Le Tessere Del Paradiso. Giovanni Mongiovì

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Le Tessere Del Paradiso - Giovanni Mongiovì

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che sappia che questo condannato a morte sia suo padre. Però, se davvero volete farmi piacere, continuate a portarmi sue notizie. Io guarderò da oggi in avanti le merlature di quel palazzo, immaginandola secondo la vostra descrizione.»

      Così Mattia si conquistava la fiducia di Alessio ed instaurava nel suo cuore quel tipico senso di gratitudine che assoggetta gli uomini sinceri a chi è datore di bene.

      «Maestro, sembra che a quell’eunuco gli stiate a cuore.» commentò Onesimo, vedendo Mattia andarsene.

      «Vedi quelle merlature laggiù, ragazzo?» indicò Alessio, interrompendo il più giovane.

      «Le vedo.»

      «Devi fare una cosa per me. Va’ fin lì e informati se quel palazzo è davvero quello di Giordano di Rossavilla.»

      «Non vi fidate dell’eunuco?»

      «In vita mia non ho mai ricevuto del bene disinteressato e intendo valutare se costui è sul serio un’anima sincera e pura come dice.»

      «Vi ha fatto il nome di Giordano di Rossavilla benché voi non glielo aveste detto; perché pensate che vi stia mentendo?»

      «Non lo penso, desidero solo accertarmi del contrario. E poi il nome di quel farabutto non sarebbe difficile scoprirlo, visto che è colui che mi ha accusato dell’omicidio del giudeo.»

      Lo stesso pomeriggio Onesimo andò e tornò dal palazzo indicato da Mattia e diede conferma circa l’effettiva proprietà di Giordano di Rossavilla, ovvero il nobile che aveva testimoniato contro Alessio e che tratteneva Zoe. Adesso il maestro d’arte non aveva più motivo di dubitare di Mattia e attribuì l’interesse nei suoi confronti ad una forma di attrazione verso la figura di uomo-padre che lui rappresentava.

      Venne tuttavia presto il momento in cui la fiducia e la gratitudine di Alessio nei confronti di quell’uomo dovette essere provata.

      Il 7 di novembre Mattia si presentò con le stesse dinamiche della prima volta. Il rumore della chiave nella serratura svegliò Alessio e questi immaginò che fosse proprio l’eunuco. Il servitore del Re aveva alcuni graffi sul collo e i vestiti strappati in più parti, inoltre piangeva e si copriva la bocca come farebbe un bambino che ha subito un’ingiustizia e intende trovare conforto nel genitore.

      «Cosa vi è capitato?» chiese Alessio, mettendosi in piedi e porgendogli una spalla.

      Lo fece poi accomodare e gli porse dell’acqua.

      «Parlatemene, vi prego.» lo esortò ancora.

      «Il gaito23 Luca, è stato lui a ridurmi così.»

      «Chi sarebbe costui?»

      «Uno degli eunuchi del Re la cui parola vale molto a Palazzo.»

      «E perché l’avrebbe fatto, figliolo?»

      «Perché ho rifiutato di sottostare alle sue angherie.»

      «Di cosa state parlando?»

      «È dalla mia tenera età che il gaito Luca si approfitta della mia fragilità… e io ho sbagliato a crederlo come un padre e a fidarmi delle sue carezze.»

      Alessio comprese quale sorta di storie scabrose si consumassero tra le mura del Palazzo. Si chiese come un eunuco potesse abusare sessualmente di qualcun altro, ma trattenne la sua curiosità pur di non scoprire la vergogna di quegli uomini.

      «L’avete rifiutato?»

      «Sì, e lui ha reagito così perché non era mai successo che lo respingessi… Ma, credetemi, non potevo acconsentire dopo quello che ho scoperto.»

      Dunque Mattia avvicinò il viso e disse a bassa voce:

      «Cose pericolose… cose che vi riguardano!»

      «La gente dovrebbe smetterla di interessarsi di me, piccolo e insignificante uomo quale sono! Parlate! Cos’altro succede che dovrei sapere?»

      «Prima prendete questo.» invitò Mattia, porgendo sulla mano di Alessio un nastro azzurro.

      «Cos’è?»

      «Un nastro per capelli che ho raccattato dalla strada stamani, subito dopo che una bellissima donna l’aveva perso.»

      «È di Zoe?» domandò concitato Alessio, stringendo il pugno e il nastro tra le dita.

      «È il suo.»

      «Voi ogni giorno mi rendete felice e turbato allo stesso tempo! Potessi io vederla passare anche da lontano…»

      «Ve la porterò qui! Ma mi ci vuole tempo, Mastro Alessio…»

      «Davvero lo dite?»

      «Ve lo giuro! Tuttavia il gaito Luca minaccia anche voi oltre che me. Egli intende proporre il suo maestro d’arte per la messa in opera del mosaico della sala. Sapete cosa significa se la spunterà?»

      «Ritornerei a Messina per continuare a marcire nelle segrete del carcere…» ragionò Alessio con lo sguardo perso nel vuoto ed il groppo in gola.

      «E che ne sarebbe di Zoe? Proprio ora che sono riuscito ad avvicinarla…»

      «Lasciatemi parlare con il logotheta Basilio. È lui il mio garante.» esclamò l’abile artista, mettendosi in piedi.

      «No, no… Basilio può ben poco contro il gaito Luca. Se questi si è messo in testa di farvi cacciare è proprio perché odia il logotheta e intende screditarlo agli occhi del Re.»

      «Mi usano per i loro intrighi di corte!»

      «Ma voi… voi soltanto… potete fare ancora qualcosa.» disse con voce bassa e sobillante Mattia.

      «Cosa può fare un povero prigioniero dinanzi alla malignità che intende ucciderlo?»

      «Colpire d’anticipo! Per adesso solo io conosco le intenzioni del gaito Luca. Mettetelo a tacere prima che sorga il sole e si presenti al Re.»

      Alla sua ultima frase l’eunuco accompagnò un gesto ben più esplicativo. Venne dunque fuori dalla larga manica di morbida seta una lama affilata.

      Alessio parò le mani davanti a quell’arma e si voltò sdegnato.

      «No… questo è troppo!»

      Mattia allora prese a piangere e ribadì:

      «Non capite che questa è l’unica possibilità di vedere vostra figlia? Vi farete ammazzare se non lo fate! Vi porteranno a Messina e non aspetteranno ancora molti giorni prima di appendervi al cappio. La vita del gaito per la vostra… E riscattate anche me dal peccato a cui mi conduce da anni quell’essere spregevole!»

      «È per me o per voi che me lo chiedete?»

      «I nostri interessi coincidono, Mastro Alessio, ed inoltre la vostra causa mi sta a cuore come se fosse la mia.»

      «Fatelo voi!» respinse determinato Alessio.

      «Il mio polso è debole e il mio cuore è tenero. Forse finirei per farmi soggiogare ancora una volta dai desideri di quell’uomo…»

      «Al

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Gaito: dall’arabo qā’id, letteralmente “capo”, “leader”. Nella Sicilia normanna indicava i funzionari di Palazzo e i membri della Regia Curia. Di norma i gaiti erano musulmani convertiti al cristianesimo e poteva trattarsi di eunuchi. La parola entrò nella lingua latina come gaytus, volgarizzato gaito.