Dal Vangelo Secondo Giuda. Andrea Lepri

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Dal Vangelo Secondo Giuda - Andrea Lepri

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style="font-size:15px;">      «Ha ucciso il capopattuglia della Squadra Sette... ha ammazzato come un cane il vecchio Joe...» concluse Roxanne con voce tremante.

      Il brusìo cessò di colpo e una sensazione di gelo riempì la redazione, il vecchio Joe era conosciuto da tutti. Adesso i giornalisti fissavano preoccupati la ragazza, in città non si era verificato un caso di omicidio da oltre mezzo secolo e tutti avevano ormai capito che la notizia non era finita lì.

      «Vuole essere intervistato da uno di noi» proseguì infatti lei dopo una pausa interminabile. Frederick ebbe un sussulto, la sua espressione si fece cupa e pensierosa al tempo stesso, quasi come se quella notizia lo avesse turbato più del dovuto.

      «Vado io» disse scattando in piedi, era un impulsivo e aveva deciso in un lampo. Giuda lo guardò quasi deluso perché il suo amico Fred lo aveva anticipato, le occasioni per scrivere un articolo vero non erano molte e un pensierino ce l’aveva fatto. Be’, sarò più veloce la prossima volta, se mai ce ne sarà una, considerò rassegnato tra sé.

      «Mi spiace, ma questo non è possibile» replicò Roxanne guardando Freddy negli occhi, lui la incenerì con lo sguardo. Essere comandato a fare o non fare qualcosa lo mandava letteralmente in bestia, quello era soltanto uno degli aspetti del suo carattere che rendeva difficile stargli vicino. In attimo si era fatto paonazzo per la rabbia, la ragazza se ne accorse e arretrò istintivamente di qualche passo.

      «Non è colpa mia» balbettò poi con un filo di voce mettendo bene in vista il foglio, «qui c’è scritto che vuole Giuda!»

      Fred la guardò disorientato, poi squadrò il suo amico da capo a piedi e infine tornò a scrutare torvo la ragazza, come se fosse stata la responsabile della situazione. Emise un profondo grugnito d’insoddisfazione e sospirò, poi cominciò a scagliare a terra con forza ogni oggetto che aveva a portata di mano, imprecando tra sé con convinzione. Il led rosso, quella delle chiamate importanti, si accese sul suo telefono appena un attimo prima che questo si sbriciolasse contro il pavimento. Fred si fece passare la chiamata su un altro apparecchio.

      «Hey, tu! Non è ancora detta l’ultima parola!» avvisò Giuda puntandogli un dito contro, mentre questi si apprestava a uscire di soppiatto. Incuriosito, Giuda si fermò sulla soglia con l’impermeabile in mano. Come se avesse avuto davanti il proprio interlocutore, Fred si ricompose e raddrizzò le spalle, poi si riavviò i capelli mossi che sembrava volessero scappargli dalla testa in ogni direzione.

      «Sono io Eccellenza, ... non è possibile mandare lui, questo servizio è classificabile come “ad alta percentuale di rischio” e Giuda non ha l’esperienza necessaria... e poi le responsabilità... lo so che ha chiesto espressamente di lui, ma posso andare io fingendomi lui... come può riconoscermi, quell’uomo avrà letto il suo nome in fondo a qualche articolo... se la mettete in questo modo non posso fare altro che obbedire...» disse abbassando il capo in segno di sconfitta. «No Eccellenza, vi prometto che non farò di testa mia... certo, le farò avere quei rapporti... Sempre Sia Lodato... Carogna!» aggiunse poi a denti stretti dopo aver riattaccato.

      «Non finisce qui» ringhiò infine stizzito verso il suo amico, lanciandogli un’occhiataccia. Lui abbozzò un sorriso di circostanza e si avviò lungo il corridoio, dove alcuni colleghi si mostrarono prodighi di parole d’incoraggiamento e pacche sulle spalle.

      Guidando verso il Quarto Quadrante, Giuda si scoprì eccitato e preoccupato al tempo stesso. Si chiese perché quel tale avesse chiesto proprio di lui e se si sentisse pronto ad affrontare la situazione, in fondo quel pazzo aveva appena ucciso a sangue freddo un uomo. Era vero che quell’intervista rappresentava in assoluto la più grossa soddisfazione professionale che avrebbe mai potuto ottenere in tutta la sua vita, ma lui non era affatto sicuro che valesse la pena rischiare così tanto. Il telefono sul cruscotto trillò d’improvviso, strappandolo bruscamente ai propri pensieri.

