Dal Vangelo Secondo Giuda. Andrea Lepri

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Dal Vangelo Secondo Giuda - Andrea Lepri

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sospeso così tra la vita e la morte è davvero un’esperienza allucinante. C’è una piccola parte di te che resta cosciente e si alimenta di paura, del terrore di non risvegliarsi più e restare per sempre in quello stato, come un vegetale» biascicò con voce impastata, poi i suoi occhi si rovesciarono a mostrare la parte bianca e lui ricadde in una specie di sonno artificiale. Dopo alcuni minuti si svegliò nuovamente e si mise seduto, si stiracchiò lungamente perché i muscoli gli si erano fastidiosamente irrigiditi.

      «Se non dite niente significa,che è andato tutto secondo i piani» chiese all’Anziano, una velata luce di soddisfazione attraversò fulminea l’espressione di quest’ultimo.

      «E’ stata una grandissima interpretazione» ammise questi battendo piano le mani in un dolce, signorile, applauso. «Lei ha sbagliato mestiere, anziché il dottore avrebbe dovuto fare l’attore! L’idea della macchia di sangue sul fianco in corrispondenza del chip, per giustificare il possesso della pistola, è stata semplicemente grandiosa. Addirittura geniale, direi! Sono dispiaciuto che non abbiamo potuto installare delle telecamere per registrare la sua performance, sono sicuro che rivedersi le sarebbe piaciuto molto. Ma non potevamo lasciare in giro un documento simile, sarebbe stato troppo pericoloso. Lei invece che cosa pensa?»

      «Penso che due cadaveri sono troppi, e per poco non ce ne sono stati un terzo e un quarto» rispose il dottor Lorentz accigliandosi lievemente.

      «Quelle morti non erano previste, si è trattato di uno sgradevole incidente. Avevo pensato che la pattuglia numero Sette sarebbe stata la più adatta: il Capopattuglia era a un passo dalla pensione, l’autista alle prime armi e il terzo era il meno ligio al dovere di tutto il Dipartimento di Polizia. Ero convinto che nessuno dei tre avrebbe avuto intenzione di rischiare, non avrei mai pensato che il vecchio Joe si sarebbe messo a fare l’eroe. Sono sinceramente rammaricato, ma purtroppo ormai è andata così e non possiamo farci niente. Le loro morti sono state necessarie, seppure inconsapevolmente quei due si sono sacrificati per la crociata più importante di tutta la storia dell’Umanità.»

      «Può darsi che sia come dite voi, ma adesso quello con le mani sporche di sangue sono io... non ero preparato a uccidere» puntualizzò il dottor Lorentz.

      «E che cosa ha provato nel farlo?» gli chiese allora a bruciapelo Sir Jonathan.

      «...come dite, Eccellenza?» fece sorpreso il dottore, non era certo di aver capito bene la domanda.

      «Sa benissimo cosa intendo! Voglio sapere quali emozioni ha provato uccidendo quell’uomo, che sensazione le ha dato togliere la vita a un altro essere umano» precisò l’Anziano, spogliandolo della sua ipocrisia. Lorentz si rivide con il laser in mano e rivisse il terrore negli occhi dei poliziotti, riassaporò per un istante il senso di onnipotenza che si era impadronito di lui subito dopo aver ucciso Joe e non ebbe il coraggio di rispondere.

      «Dottor Lorentz, da adesso è l’unico responsabile del Settore Ibernati per quanto riguarda il Progetto Cielo. Finora ha svolto un lavoro magnifico, veda di non deludermi e avrà un futuro glorioso. Riceverà ulteriori istruzioni in seguito» annunciò Sir Jonathan, subito dopo bussò al vetro che li separava dalla cabina di guida, l’autista fermò il mezzo e lui si allontanò a piedi.

      Jodie aprì la porta della camera d’ospedale e rimase impietrita sulla soglia. La sua mano si dischiuse, lasciando cadere a terra il mazzo di fiori e il disegno che aveva preparato per Nicole. La fissava senza riuscire a dire niente, rattristata dalla vista degli aghi e dei tubi che le correvano tutto intorno e del grosso livido che aveva sulla fronte. Sua madre si era riproposta che l’avrebbe accolta con un gran sorriso tranquillizzante ma non ci riuscì, gli occhi le si fecero lucidi e le labbra cominciarono a tremarle.

