Un Gregario Solo Al Comando!. E. T. Palwin

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Un Gregario Solo Al Comando! - E. T. Palwin

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mai vecchio e solo. Non si è mai preoccupato delle vittorie personali, cercando d'essere un punto saldo per la squadra. Già, un ciclista di valore anziché di successo. Ora è tutto cambiato, poiché il tavolo da gioco è stato capovolto! Sono in tanti e lui da solo. Faranno gruppo, come egli stesso ha insegnato. Così facendo, ogni possibile attacco fallirà sul nascere. Dunque serve qualcosa di mai visto. Il toro dovrà morire, pur in apparenza. In un attimo decide che non si vedrà alcuna locomotiva bovina a spingerli, indirizzarli e a sfiancarsi per il bene comune. Sì, perché se all'arrivo vorrà presentarsi in testa, prima di tutto dovrà dimostrare di averne una.

      «Bicicleta, esposa, filhos...» Non termina quel mantra ed è già questa una novità assoluta. Il toro sta cadendo in catalessi.

      Tuttavia ci vuole dell'altro. Serve una visione, una favola dal cielo, un segno tracciato nell'azzurro che dall'alba ha conosciuto solo splendido sereno. E allora, nuvole alla deriva, correndo dal mare, rispondono presente. Si accalcano e si spingono in un tuoneggiar la carica in lontananza! L'aria nei polmoni è elettrica. Presto piangeranno la sua azione. Lo avverte nell'anima: loro saggeranno il temporale, lui godrà del successivo arcobaleno.

      Tutto è pronto. Mentre il presidente bisbiglia nell'orecchio del favorito, per contro Max si rivolge alla vittima designata: «Non aver paura di usare il tuo coraggio. Oggi nessun gregario…»

      Lanfranco Astrale si fa da parte. Si può iniziare.

      «Pronti, partenza e... Via!» comanda il direttore.

      Presa velocità i ragazzi si guardano intorno, come avessero perso il nord della bussola. Dietro a tutti, lui è seminascosto, in attesa che dettino l'andatura. Veloce o lenta li tallonerà. Solo in caso di fuga individuale, come uno squalo assassino, emergerà dal fondo, inseguendone l'odore adrenalinico del sangue.

      «Vamos laaah!» grida, forzando la reazione istintiva del rivale più atteso. «O que, paura de me Giani?»

      «Aspetta, spegni i razzi!» urla inascoltato Giansante, al primo veemente tentativo d'allungo di questo. Il compagno, infatti, già al giro numero 4 è partito come un indemoniato. Di nuovo uno scatto furioso al giro 13. Poi riprova al numero 25, 49 e 64, e ancora un'ultima disperata volta al giro 71, ma senza successo. La loro giovane punta di diamante è stata ripresa ogni volta con apparente facilità. In quel circuito ovale, fatto girone dell'inferno, tentando di scrollarsi di dosso il Vecchio Ciclista, ha finito per doppiare gli altri. Neppure ci ha fatto caso, tanta la foga messa in tutti quegli scatti ripetuti, condotti a perdifiato e privi di logica. Ritrovatisi in fila indiana, e abbandonata l'intenzione di staccare un Valmontedo nuovo e irriconoscibile, per una dozzina di giri, Sardena si consegna all'inerzia del passo altrui, incamerando ossigeno prezioso. Nondimeno nella penultima curva parabolica dell'ultimo giro, appena prima del rettilineo, sorpresa! Riecco la carica del toro, che tornato dal suo stato di morte apparente, si fonde con lo squalo, così da ottenere un mix sovrannaturale di forza e spietato istinto predatorio. Scatta avanti 7 metri, poi, oltre il traguardo intermedio del giro 84, come stabilito nel pregara, imbocca l'uscita, dirigendosi fuori dal complesso sportivo, verso la Stradaccia. Di lì, svolta a destra, prendendo la direzione del mare, dove incombenti nuvoloni neri, troneggiano, tuoneggiando sempre più insistenti.

      Come svegliatosi di soprassalto da un sogno nebuloso, pur confuso, il ragazzo gli è rimasto vicino. I compagni d'avventura hanno continuato a girare in pista, lasciandolo solo col nemico? Impiega qualche minuto prima di realizzare che in verità è stato lui a lasciarli indietro, correndo soltanto per sé.

      «Ho fatto un casino» ammette amareggiato.

      Riflettendo, capisce che rallentare per aspettarli, servirebbe solo a lasciare via libera all'avversario. No, sono professionisti: sapranno riportarsi sulla testa della corsa.

