Lo Spirito Del Fuoco. Matteo Vittorio Allorio

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Lo Spirito Del Fuoco - Matteo Vittorio Allorio

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e il cielo rossastro del tramonto faceva da sfondo.

      Lui però stava fermo, quasi immobile.

      Era felice di sentirla.

      Stella era lontana, il giovane la intravedeva a malapena, abbagliato dagli ultimi riflessi del sole.

      La ragazza continuava a chiamarlo sempre più intensamente, aveva una voce soave, tranquilla.

      “Jack… Jack… Jack…”. Le parole si perdevano nell’aria che lo sfiorava, accompagnate da piccole e innocenti risate. I capelli si muovevano al ritmo del vento e le mani sfioravo lunghe spighe di grano duro. Era una splendida giornata, decorata dalla presenza della giovane che lo chiamava.

      Un forte fischio e poi subito il silenzio.

      Il sole scomparve improvvisamente dietro a un grosso banco di nubi apparse dal nulla. Una forte e improvvisa pioggia cominciò a cadere.

      Le spighe di grano si piegarono come burro sotto quell'immane furia.

      Jack, non riuscì più a vedere Stella.

      L’acqua gli copriva la visuale.

      Provò a raggiungere il punto in cui l’aveva vista per l’ultima volta, ma non ci riuscì.

      No, non poteva lasciare che alla ragazza che amava succedesse qualcosa di male, doveva andarla a cercare.

      Doveva.

      Urlò il nome dell’amata a squarcia gola e all’improvviso, le gambe si mossero.

      Non era più immobile, poteva correre, correre da lei.

      Si gettò in mezzo al campo di grano. Non vedeva niente, ma sentiva ancora il richiamo della ragazza. Aveva ancora la voce serena e tranquilla.

      I piedi gli bruciavano tantissimo, si fermò.

      Solo allora si accorse di non avere le scarpe. Spostò un po’ più in su lo sguardo e capì che non aveva nessun altro indumento addosso.

      Questo però non lo fermò, doveva trovare Stella. L’imbarazzo, per quanto forte, cedette all'istinto.

      Ricominciò la corsa.

      La voce sembrava più vicina a ogni passo.

      Jack corse ancora più veloce. La milza non doleva più ormai, la fatica era diventata parte di lui, sua amica.

      Il richiamo era assordante. Jack sorrise, avrebbe abbracciato la sua amata e non l’avrebbe più lasciata. Non importava il diluvio, non importava non avere vestiti, in qualche modo si sarebbe coperto. L’unica cosa importante era raggiungerla.

      Le spighe di grano erano sempre più alte, ormai più di lui.

      La pioggia cessò all’improvviso. Tutt’intorno i danni della tempesta. Svariate spighe piegate a forza dalla pioggia galleggiavano spezzate nelle pozzanghere. Con i piedi immersi nel fango, scrutò affannato in ogni dove.

      Jack corse ancora, ormai mancava poco.

      Intravide una candida mano spuntare in mezzo alle spighe. Accelerò e la prese. Il contatto fu flebile.

      Il campo di grano finì improvvisamente. Ora, aveva il vuoto sotto di lui.

      La mano era scomparsa così com’era apparsa.

      Stava precipitando nel vuoto più assoluto.

      Il richiamo della giovane ora si era trasformato in un forte pianto, acuto e assordante.

      Stella singhiozzava e lo chiamava.

      Lui non poté far nulla, se non precipitare.

      Ricominciò a piovere.

      Sotto di sé il vuoto. Voleva urlare.

      Le labbra, serrate come una cassaforte.

      Il suo destino, quello di continuare a cadere per l’eternità in preda al panico nel buio più profondo.

      3

      Il ragazzo aprì gli occhi spaventato alzandosi di scatto con il braccio destro proteso in avanti.

      La maglia indossata, completamente sudata. La testa girava.

      “È stato solo un brutto sogno.” si disse alzandosi dal letto.

      Si guardò attorno spaesato.

      Il suo corpo, provato come se avesse compiuto veramente le fatiche sognate.

      Prese il cellulare dalla tasca posteriore dei jeans e guardò l’ora.

      Era mezzogiorno.

      Sua madre doveva essere già arrivata da più di due ore.

      Strano che non lo avesse svegliato urlandogli contro perché non era andato di nuovo a scuola.

      Decise comunque di non scendere subito.

      Doveva lavarsi, era diventato un tutt’uno con gli indumenti che indossava.

      Entrò nel piccolo bagno della sua camera e levatosi le vesti bagnate, aprì l’acqua per immergersi completamente.

      Era un getto bollente, ma lui non lo sentì. Tra i vapori dell’acqua che in pochi secondi invasero il bagno, ricominciò a pensare a Stella. Quella, la prima volta che gli appariva in sogno.

      Era stranito.

      L’acqua continuava incessante e il corpo era tranquillo.

      Jack guardò il regolatore dell’acqua. Si stupì.

      Di solito si lavava con l’acqua tiepida se non fredda, soprattutto nelle giornate di sole calde come quella. Il caldo non lo sopportava.

      “Si sarà rotto il regolatore.” pensò passandosi le mani tra i folti capelli neri. Restò immobile ancora per diversi minuti, fisso nei suoi pensieri. Chiuse il rubinetto e intorno a lui, i vapori acquei quasi gli impedirono di vedere dove mettere i piedi. Senza accorgersene era rimasto sotto la doccia per più di mezzora. Si sentiva strano. Non sapeva decifrare quel che provava.

      Uscì dalla doccia, si asciugò velocemente e ritornò in camera sua per vestirsi.

      Si accorse che il pigiama che usava gli era piccolo e decise di chiedere a sua madre se nel pomeriggio sarebbero potuti andare al centro commerciale per comprarne uno nuovo.

      Ottima scusa.

      Sapeva che con qualche bacio la donna poi gli avrebbe comprato altri capi.

      Uscì dalla camera.

      La casa era avvolta dal silenzio.

      “Strano.” pensò il giovane. Poi scese le scale.

      Nel salotto non c’era nessuno e guardandosi intorno spaesato vide la borsa della madre sul grazioso tavolino di cristallo che separava la televisione dal divano.

      Si diresse verso la cucina, sicuramente la donna era impegnata ai fornelli.

      Ma

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