c.