Resa a discrezione. Giacosa Giuseppe

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Resa a discrezione - Giacosa Giuseppe

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style="font-size:15px;">      Quello che si dice di me. Che volete che pensi dei fatti nostri, la gente che non ci conosce, se gli amici ne fanno questo giudizio! – Noi mettiamo ogni studio a dare il peggior concetto possibile dei nostri costumi. Tolleriamo in casa dei discorsi che ci farebbero arrossire a leggerli. Se in teatro si parlasse come parliamo noi, come parlo io molte volte, tutti griderebbero allo scandalo ed alla calunnia, io per la prima. La suprema eleganza è una suprema spavalderia di sicurezza. Riconduciamo a casa, la notte, nella nostra carrozza, seduto al nostro fianco, un uomo che passò la serata a dirci che siamo belle. È vero che ce lo dicono così male! L'uomo che ci era ignoto ieri, oggi lo chiamiamo amico, gli scriviamo un biglietto domani. Ostentiamo una dimestichezza universale, senza intimità, senza poesia, e quindi senza pericoli. La poesia poteva riuscire a turbarci il cuore, ora messe al sicuro, amiamo di scherzare col fuoco. In apparenza siamo cinicamente corrotte, lo siamo timidamente in realtà. In fondo siamo scoraggite. Parliamo d'amore ad ogni momento perchè non ci crediamo più. L'amore è morto e seppellito.

FILIPPO

      Boum!!!

ELENA

      Si vede che frequentate certi amici…

FILIPPO

      E quali?

ELENA

      Sapete dove va la sera uscendo di casa nostra? Va all'ufficio, alla direzione, so io come la chiamano, di un giornale…

FILIPPO

      Ci sono stato ieri sera, la prima volta in vita mia. Mi ci ha portato un amico per vedere da vicino un uomo che sarà celebre un giorno, se campa.

MASINA

      Chi?

FILIPPO

      Un uomo che parte domani per il Polo-Nord. Pare che al Polo si debba trovare la soluzione di certi problemi di fisica. Uno scienziato.

GEMMA

      Un vecchio?

FILIPPO

      No, giovane, più giovane di me, e un bel giovane anche.

GEMMA

      Dev'esser bello, se siete andato apposta per vederlo.

FILIPPO

      Mi rincresce di non potervelo presentare.

ELENA

      Oh guardate, sarà qui a momenti. Mio zio Teodoro gli ha dato appuntamento in casa mia, perchè gli deve consegnare una certa lettera di raccomandazione, e non osa farlo salire sino al Macao. Come vedete, a volerlo conoscere non ci occorre la vostra protezione.

FILIPPO

      Sapete, Marchesa, perchè mi punzecchiate tanto? Perchè quei signori, fra cui c'è il mio amico Paolo, stanno di là a fumare invece di venir qui a farvi la corte.

ELENA

      Giusto! tanto giusto che… guardate, (va alla porta a destra e chiama) Paolo!

GEMMA (a Filippo)

      È lei che lo chiama.

FILIPPO

      La Marchesa? lo può fare senza pericolo; è invulnerabile.

ELVIRA

      Si capisce, la vedovanza le ha tolto la maggiore causa di debolezza che abbia una donna.

MASINA

      Che è?

FILIPPO

      Il marito.

ELENA (dopo aver chiamato Paolo è andata a scaldarsii piedi al caminetto a sinistra)

      Badate che sento.

FILIPPO

      Ci ho gusto. Ho detto che siete invulnerabile.

ELENA

      È vero, e mi annoio.

      SCENA II

Paolo e dettiPAOLO

      Mi avete chiamato, Marchesa?

ELENA

      Sì, mi pare mezz'ora fa.

PAOLO

      D'Almèna raccontava una storia così lepida!

ELENA

      È finita?

PAOLO

      Sì.

ELENA

      Allora rimanete qui.

PAOLO

      Oh! ancora una sigaretta! Una sola. Ci avete dato un pranzo tanto delizioso!

ELENA

      Grazie per il mio cuoco. Anzi guardate là, in quello stipetto, c'è una scatola di sigari che m'ha portato lo zio dall'Avana.

PAOLO

      Questa?

ELENA

      Sì, sono lunghi un palmo, durano tre quarti d'ora.

PAOLO

      Ah troppo! (depone la scatola).

ELENA

      D'Almèna avrà bene un'altra storia da raccontare.

PAOLO

      Vi domando perdono, lasciatemi qui.

ELENA

      Mi fate la grazia di prendere quella scatola e d'offrirne di là.

PAOLO

      Obbedisco. (via colla scatola a destra).

      SCENA III

Detti meno PaoloELENA

      Filippo, riconosco che siete il fiore della cavalleria. Quello è un uomo che mi fa la corte.

GEMMA

      Almeno si dice.

ELENA

      È vero; a segno che mi hanno già fidanzata con lui più volte.

GEMMA

      La voce è messa in giro da lui.

ELENA

      Non lo credo.

ELVIRA

      Il suo stesso contegno di or ora lo prova. Ha mostrato una scortesia affatto…

FILIPPO

      Maritale.

      SCENA IV

Detti, Paolo, Lorenzo, Enrico, D'Almèna, Del Sannio, Rulfi e RubacontiD'ALMÈNA (ad Elena)

      Siete proprio in collera?

ELENA

      Perchè in collera?

D'ALMÈNA

      Perchè siamo stati di là tanto tempo.

ELENA

      Oh!

PAOLO (mostrandole la scatola)

      Ma la scatola è intatta, non se n'è preso uno.

ELENA

      Questo è un tratto da cavaliere antico. Che discorso devo fare io per ringraziarvi d'aver risparmiati i miei sigari, e d'aver avuto pietà di noi? Se sapeste come languiva la conversazione! Un' altra volta ve ne preghiamo colle mani giunte, non private più la nostra società del suo più bell'ornamento.

D'ALMÈNA

      Il più bell'ornamento siete voi.

ELENA

      Ah! che madrigale! Pubblichiamolo subito. Signori e signore: D'Almèna mi ha detto una cosa gentile.

D'ALMÈNA

      È così facile, Marchesa!

ELENA

      E due. Fatemi la corte, D'Almèna, vi do perfino licenza

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