Il ponte del paradiso: racconto. Barrili Anton Giulio

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Il ponte del paradiso: racconto - Barrili Anton Giulio

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guadagnarne ancora, sebbene avesse ristretta di molto la sua cerchia d'affari; ma appunto perchè l'aveva ristretta, non c'era da temere che ne perdesse. E infine, soltanto tra due figliuoli, Federigo e Margherita, andava spartito il suo patrimonio.

      Ed era bella, Margherita, il che non doveva guastare; e dotata di un carattere d'oro, senza ombra di vanità, nè d'orgoglio per la bellezza sua, o per le ricchezze della sua casa. Se si fosse potuto combinare! E perchè no? Il banchiere Anselmo era venuto su quasi dal nulla; sua moglie del pari; e formavano una coppia virtuosa, a cui la ricchezza era stata una giusta ricompensa, ma non aveva offuscato il sentimento delle sue modeste origini. Se nutrivano ambizioni, queste potevano risguardare soltanto i loro figliuoli; e già se ne scorgeva un indizio nella carriera scelta da essi per Federigo. E per Margherita? Un titolo, senza dubbio, sarebbe andato benissimo, accompagnato a quel fiore di bellezza e di grazia. E il giovane che portava quel titolo, apparteneva ad una nobiltà di vecchia data; non era neanche un pezzente; non era un vizioso, ma un gentiluomo e un galantuomo a tutta prova. Come avrebbe detto di no il signor Anselmo, trovando un partito sotto ogni aspetto così conveniente? e soprattutto quando la signorina Margherita vedesse di buon occhio il conte Aldini? Ora, di questo il signor Raimondo non dubitava neanche. Gli dava noia piuttosto di non aver pensato prima a quella stupenda occasione, col rischio di lasciarsela sfuggire di mano. Ma a farlo a posta, non che sfuggirgli, l'occasione era venuta incontro al suo desiderio. Bisognava agguantarla pel ciuffo; e Raimondo era stato pronto ad allungare la mano.

      Così, senza dir nulla ad alcuno, lasciando che ogni cosa andasse da sè, come l'acqua per la sua china, Raimondo aveva condotto all'albergo Danieli il conte Filippo Aldini, presentandolo come il suo migliore, anzi l'unico amico, quasi un altro sè stesso, alle signore Cantelli. Il giovinotto era stato ricevuto benissimo, con un fare alquanto impacciato, ma con evidente bontà, dalla signora Eleonora; con grazia semplice e schietta dalla signorina Margherita. Il discorso, naturalmente, era caduto sul gran numero di belle cose che c'erano da vedere a Venezia. E perchè la signora Eleonora aveva accennato ad una fermata piuttosto lunga, più che giustificata dal desiderio di trattenersi quanto più potesse col suo Federigo, il quale tra non molto doveva imbarcarsi per un viaggio assai lungo, il conte Aldini si prese amabilmente la briga di stendere a voce una specie di elenco, distribuito per settimane, delle gite che la signorina Margherita avrebbe potuto fare, osservando, senza troppo stancare la mamma, tutto ciò che offriva Venezia allo studio di una viaggiatrice tanto intelligente, e capace di gustare ogni cosa notevole nella storia, nell'arte, ed altresì nell'industria paesana. Questa, infatti, non andava trascurata, poichè l'industria era in Venezia una cosa tutta particolare, ed artistica al sommo.

      E l'aveva tenuta a lungo sospesa alle sue enumerazioni, inframmezzate di giuste considerazioni, di sentenze argute o profonde, passando dall'industria antica alla moderna, che rinnovellava le bellezze dell'antica, ai musaici del Salviati, ai vetri filati di Murano, ai merletti policromi dello Jesurum. Raimondo, nell'atto di discorrere colla signora Eleonora, gongolava in cuor suo di sentire i due giovani chiacchierare con tanta animazione, come se già si conoscessero da un anno.

      – Ed ora, – pensò egli, – il giovinotto farà la sua corte. Già, la paglia, messa accanto al fuoco, non può far che non bruci. —

      In quella prima visita si era subito combinata una doppia gita insulare, a Murano ed al Lido; onde la necessità per Filippo Aldini di ritornare la mattina seguente al Danieli, per accompagnar le signore. Aveva fatto da cicerone artista a Murano, da cicerone paesista al Lido, trovando anche il tempo da far da cicerone erudito nell'isolotto di San Lazzaro, in quel celebre convento dei padri Mechitaristi e nella loro famosa biblioteca orientale. Due giorni dopo, faceva la sua terza visita, per condur le signore a vedere qualche palazzo sul Canal Grande; ma a questo giro storico ed artistico bisognava rinunziare, essendo la signora Eleonora leggermente infreddata e costretta perciò a star riguardata nella sua camera.

