La famiglia Bonifazio; racconto. Caccianiga Antonio

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La famiglia Bonifazio; racconto - Caccianiga Antonio

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partire, le signore lo pregavano di non abbandonarle, e gli parve perfino di scorgere una lagrima che brillava come un diamante nei grandi occhi di Maddalena; ma la lettera era pressante, e poi sentiva anche il bisogno di fuggire da quell'amore soffocato che quasi quasi gli pareva un insulto alla casa dell'ospite e dell'amico; e partì.

      L'ultima parola del colonnello fu questa: – Siamo intesi, facite judicium et justitiam… e l'altro rispose:

      – Pubblice felicitatis incrementum

      Erano parole del diploma guelfo dei Carbonari.

      Pochi giorni prima si erano abboccati coi fratelli della setta, in un sito deserto, e avevano giurato nuovamente di liberare la patria dal giogo straniero, o di morire.

      Nel viaggio di ritorno si arrestò a Brescia, Verona, Vicenza, Padova; fece una scappata a Rovigo e a Venezia, e in tutte queste provincie s'incontrava coi federati, faceva dei proseliti, formava nuovi centri carbonari, allargava le diramazioni nei principali villaggi, e stringeva i nodi d'un'ampia rete che doveva serrare nelle sue maglie l'aquila a due teste.

      Poi rientrò tranquillamente nella casa paterna, solo e disarmato, ma profondamente convinto che presto o tardi ma di certo, l'Italia sarebbe unita, libera e indipendente.

      II

      Erano passati sei anni da quella prima dimora in Brianza, quando nel maggio 1820, il capitano Bonifazio ricomparve per la seconda volta davanti la casa del suo vecchio commilitone.

      Non era ancora guarito della profonda ferita ricevuta dai grandi occhi di Maddalena, e stupiva che una così bella ragazza non si fosse ancora maritata. Ma in quella solitudine!.. egli pensava, è come un fiore delle Alpi che sboccia, profuma l'aria d'intorno, e muore senza che nessuno lo veda.

      Le accoglienze furono cordialissime. Il colonnello e sua moglie lo abbracciarono come un fratello… Maddalena impallidì.

      Bonifazio vide il pallore della fanciulla, sentì la mano di lei tremante nella sua, lesse ne' suoi grandi occhi un sentimento di tenera affezione, della quale non si era accorto al primo incontro.

      E come poteva avvedersene se non osava guardarla? non era lei che doveva confessargli il suo amore! Era partito all'improvviso, ed era rimasto sei anni senza ritornare in Brianza; anzi aveva paura di ritornarvi, e non sarebbe tornato senza la politica.

      La luce entrata per uno spiraglio non tardò a diffondersi. Venne a sapere che non mancarono alla fanciulla ottimi partiti, ma essa aveva respinto inesorabilmente ogni domanda di matrimonio. Si fece coraggio, incominciò a guardarla negli occhi: essa non evitava quegli sguardi, anzi vi corrispondeva con tale espressione che era il linguaggio dell'anima, un linguaggio eloquente per il cuore del capitano.

      Egli aveva 34 anni, otto anni di vita militare lo avevano reso robusto, sei anni di vita rurale lo avevano ringiovanito. Ella ne aveva 25, era un frutto maturo, conservato perfettamente dall'aria pura dei campi. La sorte li riavvicinava, e tutto li spingeva ad amarsi, le affinità naturali e domestiche, la riconoscenza, le memorie e le abitudini della vita.

      Le dichiarazioni furono franche, e soldatesche.

      – Maddalena, le disse un giorno il capitano, l'immensa amicizia che sento per vostro padre, è superata dall'amore che ho per voi; se vi degnate di concedermi la vostra mano io sarò l'uomo più felice del mondo, – e così dicendo le sporse la destra.

      Essa depose, senza esitazione, la sua mano in quella del capitano dicendogli:

      – Per la vita!..

      – Per la vita!.. egli soggiunse, stringendosi al petto quella mano, e vi depose un bacio rispettoso, come suggello della santa promessa.

