Lo Spirito Del Fuoco. Matteo Vittorio Allorio

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Lo Spirito Del Fuoco - Matteo Vittorio Allorio

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sacerdotesse di Numit hanno anche visto un barlume di speranza in questo oblio, il ritorno dello spirito del grande Ashar, l'unico in grado di salvarci.

      Ora apri bene le orecchie, quello che sto per dirti è vitale».

      «Grazie per avermelo imprigionato giovane astro».

      Una voce penetrante risuonò nel bosco accompagnata da una forte risata maligna.

      Lo sguardo di Santos mutò in un istante e gli arbusti si ritrassero veloci.

      «Prendi, Zeno!», Santos scattò contro un albero lanciandogli un grosso pugnale dall’impugnatura dorata, che però finì tra le foglie davanti ai suoi piedi. Jack, ancora dolorante per la caduta, si sentì svenire.

      Un forte bagliore illuminò la vegetazione e una figura comparve dal nulla.

      «Jack!» urlò l’astro pronto allo scontro.

      Il bagliore e il forte urlo riportarono il ragazzo alla realtà tutto d’un colpo e in preda al panico, raccolse velocemente l'arma senza accorgersene.

      Appena la luce svanì, la figura che gli si presentò davanti fu quella del gobbo. Con gli occhi spalancati e incredulo, Jack arretrò di alcuni metri. Le tempie bruciarono e nessun pensiero riuscì a dargli una spiegazione. Del vecchio impacciato nessuna traccia. Di fronte a lui, un individuo dalle stesse sembianze ma dal corpo diritto e possente.

      I rami si mossero repentini colpendo in pieno la figura facendola volare nel verde circostante.

      «Corri Jack!», si tuffò Santos tra i cespugli pronunciando nuovamente parole incomprensibili.

      Jack restò immobile, solo e spaventato. Poi, un brivido lo percorse lungo tutto il corpo. Un tremore, quello, che lo sbloccò all'istante. Improvvisamente tornò lucido e, senza pensarci, si voltò e iniziò a correre a perdi fiato stringendo forte l'elsa del pugnale. Di pregiate fattezze, l’arma sembrava uscita, come il suo proprietario, da un film hollywoodiano.

      Dopo alcuni minuti senza tregua, scavalcando la fitta vegetazione, rallentò esausto. In quelle condizioni, il suo fisico non si mostrò efficiente come doveva. I duri ed estenuanti allenamenti, a cui si sottoponeva da anni in palestra, sembrarono vani e con i muscoli sempre più dolenti a ogni movimento, la paura si impossessò di lui.

      La macchia verde iniziò gradualmente a diminuire lasciando così spazio agli immensi campi di grano. Sudato e pervaso da forti capogiri, continuò a correre senza fermarsi.

      Santos, ormai troppo lontano.

      Poi, una luce violacea apparve in lontananza davanti ai suoi occhi.

      «Corri Zeno!», sbucò veloce l’astro dagli alberi lontani alla sua destra. «Salta dentro, muoviti!» urlò.

      Jack, nel panico, non seppe cosa fare. Nei suoi timpani, solo più l'assordante rumore del suo affannato respiro. Si girò di scatto.

      Il vecchio aveva ormai raggiunto Santos.

      Dalla rugosa mano esplose una lingua di fuoco che, ignorando l'astro, si diresse verso di lui a gran velocità.

      Era spacciato.

      Ricominciò a correre, non aveva altra scelta.

      Il calore lo stava raggiungendo, sarebbe morto carbonizzato entro pochi secondi. Il cerchio violaceo, ancora troppo distante. Nella speranza che tutto finisse, cadde a terra stremato con gli occhi fissi sull'imminente sfera di fuoco.

      All’improvviso, dal terreno uscirono numerose e alte radici sulle quali, con forza, si abbatté il potente attacco carbonizzandole all'istante.

      «Muoviti Zeno! Non posso bloccarlo per molto».

