Le Tessere Del Paradiso. Giovanni Mongiovì

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Le Tessere Del Paradiso - Giovanni Mongiovì

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aveva capito molte cose di quell’uomo. Per certo era uno degli eunuchi, nonostante egli non l’avesse mai detto. Il tono della voce, la strana cantilena, l’assenza di barba, i lunghi capelli intrecciati, i monili, la delicata sciarpa che gli ricopriva il collo e il trucco gli davano un’aria più femminile che maschile.

      «Siete venuto per discutere dei mosaici?» chiese Alessio affinché quello andasse al dunque.

      «No, mi chiedevo soltanto come mai un uomo che se ne sta rinchiuso per tre anni non senta la necessità di incontrare una donna. Che non c’entri in questo quel monachello che vi gironzola intorno… Forse gradite altro?»

      Alessio capì l’allusione, tuttavia evitò di scavare a fondo pur di non scoprire se si trattasse di una sorta di proposta.

      «Sono un uomo che si attiene ai detti di Dio!» rispose invece, lasciando trasparire tutto il suo senso di religiosità.

      «Eppure avete ucciso un uomo…»

      «Il caso verrà riesaminato e io verrò scagionato da tutte le accuse.»

      «Ma per intanto rimanete quello che il mondo vi crede: un assassino! Ho chiesto in giro e sembra che abbiate ucciso un certo giudeo messinese.»

      Alessio stava per spazientirsi, nondimeno si trattenne quando l’altro disse:

      «Sappiate comunque che non vi condanno. Chi sono io per giudicare i motivi che vi hanno spinto ad una azione del genere? Parlatemi di questa donna… Zoe.»

      Alessio si chiese come facesse a sapere così tante cose di lui, tuttavia era la prima volta che qualcuno si interessasse ai motivi del suo viaggio in Sicilia. Forse Mattia, al pari di una donna sfaccendata e curiosa, amava impicciarsi nei fatti altrui. Comunque sia, sentire dalla bocca di qualcun altro quel nome, Zoe, lo fece quasi commuovere. Probabilmente fu per disperazione, per quel peso maggiore della prigionia che si portava sul cuore, che Alessio sentì di potersi fidare dell’eunuco.

      «Zoe è la mia unica figlia.» rispose.

      «Siete venuto fin qui per vostra figlia?»

      «Per lei e per la promessa che feci ad una donna morente.»

      Mattia si sporse in avanti, appoggiò il mento sul pugno, fissò il gomito sul ginocchio, e spiegò:

      «Per quanto voi abbiate passato gli ultimi tre anni recluso tra quattro mura, sappiate che in vita siete stato più libero di me… La mia condanna è stata eseguita già durante la mia fanciullezza, cosicché il resto della mia esistenza è stato segnato per sempre. La mia prigione è il ruolo che ricopro in questo Palazzo: custode dell’harem, guardiano delle donne, servitore del Re e soprintendente ai bisogni della Regina… un ruolo segnato sul mio corpo. Dunque non stupitevi se vi chiedo di parlarmi di voi, poiché il vostro racconto rappresenta una delle possibili vite che avrei potuto vivere se non fossi stato recluso in questa condizione di prigionia.»

      Alessio provò tenerezza per quell’uomo.

      «Quanti anni avete?» chiese perciò curioso.

      «Trentadue.»

      «E da quanti anni fate parte del seguito del Re?»

      «Divenni valletto di Ruggero all’età di nove anni. Temo tuttavia che la mia vita non possa paragonarsi alla vostra. Se continuassi a rispondere alle vostre curiosità sono sicuro che vi annoierei. Sappiate solo che anche nella mia vita c’è una donna, una giovane sorella che amo più del sole.»