      «Ciao tesoro, non immaginerai mai quello che sta accadendo» disse a sua moglie con un entusiasmo non del tutto sincero.

      «Non andarci, ti prego!» gridò lei in un tono che gli mandò il sangue in acqua.

      «Questa è l’occasione della mia vita e non dovrei andarci? ... e poi come fai a sapere già tutto? ... già, la televisione... ma che cos’hai?» le chiese mentre cercava di scacciare l’angoscia che di colpo lo aveva attanagliato, la voce dolce e musicale di sua moglie gli pareva roca, come se prima di chiamarlo avesse pianto per ore.

      «E comunque non sono io a decidere, devo andarci perché mi è stato ordinato» le spiegò dopo aver indugiato un attimo, per poter ritrovare un tono di voce normale.

      «Che ci vadano loro, se ci tengono tanto a quel maledetto articolo! Non puoi rischiare la vita per una stupida pagina di giornale!» replicò rabbiosamente Nicole accendendogli un nuovo brivido lungo la schiena.

      «Che ti prende Nicole, non ti ho mai sentita così... ti ho detto che devo andarci... ma come è proprio per questo, cosa vuoi dire? Spiegati, per favore, mi stai spaventando! ...solo un brutto presentimento? Ma dai, cosa vuoi che possa mai accadere? Ti dico che andrà tutto bene, cerca di stare tranquilla. Tra un paio d’ore sarò a casa sventolando il mio bell’articolo» tentò di rassicurarla lui mentre già cominciava a crederci di meno, «anch’io ti amo.»

      Fabien stava correndo più veloce che poteva verso l’auto, eccitazione e paura si confondevano in lunghe ondate che dal petto gli salivano fino alle tempie, stordendolo. Era operativo soltanto da poche settimane, la percezione improvvisa del pericolo gli insinuò un dubbio: si chiese se il battesimo del fuoco fosse così tormentato per tutti o se lui fosse soltanto un vigliacco, perché aveva già capito che trovarsi lì in quel momento era l’ultima cosa che avrebbe voluto. Intanto continuava a correre mentre la sua mente saltava da un pensiero all’altro, cercando di ricordare le cose che gli avevano insegnato alla Scuola di Polizia. Realizzò con un certo disappunto che il corso di addestramento gli aveva fruttato ben poco, le nozioni che avevano cercato di inculcargli in testa, fino quasi a farle diventare riflessi condizionati, gli erano scivolate via di dosso come acqua su di un impermeabile. Sapeva di essere privo dell’istinto e della determinazione che ogni buon poliziotto deve avere per natura, ogni traccia di spavalderia era ormai scomparsa dal suo volto contratto e lui sì maledì per aver desiderato, anche solo per scherzo, di poter usare gli strumenti di morte che lo attendevano nel bagagliaio. Devo fare presto, continuava a ripetersi, ma le sue gambe non gli rispondevano come avrebbe voluto. Si sentiva come se stesse correndo lungo una spiaggia e queste, immerse nell’acqua fino alle ginocchia, procedessero a rilento rispetto alle braccia che mulinavano come impazzite nell’aria.

      “A terra!” sentì gridare d’un tratto, si tuffò e scivolò sul fango finché andò a sbattere contro il paraurti dell’auto. La clavicola della sua spalla destra si spezzò strappandogli un grido di dolore, subito dopo si voltò verso la casa e gli sembrò di assistere a una scena alla moviola.

      «Resta giù!» aveva ordinato Joe a Nick nel momento in cui avevano toccato terra, un istante dopo era di nuovo in corsa con la spalla protesa in avanti. Un attimo durò un’eternità, Joe aveva gli occhi socchiusi per lo sforzo e l’angoscia, non appena impattò contro la porta fu come se questa, offesa, avesse immediatamente reagito. Un lampo di colore verde fluorescente attraversò l’anziano Capopattuglia, come se si fosse trattato di un ologramma anziché di una persona in carne e ossa, poi proseguì la sua corsa fino a far esplodere un’auto parcheggiata a trenta metri di distanza. Una mano invisibile sollevò l’uomo e lo scaraventò violentemente all’indietro, il suo distintivo rotolò nell’aria scintillando come un piccolo disco di luce.

      Adesso Joe era di nuovo steso al suolo, immobile a pancia in su, con la testa lievemente reclinata di lato. Le gambe poggiate in modo scomposto sui gradini in legno si muovevano

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