      Poi si presentò subito al colonnello, rigido, diritto, come quando andava a presentare il rapporto nella vita militare, e gli disse:

      – Mio colonnello, sono innamorato!

      – Per la cinquantesima volta! gli rispose l'amico.

      – Per la prima volta! mio colonnello.

      Il vecchio soldato sorpreso da uno scoppio improvviso di risa, fece un'aspirazione così rapida, che il fumo della pipa gli entrò in gola, lo fece tossire, sputare, e bestemmiare con tanta violenza, che pareva soffocarsi.

      Quando tornò in calma, Bonifazio gli fece il solenne giuramento, che la sua asserzione era la pura verità. Era verissimo che aveva conosciuto molte donne, ma non ne aveva amata seriamente nessuna, o perchè nessuna aveva saputo meritarlo, o perchè le continue marcie forzate non gli lasciavano il tempo di dare l'importanza d'una passione ai suoi capricci passeggieri. Se n'era persuaso nel 1814, quando s'era innamorato seriamente per la prima volta, ma aveva amato in silenzio per sei anni consecutivi, e finalmente si era risolto di parlare…

      – Ci hai messo del tempo!.. gli rispose il colonnello, hai perduto l'abitudine della furia francese, hai contratto il contagio della flemma tedesca…

      – Non mi credevo degno della donna amata, non osavo alzare gli occhi fino a lei…

      – E adesso li hai alzati?..

      – E adesso domando la sua mano…

      Il colonnello lo guardava fisso, e cominciava a comprendere.

      Allora il capitano riprendendo la sua posa militare soggiunse:

      – Ho l'onore di domandare al colonnello Odone Palanzo la mano di sua figlia Maddalena.

      Il colonnello si gettò nelle braccia dell'amico, ridendo e piangendo, e gli mancava la parola per la commozione.

      Si recarono insieme dalla buona madre che accolse la domanda con vera soddisfazione, e concertarono ogni cosa di comune accordo. E quando nei giorni successivi, e negli intimi colloqui colla fidanzata, essa confessò a Bonifazio che lo amava fino dal loro primo incontro, e lo aspettava rassegnata, colla speranza di rivederlo, risoluta di non volere che lui o nessuno, egli non sapeva darsi pace della sua dabbenaggine, e del tempo perduto.

      E scrisse una lettera al maestro Zecchini che cominciava con le seguenti parole: «Faccio adesione piena ed intiera alla vostra prediletta teoria; sì, l'uomo è un asino! e me ne sono accorto in questi giorni, studiando la verità sopra me stesso.» Non si spiegava di più, passava ad altri argomenti, raccomandava le sue coltivazioni, ma le ultime parole del foglio confondevano il maestro, il quale restava sbalordito da questa conclusione: «ho il piacere di annunziarvi che prendo moglie.»

      Il povero Zecchini non sapeva che cosa pensare.

      Intanto l'amore del capitano Bonifazio andava di pari passo colla congiura. Al giorno godevano il sole di maggio sotto la pergola dei gelsomini, e vagavano per le colline, soffermandosi ad ammirare i lontani orizzonti, e il sorriso di primavera sulle rive dei laghi.

      Alla sera il colonnello e il capitano uscivano insieme col pretesto d'una lunga passeggiata militare, e invece si recavano ai convegni notturni dei Carbonari, tenuti in luogo sicuro.

      Era stato scelto a tale scopo un casolare incendiato nella campagna deserta, vicino a un bosco. I contadini rimasti senza tetto si erano rifuggiati altrove. Dietro alcune macchie di alberi i giovani apprendenti stavano in sentinella per dare il segnale convenuto in caso di bisogno, ai capi che si raccoglievano fra le rovine, al lume delle stelle. Ciascuno portava un nome romano, Sallustio, Orazio, Livio, Nerone, e molti di loro non si conoscevano che con questo nome. La parola di passo era: libertà vendicata. Colà il

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