Dal Vangelo Secondo Giuda. Andrea Lepri

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Dal Vangelo Secondo Giuda - Andrea Lepri

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la penombra riempì la stanza Giuda lo guardò incredulo. La figura di spalle, immersa nella semioscurità, era terribilmente simile a quella dell’uomo che quella sera aveva aggredito Nicole sul retro di quella casa.

      «Capisco che per certi versi lei ha ragione, avete davvero vissuto una vicenda terribile e la vostra situazione non è facile» riprese mostrandosi lievemente indulgente, quasi come se nel fare quell’ammissione gli stesse facendo un favore, «ma ha comunque raccontato tutta la storia in modo troppo... appassionato, ecco la parola giusta. E tirando fuori la storia degli espianti agli ibernati ha fatto quasi apparire quell’uomo come una vittima, quando in realtà ha rischiato di essere il suo carnefice. Ed è pericoloso rimuovere certezze dalla mente della gente per sostituirle con dei dubbi, peraltro totalmente infondati. E’ pericoloso mettere a rischio l’ordine pubblico per narrare in chiave di pathos la storia di uno psicopatico, non dimentichi che senza l’intervento dei Tiratori Scelti avrebbe ucciso anche con lei e sua moglie.»

      Giuda scorse ancora una volta i fogli che aveva tra le mani, poi li buttò sulla scrivania con uno scatto stizzito.

      «Se il dubbio non fosse nato con l’Uomo, se questo avesse continuato ad accontentarsi delle sue piccole certezze, vivremmo ancora oggi nelle caverne!» considerò.

      «Su questo ha perfettamente ragione. Ma il Mondo adesso ha raggiunto l’equilibrio, è arrivato a un punto in cui va perfettamente bene così com’è» tagliò corto l’Anziano usando un tono che non concedeva diritto di replica, poi lo scrutò serio in attesa delle sue scuse.

      «Aldilà di tutto, sono davvero spiacente. Non pensavo che il mio articolo avrebbe generato così tanti problemi» ammise allora Giuda mostrandosi pentito, dopo una breve riflessione aveva concluso che l’unico modo per liberarsi di quell’uomo era dargli ragione.

      «Sappiamo che lei ha agito in buona fede, per questo il Consiglio ha deciso di concederle un’altra opportunità. Ma veda di non sprecarla, altrimenti saremo costretti a farle lasciare questo lavoro, che ama in modo particolare, per un altro che le risulterebbe sicuramente meno gradevole» lo avvisò l’Anziano. Senza attendere la sua risposta uscì sul terrazzo, saltò in sella al suo monojet e sfrecciò via veloce, fino a scomparire tra le nubi basse.

      Il tempo passava veloce e la situazione non migliorava affatto, anche Jodie, malgrado gli sforzi dei suoi genitori, era costretta a subire ogni giorno di più la pesantezza del clima domestico. Inoltre aveva cominciato a fare domande alle quali loro non sapevano cosa rispondere, era entrata nel momento della sua vita in cui non sei più un bambino ma neanche un adulto, di conseguenza loro non sapevano più come trattarla e come comportarsi con lei. Per interrompere quell’assurda routine, fatta di paure e angoscia, Giuda e Nicole decisero di trascorrere un fine settimana in montagna.

      Quella sera, le ombre create dalle fiamme giocavano coi loro volti immobili, la brace scoppiettava diffondendo l’aroma dolciastro della resina a creare un’atmosfera quasi natalizia. Nicole si era seduta in poltrona e non riusciva a smettere di fissare il caminetto, quasi ipnotizzata dal fuoco. Sentiva di avere le guance e il collo caldi e coloriti, grazie anche agli effetti del distillato di linfa di abete che stavano sorseggiando. Giuda era seduto accanto a lei e continuava ad ammirare la perfezione dei suoi lineamenti, stupendosi una volta di più di come, in ogni momento e in ogni situazione, riuscisse suo malgrado ad apparire meravigliosamente bella. I capelli avevano preso i riflessi del mogano e incorniciavano l’ovale bronzeo, sul quale risaltava la bocca dalle labbra piene. Sul suo volto spiccavano gli occhi scuri tagliati in modo vagamente orientale, che gli ispiravano la voglia di perdersi per sempre in quelle profondità fino a dimenticarsi di esistere. Un canarino festoso uscì dall’orologio a cucù, li informò che era la giunta mezzanotte.