      «Oh, mamma!» scoppiò a piangere la bambina correndo verso il letto, «ho avuto tanta paura! Ho visto tutto alla tivù, le ambulanze, la polizia, tutta quella gente. E quelle persone morte... perché debbono accadere queste cose, perché?» le chiese. Carezzò il pancione della mamma, che creava una collinetta sotto il lenzuolo, e la interrogò con lo sguardo. Nicole non riuscì più a tenere a freno le lacrime, tirò a sé la bambina e la strinse con tutte le sue forze.

      «Adesso è tutto a posto. Stai tranquilla tesoro, è tutto finito» le sussurrò all’orecchio evitando di guardarla negli occhi, altrimenti Jodie avrebbe capito che le stava mentendo.

      Dopo qualche giorno e molti accertamenti Giuda e Nicole furono dimessi, tentarono con tutte le loro forze di ricominciare la vita di sempre ma trovarono che niente era più come prima. Ormai avevano paura di tutto e di tutti, evitavano di frequentare luoghi affollati e ogni minimo rumore inconsueto, o talvolta anche soltanto uno sguardo da parte di qualcuno, apriva in loro la strada a un terrore tanto incontenibile quanto irrazionale. Non si sentivano più al sicuro neanche tra le mura di casa ed erano preoccupati, ancor più che per loro stessi, per il futuro di Jodie e per quello del nascituro. Continuavano a domandarsi se quello in cui li avevano invitati a venire era davvero un buon mondo, dal momento che era sufficiente il capriccio di una sola persona a generare tanto dolore gratuito negli altri.

      LA MORTE DI NICOLE

      «Allora, hai finito di prendermi in giro?» domandò risentito Freddy a Giuda, mentre giocavano l’abituale partita a tennis del martedì. Aveva deciso di riprendere a giocare dopo aver saltato per alcune settimane, per provare a darsi una scossa, ma quella mattina i suoi scambi erano finiti quasi tutti contro la rete. Fred era affannato a causa dei chili di troppo e per questo ancora più irascibile del solito, Giuda si disse che strippato in quella sua maglietta aderente, resa quasi trasparente dall’abbondante quantità di sudore della quale era impregnata, somigliava a un ridicolo salsicciotto.

      «Scusami ma non ci sono con la testa, è meglio se per oggi la finiamo qui» si giustificò incamminandosi verso lo spogliatoio.

      Fino ad allora la doccia bollente del dopopartita si era sempre portata via stanchezza e pensieri per lasciargli addosso un senso di rilassato benessere, quella volta invece non aveva sortito alcun effetto. L’ombra scura che lo accompagnava da tempo gli era rimasta appiccicata addosso come una seconda pelle, si domandò se sarebbe mai riuscito a ritrovare un briciolo di serenità.

      «Se mi hai lasciato vincere così vuol dire che c’è proprio qualcosa che non va» osservò Fred continuando a fissarlo immusonito, quasi offeso, mentre si asciugava i capelli.

      «Lo sai bene di cosa si tratta, sono molto preoccupato per Nicole. Tra poche settimane dovrebbe dare alla luce il bambino, ma alla visita periodica le hanno detto che probabilmente ci saranno problemi.»

      «Che genere di problemi dovrebbero esserci?»

      «Non ne ho idea, lei non vuole che l’accompagni alle visite e non parla praticamente più, si è completamente chiusa in sé stessa. Ogni volta che tento di affrontare l’argomento lo stronca sul nascere dicendo che andrà comunque tutto bene, ma io temo che non sarà così.»

      «Ma com’è possibile, queste cose non accadono più da decenni!»

      «E’ per via dell’aggressione. Le hanno detto che probabilmente il feto ha riportato alcuni danni, ma ancora non riusciamo a sapere in quale misura» gli spiegò Giuda. «Sono stato un vero idiota!» sbottò poi sferrando un pugno rabbioso all’armadietto metallico, «non avrei mai dovuto lasciare che entrasse in quella casa. E poi non mi era mai capitato di sentirmi così impotente, quel maledetto chip... »

      «E’ per proprio per questo, che tutti ne abbiamo impiantato uno addosso. Il chip recepisce dalle Antenne il segnale che abbassa il livello della nostra aggressività e lo trasmette al nostro corpo. E come hai potuto sperimentare di persona,

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