      «Conoscete quindi il sentimento che muove il mondo, mio Signore! Bene, vi dirò di Zoe… Conobbi sua madre molti anni fa, venticinque per l’esattezza, durante una visita sull’isola di Corcira. In quegli anni ero un giovane apprendista che si stava affrancando con successo dall’insegnamento del suo maestro. Essendo quindi il mio servizio a buon mercato, venni assoldato per un lavoro da un certo notaio dell’isola. Questi mi chiedeva la stesa di un mosaico pavimentale in opus sectile21 come abbellimento della cappella privata della sua famiglia. Benché si trattasse di un’arte molto complicata, mi gettai nella sfida sicuro che non avrei fallito. Fallii tuttavia come uomo timorato di Dio quando mi imbattei nella moglie del notaio, una donna dalla bellezza sconvolgente dieci anni più grande di me. Non so ben dire se fui io a corteggiare lei o se fu lei a sedurmi; la mia mente era annebbiata dalla passione e il mio cuore in preda ad un turbinio di emozioni. Ci vedemmo clandestinamente per due mesi, quindi, determinato ad allontanare da me la tentazione e ad acquietare il senso di dannazione che andava crescendo nella mia anima, scomparvi senza neppure completare l’opera. Col tempo la mia mente dimenticò il viso di quella donna e il mio cuore barattò l’amor carnale per quello sacro. Divenni intanto famoso e ricco come mai avrei immaginato. Ritrovandomi tuttavia un giorno in meditazione con me stesso e guardando i miei capelli grigi, riflettei che in luogo della fama e del denaro avrei preferito l’affetto di una famiglia. L’archimandrita22 di un monastero, un amico d’infanzia, mi consigliò allora di scegliere la solitaria contemplazione di Dio e di prendere i voti… mi propose quel tipo di famiglia che è il monastero. Quando io però gli chiesi se sarebbe stato saggio riavvicinarmi ai rimpianti di gioventù, lui mi rispose che un uomo che rimugina sui rimpianti per certo non ha mai smesso di praticare il peccato nel suo cuore. Gli dissi allora di essere venuto a sapere che il marito di quella donna era morto e che i miei sentimenti si erano destati a causa di quella notizia. Lui mi spiegò quindi che se non l’avessi rincontrata non avrei mai potuto scoprire quello che la Volontà Divina desiderava per me. Partii immediatamente per Corcira e dopo poco tempo ritrovai la donna che molti anni prima mi aveva indotto al peccato. La ricordavo splendente… bella, ed invece adesso avevo di fronte una persona vecchia e malata. La ritrovai distesa sul suo letto e, tenendole la mano, le giurai comunque che questa volta non l’avrei abbandonata. In fin dei conti mi sarebbe bastato considerarla un’anziana madre. Ma lei, lusingata per la mia offerta benché ormai senza alcuna voglia di vivere, mi fece giurare per Dio di renderla felice in un’altra maniera. Mi disse di aver avuto un’unica figlia, una bambina che lei aveva amato più di ogni altra cosa, e che tale creatura era il frutto del nostro amore clandestino. Rimasi sbigottito, eppure sorrisi come se quella fosse la notizia più felice che un uomo potesse ascoltare. Quando nondimeno vide la mia gioia, turbò la sua espressione e pianse. Mi disse che Zoe era stata presa durante il saccheggio dell’isola da parte dei siciliani nel 1147, secondo il vostro calendario. Era stata catturata il primo giorno ed esposta sulla piazza in quello successivo. Lei le era stata accanto tutto il tempo, finché un nobile siciliano, un comandante di galea molto apprezzato tra i suoi, non aveva voluto comprarla ad un prezzo talmente alto da superare qualunque tentativo di riscatto da parte del notaio suo marito. Mi chiese quindi di ritrovarla e di riscattare ad ogni costo la sua libertà. Stetti al capezzale di quella donna per un’intera settimana, e quindi, ad un certo punto, mi disse:

      «Non capite come sarebbe cambiata la sorte della mia amata Zoe se voi non ve ne foste mai andato?»

      Compresi allora tutta la mia responsabilità nella faccenda. Adesso, oltre al desiderio di avere una famiglia, nacque in me l’obbligo verso il mio sangue. Era chiaro che la Volontà Divina mi stesse parlando nel più comprensibile dei modi…

      Lei morì due giorni più tardi e io salpai per queste terre subito dopo averle chiuso gli occhi.

      Giunsi a Messina l’estate di tre anni fa, intento ad arrivare a Palermo e trovare Zoe. Passai alcuni giorni in un monastero di rito greco sulle montagne che spingono quella città verso il mare, e dunque, mentre facevo la spola tra quel luogo di contemplazione e il mercato, venni a sapere che quel noto comandante di galea soggiornava da alcuni giorni nei pressi del porto. Quella era la mia occasione… Dio mi stava mettendo dinanzi alla soluzione e per certo

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<p>21</p>

Opus sectile: antica tecnica artistica che utilizza marmi e paste vitree tagliate ad hoc per realizzare intarsi pavimentali e parietali.

<p>22</p>

Archimandrita: superiore di un monastero di rito greco ortodosso.