La montanara. Barrili Anton Giulio
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Ah, come vedeva da quelle considerazioni balzar fuori netta e spiccata la figura morale della marchesa Polissena! Furente (sicuro, proprio furente, e mettete pure che quella esagerazione di sentimento non fosse senza una certa dose di voluttà), il conte Gino andò a sedersi davanti alla sua scrivania, e la penna incominciò a scorrere sulla carta. Il giovanotto non scriveva alla marchesa; scriveva a Giuseppe, suo servo fedele, innalzato di punto in bianco al grado di confidente. Anch'egli, senza avvedersene, prendeva le forme del cospiratore, e l'esordio della sua lettera veniva fuori misterioso e guardingo come un coro di congiurati. Per sue ragioni particolari gli premeva assaissimo di conoscere tutti gli andamenti della nota persona. Aveva veduto dalla prima lettera di Giuseppe come egli fosse intelligente; continuasse ad esserlo per utile suo. Da ciò che la nota persona faceva, egli, il conte Gino, avrebbe argomentato quel che pensava, e sugli atti e sui pensieri di quella avrebbe regolato il suo modo di pensare e di operare. La cura amorosa traspariva dalle frasi; ma non era detta apertamente, e questa era già una bella diplomazia. Inoltre, la nota persona poteva anche essere un uomo, e le apparenze erano salvate a buon prezzo.
– Come manderò io questa lettera? – disse Gino, dopo averla suggellata. – Se fosse ancora qui l'applicato! —
Ma l'applicato seguitava il signor commissario sulla via di Fiumalbo, e il conte Gino pensò che il mettersi sulle tracce dei due personaggi, anche col pretesto di mandar notizie a suo padre, non sarebbe stato senza pericolo.
– Ebbene, – ripigliò, – di che cosa m'impensierisco? Non è qui vicina la provvidenza dei Guerri? Aminta, il mio fratello Aminta, ci penserà egli a farla ricapitare. —
Poco dopo la chiusa del soliloquio giungeva Pellegrino. Egli aveva veduto i due signori di Modena discendere dalle Vaie, senza fermarsi, e prendere la via di Fiumalbo.
– Benissimo! – disse il conte. – Allora è tempo di sellare il cavallo. —
Mezz'ora non era passata, e Gino scendeva alle Vaie, con la fretta di un uomo che ha tante notizie da dare di sè, a persone che le udranno con piacere, e non vede l'ora di consolarsi in quella dolce «corrispondenza d'amorosi sensi.»
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