      Frattanto, due splendide ePrixus bianche, con stampigliati su cofano e sportelli i loghi di vari sponsor e più in grande dello stesso Team Astrale, e con sul tetto rastrelliere portabici color arancio, caricate con una singola bicicletta di scorta per ciascun mezzo, procedono lungo il percorso stabilito, rispettivamente 30 metri avanti e dietro i fuggitivi. Nella prima in avanscoperta, che avanza con l'inconfondibile fruscio elettrico, il conducente e il direttore si accertano che non si presentino ostacoli o insidie per i corridori. A chiudere l'esiguo corteo, l'altra vettura con a bordo il presidente che borbotta: «Ha spinto dall'inizio per colpa della mia “carota”.»

      Prossimi al mare, ma ancora in discesa, Max si sporge dal finestrino, precipitoso! In piena traiettoria c'è una buca larga e profonda. Con ampi e vistosi gesti, richiama l'attenzione del Toro che sopraggiungendo, di rimando, fa segno d'aver visto.

      In quel tratto l'andatura è sostenuta, così nonostante l'aspetti, evita l'ostacolo per pochi centimetri. Gianni neppure s'accorge dello scampato pericolo. Imparata la lezione, più che guardarsi attorno, si preoccupa di avanzare come fosse un tutt'uno con l'uruguaiano.

      Scattare, rallentare, andar di qui o di là, non fa differenza. Sta optando per una strategia diversa rispetto al velodromo: stare alla ruota, farsi portare e attendere gli ultimi chilometri per la beffa conclusiva, oppure no, che arrivargli a ridosso basterebbe per saperlo ugualmente sconfitto.

      Sul lungomare di Fiumarola, girato intorno all'obelisco della piazzetta, vedono venirsi incontro gli inseguitori. Il loro gap è di circa 800 metri. Il campioncino prende male la notizia. Piuttosto che recuperare, Davide, Eric, Mirko e Leon hanno perso terreno.

      Per circa mezz'ora, restando in scia, rimugina sul pasticcio combinato nel velodromo. Quando mancano 50 km al termine, feroce, si lancia in un nuovo attacco, ma questa volta in salita, la sua specialità! Qui, né il toro, né l'alter ego squalo, mostrano la reazione convincente vista da principio. Sull'Ovarolo il distacco è impietoso: 57 secondi!

      Da quando ne ha memoria, Valmontedo è stato limitato dalla squadra al ruolo di comprimario. Paradossalmente, questo lo ha fatto sentire libero. Si è potuto spendere senza assilli, sollevato dall'ansia del traguardo verso cui presentarsi per un giudizio di insieme. Tuttavia, ora che è padrone di correre soltanto per sé, vede emergere dubbi e incertezze. Fin dove potrà spingersi e qual è il limite oltre cui crollerà?

      «Elisabeth vai perder!» grida sull'ali del vento della montagna, giunto all'ultima spinta di pedale, la più dolorosa in cima a quella salita infernale. «Eu te perco, eu perco tudo!»

      Preda dell'angoscia di mancare l'arrivo più importante, inizia a forzare con la violenza del vulcano, poiché la discesa, appena sopraggiunta, già lo invita a non disperare oltre. È il terrore di perderla, che alimenta la paura della vera solitudine, che si getta nell'amore per quei figli, che sfocia nella passione immensa per questo sport, che paventa la delusione della sconfitta in questa gara, che si fa rabbia per quanto accade ora, che genera nuovo terrore, cosicché tutto ricominci con nuova forza ciclica, eruttiva, ciclonica e distruttiva che è altro terrore fattosi paura; la paura, amore; l'amore, passione; la passione, delusione; la delusione, rabbia e ancora questa rabbia, altro terrore, che di nuovo muove lava incandescente nel suo cuore possente e temerario, fuggito per un giorno soltanto al destino d'eterno gregario.

      Scagliato in basso dai muscoli in fiamme, è un dardo sapiente che schiva muretti in successione, graffiando l'asfalto a colpi di pedale.

      «Piuttosto la morte!» stride l'uomo, sfidando gravità e istinto di sopravvivenza, quale archetto impazzito su di un violino a due ruote.

      «Non mi starai davanti!» scrive a ogni curva con la gomma di ambo i tubolari bollenti, affamati di una vittoria fin lì sconosciuta.

      Ripreso l'avversario, e perfino superato di slancio, ora sfida la tempesta di pioggia e fulmini che, dal mare, già morde terra.

      Tuttavia,

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