Lo Spirito Del Fuoco. Matteo Vittorio Allorio

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Lo Spirito Del Fuoco - Matteo Vittorio Allorio

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non riesco più a stare piegato» brontolò Max toccandosi i tondi polpacci. La sua resistenza fisica lasciava a desiderare ma non si poteva pretendere di più dal paffuto ragazzo. A differenza dell’amico e il fisico lo dimostrava, Max non aveva mai fatto nessuno sport se non alle elementari, quando, spinto da una voglia poi scomparsa definitivamente, si era iscritto nella squadra di rugby della scuola. Ma per quanto fosse portato, la svogliataggine aveva avuto il sopravvento, facendogli abbandonare così in pochi mesi l’unica esperienza sportiva.

      «Lo so, ma se ci muoviamo adesso rischiamo di farci vedere», lo esortò Jack buttando l’occhio verso il vecchio appostato sul marciapiede opposto al loro.

      Max si stravaccò per terra e dopo aver aperto lo zainetto, tirò fuori una merendina al cioccolato, le sue preferite.

      «Ma come diavolo fai? Hai già mangiato cinque panini, quanto spazio c’è là dentro?», lo guardò a bocca aperta. Per quanto fossero cresciuti insieme, l’ingordigia dell’amico riusciva sempre a sorprenderlo.

      «Dovresti saperlo, quando sono nervoso mangio, mi rilassa» rispose Max mordendo lo snack compiaciuto.

      L’uomo era lì, impegnato a osservare tutto quel che succedeva intorno a lui.

      La giornata era ancora lunga.

      Passata un’altra mezzora, nella quale per fortuna Max non addentò più nulla, qualcuno si avvicinò a loro di soppiatto.

      «Cosa state facendo vicino alla mia macchina?», li rimproverò sospettosa una signora di mezza età uscita da un portoncino a pochi passi da loro.

      I due, presi alle spalle, si voltarono di scatto. Nei loro occhi, il terrore.

      Era la vicina di casa, moglie dell’avvocato più importante della città, una donna sulla cinquantina dai lunghi capelli tinti di un biondo cenere e che tirata nel suo abito nero, troppo corto per la sua età, li guardava malamente. Le voci che giravano sulla signora tra i pettegoli più accaniti la descrivevano come una ricca casalinga tremendamente annoiata e dal carattere irascibile.

      «Non pensi male, signora Donley. Ho perso le chiavi di casa e stavo guardando se erano finite sotto le ruote del suo meraviglioso fuoristrada», si affrettò Jack sudando freddo.

      «Beh, penso che tu non le abbia trovate sotto la macchina di mio marito. Ora spostatevi, devo andare via!», terminò scorbutica la donna visibilmente infastidita.

      Jack sapeva che se si fossero alzati in quel momento, il gobbo li avrebbe visti.

      Ma in quel preciso istante, la fortuna li aiutò. All’angolo opposto, in fondo alla via che portava all'ospedale, due macchine si urtarono lievemente attirando così l’attenzione dell’uomo.

      «Ci scusi signora Donley», si affrettò Jack afferrando l'amico per il braccio per poi trascinarlo velocemente dietro ai bidoni dell’immondizia poco più indietro. Sotto lo sguardo stupito della moglie dell'avvocato, i due finsero nuovamente la loro ricerca accentuando vistosamente i movimenti in una scenetta poco credibile.

      Con un'ultima e sottile occhiataccia rimproverante, la donna salì sulla sua fiammante auto andandosene insospettita.

      Ci furono diversi minuti di confusione nella via. I due proprietari delle vetture, scesi entrambi di corsa per assicurarsi che le proprie auto non si fossero danneggiate, avevano iniziato a insultarsi fortemente attirando così i curiosi nelle vicinanze che, come avvoltoi, si erano accalcati ormai tutt'intorno per godersi al meglio la scena.

      Jack, agitato, non riuscì a vedere un posto dove potersi nuovamente nascondere.

      Sapeva che se si fosse fatto vedere il vecchio se ne sarebbe andato e questo non doveva assolutamente succedere.