      «Che cosa accadrà...» mormorò Nicole, quasi lo stesse domandando al fuoco più che a se stessa o a lui. Aldilà del vetro appannato, giù per il costone della montagna, stavano scendendo le torce di una fiaccolata di paese.

      «Non lo so, so soltanto che non voglio perdervi... e invece, nonostante tutti gli sforzi che stiamo facendo per evitare di affrontare la situazione e di cercare una via d’uscita, è proprio quello che sto rischiando. A volte mi sembra di impazzire, ed è tutta colpa mia...» rispose Giuda. Nicole deglutì più volte per ricacciare indietro il groppo che sentiva in gola, poi andò ad accoccolarsi sulle sue ginocchia e si strinse tra le sue braccia.

      «Possiamo soltanto aspettare e vedere cosa accadrà, non abbiamo altra scelta. Io sono fiduciosa, in fondo siamo sempre riusciti ad uscire dalle situazioni difficili, anche se allora era diverso perché dipendeva solo da noi.»

      «Che cosa vuoi dire?» le chiese perplesso lui. «Da chi altri dipende la soluzione dei nostri problemi?» insisté, le prese il viso tra le mani e lo girò delicatamente verso di sé per guardarla negli occhi. Lei cambiò espressione e lo guardò come le fosse appena sfuggito qualcosa che non voleva o non poteva dire, ma subito dopo tornò a fissare le fiamme del camino. «Possiamo soltanto aspettare» ripeté rassegnata, senza spiegarsi. «Sono sicura che tutto si risolverà per il meglio, ma anche se qualcosa andasse storto e dovessi davvero perdere la vita per far nascere il nostro bambino, gli anni che ho trascorso con te e Jodie mi avranno ripagata di tutto questo tormento» aggiunse poi sottovoce, come per cominciare ad abituarsi all’idea. Era la prima volta che affrontavano questo discorso, l’eventualità di trascorrere il resto dei suoi giorni senza di lei passò fugace nella testa di Giuda, che si sentì sprofondare in una voragine senza fine.

      «Una soluzione ci sarebbe» sussurrò evitando di incontrare i suoi occhi, lei lo guardò turbata perché aveva paura di quello che lui le avrebbe detto.

      Gli occhi di Ann erano di uno splendido colore verde mare ma tagliati in un’espressione lievemente arcigna, i corti capelli neri mettevano in evidenza i suoi lineamenti fini e regolari. Pur non essendo canonicamente bella aveva un certo magnetismo nello sguardo, quando sorrideva mostrando i denti candidi non era facile staccare gli occhi dal suo volto vagamente mascolino. Continuava a guardarsi le mani, che si muovevano nervose tamburellando sulla scrivania mentre cercava le parole più adatte. Non temeva in alcun modo l’uomo che aveva davanti, ma era molto orgogliosa e dover ammettere quella piccola macchia professionale la seccava.

      «Qualcuno si è introdotto nell’Archivio Storico» annunciò infine semplicemente, quasi con rassegnazione.

      «Ma com’è possibile? Il sistema informatico è protetto da un labirinto di miliardi di combinazioni, analizzarle tutte per arrivare alla password definitiva è praticamente impossibile» replicò l’Anziano, incredulo.

      «Hanno installato un programma che si auto evolve. In base alle varianti degli errori commessi nei diversi tentativi di trovare la soluzione, arriva gradualmente a pensare come la persona che ha installato la password. Gli è bastato girare indisturbato all’interno del sistema per pochi giorni, attraverso un terminale satellite collegato alla rete.»

      «Come lo avete scoperto?»

      «Una volta passato lo sbarramento, il Server Centrale rivela automaticamente la violazione e cambia immediatamente la password. Ma stavolta non è stato abbastanza veloce, perché il programma intruso ragionava molto più rapidamente.»

      «Siete almeno riusciti a individuare il terminale spia?»

      «Per ora sappiamo solo che è situato nel Nono Quadrante, ma ci stiamo lavorando sopra e spero che potremo essere più precisi in capo a qualche giorno. Dobbiamo ancora analizzare i tempi impiegati per la trasmissione dei dati e le distanze percorse dai files, si lavora su miliardesimi di secondo perché esistono terminali vicinissimi tra loro.»

      Sir Jonathan provò un fastidioso senso di oppressione al petto. Ancora una volta, e soprattutto in un momento delicato come quello, qualcuno stava cercando

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