      Colpito solo dall’onda di calore generatasi, il giovane si fece coraggio e si alzò ricoperto dalle ceneri. Le gambe dolevano ma non poteva assolutamente fermarsi. Strinse i denti richiamando a sé le ultime energie e si lanciò il più velocemente possibile verso la luce. Non sapeva cosa fosse ma non aveva tempo per porsi nessun’altra domanda. Tutto era esploso in una feroce battaglia. Fuoco e terra si stavano fronteggiando dietro di lui in uno scontro senza precedenti. Alle sue spalle, altre radici uscirono prepotenti proteggendogli così la fuga dalla furia del loro aggressore, che con un attacco dopo l’altro aveva ormai devastato la tranquilla e rigogliosa vegetazione circostante.

      Santos lo stava affrontando a viso aperto, consapevole dell’immensa superiorità del proprio avversario. Non poteva tirarsi indietro, la sua missione era vitale.

      Jack raggiunse il cerchio luminoso, si voltò ancora un istante e, con l’astro che schivava l’ennesima sfera gettandosi affannosamente sulla sinistra, scomparve risucchiato dalla luce.

      10

      La folta vegetazione dominava l’intero paesaggio. I ruscelli bagnavano i grossi alberi secolari attraversandone le radici e facendole così brillare sotto i tenui raggi del sole. Jack, sdraiato al suolo privo di sensi. Poco distante, Santos decisamente provato dallo scontro.

      Con un potente attacco era riuscito a distrarlo sfuggendo così a una morte certa. Il tutto forse, merito di un benevolo fato.

      Non aveva mai affrontato un nemico così tanto potente e, al sol pensiero, rabbrividì.

      La sua missione, ormai entrata nel vivo. Fortunatamente la natura gli stava restituendo le forze, facendolo riprendere in fretta.

      La sua razza, una delle più antiche, con essa legata indissolubilmente da un legame nato con la creazione dei mondi e delle specie abitanti. Erano i protettori di ogni forma vivente e per questo godevano di una vita secolare.

      Santos prese la sua borraccia verdastra e, nel guardarne lo stato, capì che era giunto il momento di comprarne una nuova. Era quella che gli avevano dato in dotazione al Gran Consiglio e, dal giorno in cui era stato promosso astro di terzo livello, lo aveva accompagnato in ogni sua avventura. Ma l'ultimo scontro l’aveva rovinata fortemente. Le incisioni a basso rilievo raffiguravano un rigoglioso salice piangente con le radici aggrovigliate e ben salde su una grande roccia, stemma immortale degli astri. Ora erano quasi del tutto consumate e ricoperte di fuliggine. Legata da sempre alla sua cintura di pelle nera, in molteplici circostanze gli era stata più utile delle armi stesse.

      Raggiunse il ruscello più vicino fissandone le incisioni sbiadite.

      Non era una semplice borraccia, non un comune contenitore da riempire d’acqua o di altre bevande. Era un simbolo, l’emblema che rappresentava il superamento dell’esame finale all’Accademia della Natura, il contrassegno che lo identificava come astro di terzo livello insieme al ciondolo che portava al petto. S’inchinò ancora un po' dolorante sulla riva del piccolo rigagnolo, guardò la sua immagine provata riflessa nello specchio d’acqua cristallina e immerse la borraccia. Il contatto lo fece rabbrividire ma il sollievo fu maggiore. Gelida, l’acqua portò via con sé gran parte della fuliggine, ridando lievemente il lontano splendore a quel semplice oggetto a lui caro. Le incisioni, di pregiata fattura, brillarono avvolte dalle acque e con esse, anche i segni dei duri combattimenti passati. La riempì e dopo essersi dissetato, si alzò stringendola forte per poi raggiungere il giovane rovesciandogliela sul volto.

      Jack aprì gli occhi urlando terrorizzato. L’immagine del vecchio, ancora ben definita nella sua mente. Con la vista ancora annebbiata e con gli occhi contratti dall’acqua ghiacciata, si asciugò il volto nella speranza di essere nella sua stanza. Ma appena tutto riprese colore, l’ambiente risultò

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