La testa della vipera. Bersezio Vittorio

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La testa della vipera - Bersezio Vittorio

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su e coricato in letto il caduto, che rantolava sempre senza dar segno di cognizione, il giovane medico si accorse subito della gravità delle condizioni di suo padre. Un'orgia maggiore e più prolungata, l'emozione del giuoco, fatta più violenta dalla vistosa entità delle perdite, avevano prodotto quell'insulto apoplettico, che il figlio già da tempo aveva preveduto.

      La vecchia Marianna si affannava intorno all'infermo, fregandolo, scuotendolo, coprendolo di pannicelli caldi; inumidendogli di acqua e aceto fronte e labbra, lamentandosi, invocando santi e madonne, chiamandolo disperatamente per nome.

      – Sor Lorenzo, dica che cosa ha?.. Non mi sente! Non mi vede?.. O Dio buono! Santa Madonna del Carmine, non l'ho mai visto in questo stato!

      E, dimenticando, nello spavento di quell'istante, le forme rispettose ch'egli pretendeva da lei in presenza d'altri, anche del figlio, si lasciò scappar detto:

      – Rispondimi, Lorenzo… non lasciarmi in tanta inquietudine.

      S'accorse in quella della presenza di Emilio e del sogghigno mefistofelico cui gli metteva sulle labbra quella famigliarità della vecchia serva verso suo padre.

      – E tu che fai? gli disse con ira: non sei buono che a star lì impalato?.. È pur inutile che tu abbia studiato da medico, se non hai nemmeno appreso a soccorrere tuo padre.

      Il giovane la guardò freddamente.

      – Nè io, nè altri ha mezzo da soccorrerlo… Non c'è nulla da fare.

      – Come, nulla da fare?.. Credi che il male passerà da sè?

      – No; credo che non passerà più.

      – Non passerà più?.. Vuoi dire?..

      – Ch'egli è condannato.

      – E lo dici con quella calma!.. Ma gli è che non sai quello che dici… Sei un ignorantaccio con tutto il tuo studio… Io, sì, io so quello che gli farà bene.

      E sollecita andò ad un armadio e ne tolse una bottiglia di rum.

      – Gli volete dare di quella roba?

      – Sì, un bicchierino lo rinvigorirà… L'ho già visto altre volte.

      Emilio crollò le spalle e la lasciò fare.

      Marianna, riempito a mezzo un bicchierino di quel liquore, sollevò il capo del giacente col braccio sinistro e mettendogli colla mano destra il bicchierino alle labbra, gli disse con tono di incoraggiamento e di preghiera:

      – Suvvia, sor Lorenzo, beva questo… Le farà bene… Le ha fatto sempre bene!

      E si adoperò a mandargli giù in gola il rum.

      Lorenzo diede uno scossone, mandò un grugnito, fece un moto convulso come per respingere da sè qualche cosa che lo soffocasse, e giacque più inerte di prima.

      Allora Marianna cominciò a persuaderai che il caso era più serio di quel che avesse creduto.

      – Ci vuole un medico… Presto un medico… Giacchè tu vali quanto un ceppo… va almeno in cerca d'un dottore… Ma fa presto!.. Spicciati!.. Santa Madonna!.. E sta lì grullo come se si trattasse di un passerotto e non di suo padre.

      Emilio non disse nulla: girò sui tacchi, andò a finire di vestirsi, e uscì con tutta calma. Prima ch'egli fosse di ritorno era passata un'ora, che parve un secolo alla Marianna, e in cui l'infermo, sempre più assopito, cessò a poco a poco di gemicolare rantolando solamente in molto penosa maniera.

      Il medico sopraggiunto non potè che ripetere quanto già Emilio aveva detto: che non v'era nulla da far più e soggiunse che a momenti l'infermo sarebbe entrato in agonìa. La Marianna si mise a strillare disperatamente, cacciandosi le mani nei capelli.

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