      Filippo non ebbe dunque altro da fare che quattro ciarle di passata colla signorina Margherita. Voleva infatti congedarsi presto; ma non ne fece nulla, tanto la conversazione si era animata tra loro. Il discorso era caduto su Parma, dove Filippo era nato, e dove la signorina Margherita aveva passato alcuni giorni in quell'anno medesimo. Che bella città! Quante cose anche laggiù da ammirare! Margherita ricordava quel campanile alto alto, di fianco alla facciata del Duomo, quel campanile che si muoveva, oscillando visibilmente sulla sua base ad ogni rintocco della campana maggiore: poi quel battistero lì presso, così strano coi suoi fregi di marmo, tutti a rilievi di animali simbolici; e il ricco museo, coi bronzi di Velleia, e la biblioteca ricchissima, col Virgilio manoscritto, tutto di pugno del Petrarca, e la pinacoteca maravigliosa, coi capolavori del Correggio. Margherita possedeva un senso squisitissimo d'arte, tale da piacer sommamente a Filippo, che era mezzo pittore; e gli aveva notato, per esempio, nella Madonna detta di San Gerolamo, quella guancia della Maddalena, veduta in iscorcio, resa con tanta delicatezza di tocco, che nessuno, copiando, aveva potuto esprimere fedelmente, nè col pennello, nè col bulino, mai più. Finalmente, passando ad altro, gli aveva toccato della storia di Parma, della famiglia di lui, che vi era stata in grande onore nei secoli andati.

      Ma come sapeva ella mai tante cose? La signorina Margherita appagò facilmente la curiosità di Filippo. Al babbo avevano proposta la compera di una tenuta sul territorio parmense, verso Montechiarugolo; ed egli, per andarla a vedere e risolversi, aveva condotta con sè la figliuola. Così ella aveva veduto, osservato, studiato tante cose; così del resto ella faceva, dovunque il babbo o la mamma la conducessero. Perciò aveva notato anche il palazzo Aldini, il quale del resto attirava facilmente gli sguardi, con quei due Telamoni di pietra che fiancheggiavano l'ingresso, sostenendo il terrazzino del primo piano.

      – Ahimè! – sospirò Filippo, – il palazzo da gran tempo ha mutato padrone. Quel che possiedo ancora a Parma è in campagna.

      – Lo riscatti; – disse Margherita. – È tanto caratteristico! e in una bella strada, presso Santa Lucia. —

      Filippo non rispondeva altrimenti che con un mezzo sorriso.

      – Ma sì, – incalzò la fanciulla. – Deve riscattarlo. La casa degli antichi è sacra; se per qualche cagione si è perduta, bisogna riaverla! E per riaverla non c'è che una cosa, volere.

      – Crede Ella che basti?

      – Per cominciare, sì; – rispose Margherita; – e “chi ben comincia è alla metà dell'opra„. Le cito un verso, che non so di chi sia; ma è tanto vero! Lo ripete spesso il mio babbo.

      – Vedrò di volere; – conchiuse Filippo. – Ella mi fa riprendere amore al mio nido. —

      E pensava frattanto con grata meraviglia alle rare doti di quella ragazza, alla sua serietà di carattere, alle sue cognizioni, alla grazia, alla nobiltà del suo spirito, veramente notevoli. Se alla prima visita egli aveva incantata coi suoi ragionamenti la signorina Margherita, alla terza ella incantava lui. Ma più incantato di tutt'e due sarebbe rimasto Raimondo Zuliani, se fosse stato là, dietro un uscio, a sentirli. – Si va a gonfie vele – avrebbe egli detto tra sè, non senza stropicciarsi le mani.

      Ma non c'era; e quel giorno, sul tardi, quando Filippo Aldini si recò al palazzo Orseolo per fare la sua visita settimanale ai coniugi Zuliani dopo l'ora del pranzo, Raimondo non ebbe a saper nulla di quel colloquio, che a lui sarebbe riuscito così importante e piacevole. Egli dovette contentarsi di chiedere all'amico dove avesse quella mattina accompagnate le signore Cantelli.

      – In nessun luogo; – rispose Filippo. – La signora Eleonora era infreddata, ed io mi sono ritirato in buon ordine. —

      Era poco, era niente; ma Raimondo non aveva ragioni per desiderare di più.

      – Ebbene, – entrò a chiedere la signora Zuliani, – che impressione le ha fatto la signorina Cantelli?

      – Impressione! – ripetè Filippo,

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