Lo Spirito Del Fuoco. Matteo Vittorio Allorio

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Lo Spirito Del Fuoco - Matteo Vittorio Allorio

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Cosa vuole da lei?».

      Di solito la madre non faceva venire nessuno a casa e tanto meno gente così.

      «Niente d’importante, solo un saluto veloce.» rispose l’uomo tranquillamente.

      «Mi dispiace, ma penso che lei se ne debba andare signore. Mia madre non c’è!» disse il ragazzo tutto d’un fiato indicandogli la strada.

      «Ok, non ti scaldare ragazzino, adesso me ne vado»

      Jack annuì soddisfatto sentendosi un vero uomo. Non aveva notato il mezzo sorriso stampato sulle labbra rugose dell’uomo.

      L’individuo fece per allontanarsi quando goffamente gli caddero gli occhiali che, a detta del giovane, dovevano essere più vecchi di lui.

      L’uomo s’inchinò tossendo.

      Non doveva essere molto in forma, perché nel compiere l’azione il viso gli si contorse.

      La mano rugosa aveva già afferrato gli occhiali quando dalla tasca interna dell’impermeabile beige, scivolò leggero e aggraziato un foulard rosa.

      Jack rimase pietrificato. Combaciava tutto.

      Il giovane colse velocemente il foulard inchinandosi in una frazione di secondo e facendo finta di niente, lo avvicinò al viso quel tanto che bastò per riuscire a sentirne l’odore.

      Puzzava d’alcool.

      «Grazie mille!» si affrettò l’uomo prendendoglielo di mano. Dopo riaverlo messo in tasca, si allontanò velocemente senza salutarlo.

      Jack non sapeva che fare, la testa gli scoppiava. Era sicuro che l’uomo non fosse entrato in casa e con il cuore che pompava all’impazzata, e la fronte ormai sudata, decise di seguirlo.

      La paura era tanta, ma si convinse comunque di farlo. Aspettò che lo strano individuo uscisse dal vialetto e dopo alcuni istanti lunghi un’eternità, si fece coraggio e si avviò.

      L’uomo, che non aveva mostrato una buona salute, stranamente camminava a passo spedito, come se qualcuno lo stesse appunto seguendo.

      Non poteva essersi già accorto del ragazzo.

      Jack decise in ogni caso che era meglio lasciargli ancora qualche metro in più.

      Le innumerevoli villette a schiera dai diversi colori, che costeggiavano entrambi i lati della strada, si susseguivano l’una dopo l’altra mentre il giovane, con andatura lenta, cercava di passare il più inosservato possibile.

      Erano trascorsi più di quaranta minuti e ormai il vecchio aveva già raggiunto la periferia del piccolo paesino imboccando, ogni due per tre, piccole vie poco trafficate. Con sua grande sorpresa, Jack si era mostrato un vero e proprio pedinatore, riuscendo a non destare sospetti.

      Il ragazzo si teneva a debita distanza, nascosto tra i cespugli, le auto e in mezzo alle persone.

      Purtroppo però l’ambiente stava cambiando, la periferia non presentava tutti i nascondigli che offriva la città.

      Davanti a lui, si aprirono immensi campi coltivati e il continuo susseguirsi delle villette dai piccoli e curati giardini lasciò il posto gradualmente a case decisamente più grosse e meno curate. La periferia era ben diversa dalla città. Dove si stava dirigendo l’uomo?

      L’individuo imboccò un piccolo sentiero che si tuffava in un boschetto e Jack, dopo essersi fermato dietro a una quercia per non farsi vedere, lo seguì.

      Non era mai stato da quelle parti.

      Il bosco, abbastanza folto, gli offrì molteplici nascondigli.

      L’uomo continuò a guardarsi indietro costantemente, alternando torsioni lente del collo a quelle veloci. Questo turbò non poco il ragazzo che, dopo essersi fermato un attimo per riflettere sul da farsi, decise lo stesso di proseguire.

      La folta chioma verde dei grossi e alti alberi iniziò a dissolversi pian piano lasciando spazio a un rigoglioso campo di grano.

      Le spighe erano alte e a Jack, quel posto parve famigliare.

      Il sentiero continuò e l’uomo lo percorse a gran velocità.

      Dopo quasi un’ora di cammino tra le spighe di grano, senza mai percorrere la strada battuta del sentiero per evitare di essere scoperto, Jack vide in lontananza un’enorme fattoria.

      Dall’aspetto sembrò abbandonata, ma l’ambiguo individuo ci si fermò proprio davanti. Si girò di scatto. Da sotto gli occhiali cominciò a esaminare i dintorni mentre il giovane, accovacciato tra le spighe, si strinse il più possibile per nascondersi.

      Dopo essersi convinto che nessuno lo stesse seguendo, decise di entrare. Aprì un grosso cancello dal ferro visibilmente arrugginito e scomparve.

      Jack, nascosto in mezzo a due cespugli ai piedi di un grosso albero del sentiero a quasi un centinaio di metri dall’abitazione, si stropicciò nervosamente il viso. Voleva uscire, ma la paura che l’uomo stesse ancora spiando dalle finestre diroccate della fattoria lo bloccò.

      Quel luogo lo inquietava. L’immenso terreno di proprietà, recintato da un’alta griglia di ferro arrugginita e cadente, non lasciava presagire nulla di buono. Tutt’intorno, la vegetazione aveva preso il sopravvento, con cespugli ed edera che regnavano sovrani avvinghiandosi al metallo per ergersi alti. C’erano alcuni punti del recinto in cui era assente, garantendo così un'osservazione migliore. Questo però lo spaventò. Anche per il vecchio malato vederlo sarebbe stato più facile.

      Aspettò quasi mezzora avvolto nei suoi logoranti pensieri poi, dopo aver dato un’ultima occhiata all’abitazione, si decise e timoroso, si voltò dirigendosi verso la città. Non riusciva a darsi alcuna spiegazione su quella strana quanto terrorizzante mattinata. L’unica cosa che voleva fare era ritornare a casa e salutare sua madre nella speranza che avesse preparato già il pranzo.

      5

      Erano quasi le due e mezzo del pomeriggio quando raggiunse casa.

      I pensieri si erano affievoliti, lasciandogli così più tranquillità.

      Aprì la porta ed entrò.

      La madre, seduta sul divano, sigaretta accesa e sguardo penetrante.

      «Mi ha chiamato la scuola…» disse buttando fuori il fumo dal naso.

      Il ragazzo stava per raccontarle tutto, ma poi si bloccò.

      «Scusami, questa mattina mi sono svegliato di nuovo tardi. Non ho sentito la sveglia…» rispose il giovane a voce bassa.

      Sapeva che le assenze senza motivo facevano infuriare la madre, ma se gli avesse raccontato la verità, la donna lo avrebbe portato sicuramente da uno psicologo.

      Decise di salire in camera sua a pensare.

      Doveva ritornare in quella fattoria, sapere chi era quell’uomo e se era lui l’assassino del sogno. Una cosa non gli tornava, il tempo.

      Nei sogni che aveva avuto, non era definito ma confusionale. Non era riuscito a capire quanto fossero durate le visioni. Nella realtà, si era sentito spiazzato e non a suo agio.

      Voleva confidarsi con qualcuno, solo che Max, il

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