      Nel frattempo, le sirene della polizia locale riecheggiarono fortemente preannunciando cosi l'arrivo della volante.

      Era la pattuglia che vigilava nella piazza del mercato e che in pochi minuti, chiamata da qualche passante ficcanaso, aveva raggiunto il luogo del piccolo incidente. Un grosso fuoristrada nero, uscito dal proprio garage senza guardare, era stato tamponato sul fianco da una vecchia utilitaria verde metallizzato. La volante si arrestò davanti ai due che, appena visti gli agenti, si bloccarono all’istante continuando comunque a guardarsi in cagnesco.

      I poliziotti, due uomini dall'aria addormentata, scesero dall'auto con un’espressione scocciata stampata sui loro volti.

      Jack riconobbe l’agente Mirtin, padre del montato Flin Mirtin, suo compagno di classe.

      La polizia del paese, cosa ormai risaputa, non era delle più affidabili. Il sindaco aveva assegnato il compito a delle persone non qualificate e di sua conoscenza. Nessuno però aveva mai fatto domande o presentato reclami. Si sapeva che in una piccola cittadina come Sentils l’appoggio del sindaco poteva essere veramente utile, sia per fare carriera che per la vita di tutti i giorni.

      L’unica cosa che gli abitanti non volevano era avercelo contro. L’uomo, un signore paffuto sulla sessantina, era ben rispettato e da sotto i suoi curati baffi neri, si assicurava da tempo indefinito il bene dei suoi cittadini, giovandone personalmente in molte occasioni.

      I poliziotti calmarono gli spiriti dei due uomini e li invitarono a risalire sulle loro vetture senza fare ulteriori storie. Le persone accorse si dispersero in pochi secondi ritornando così alle proprie attività quotidiane. Lo spettacolo giornaliero ormai era finito.

      Il vecchio, dopo aver assistito impassibile alla scena, si voltò di scatto nella loro direzione scrutando con attenzione l'ambiente circostante.

      Jack sussultò. Quel movimento, così rapido quanto innaturale per un signore di quell'età, gli impose di trovare un nascondiglio migliore.

      La marmaglia che aveva assistito alla scena ormai stava risalendo la via, entro pochi secondi sarebbe passata proprio accanto a loro. Quasi tutti erano diretti nella piazza del mercato e occupavano buona parte della strada.

      A Sentils, c’erano più pedoni che automobili. Lì, i mezzi più usati erano la bicicletta e il cavallo e, quest’ultimo, solo più in periferia. Essendo piccolo, il paese attirava ogni anno sempre più turisti, attratti dai bellissimi boschi e dai verdi campi dove chiunque poteva godersi un po’ di sana e meritata tranquillità. Alcune delle fattorie più grosse ospitavano diversi cavalli con cui riuscivano a guadagnare, durante le festività, ottime somme di denaro organizzando escursioni nelle vallate circostanti o portando in giro per la città i turisti a bordo di semplici e rudi carrozze che rievocavano in loro quel sapore tipico che solo la campagna poteva regalare.

      Erano sempre più vicini.

      «Perché non ci mischiamo tra la folla e raggiungiamo quel muretto?» consigliò Max svaccandosi nuovamente a terra.

      «Ma sei un genio amico mio, un genio!», lo abbracciò Jack sorridendogli fortemente. Non ci aveva pensato perché fino a pochi minuti prima, a coprire quel nascondiglio, c’era un enorme camion di merci.

      I due aspettarono che la folla fosse più vicina e, usandola come scudo, attraversarono la strada zigzagando tra la gente e raggiungendo così il muretto che costeggiava il piccolo giardinetto pubblico. Quello, un ottimo nascondiglio. Da lì, potevano osservare il vecchio senza essere visti se non con una sua completa e impossibile torsione del collo.

      Ormai erano quasi le undici, orario in cui la madre, il giovedì, tornava a casa giusto per la pausa di un paio d’ore per poi schizzare nuovamente in reparto.

      Pensando alla donna, Jack tremò. Se l'avesse scoperto

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