Lo Spirito Del Fuoco. Matteo Vittorio Allorio

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Lo Spirito Del Fuoco - Matteo Vittorio Allorio

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style="font-size:15px;">      Il coltello non era più vicino al lavandino.

      “Lo avrà ritirato mamma.”

      Se lei in casa non c’era forse era nel giardino, luogo dove passava molto tempo.

      Uscì dalla piccola porta della cucina che si affacciava sul loro modesto terreno.

      Anche lì però, non c’era nessuno.

      Rientrò in casa turbato. Quella che stava vivendo era la giornata più strana di tutta la sua vita.

      Andò in salotto e si mise nuovamente a guardare la televisione sul divano. L’effetto rigenerante della doccia lo aveva rilassato e poggiandosi sui grossi cuscini, sentì la stanchezza, più che altro mentale, abbandonarlo lentamente. Era piacevole.

      L’attenzione cadde sul tavolino di cristallo.

      Il piano su cui poggiava la borsa di pelle nera della madre era sporco. Uno strano liquido rosso scuro, a delimitarne i contorni.

      Si alzò velocemente dal divano e lo andò a esaminare.

      “Sangue.” pensò terrorizzato.

      La fronte iniziò nuovamente a gocciolare. Il cuore scoppiava nel petto quasi volesse liberarsi delle carni che lo proteggevano. La testa girò vertiginosamente. La piacevole sensazione di relax provata poco prima, svanita.

      L’unica stanza che non aveva ispezionato era quella della madre.

      Si fiondò di sopra facendo le scale due a due, svoltò a sinistra nello stretto corridoio e aprì la porta. Quello che vide lo tranquillizzò all’istante.

      La donna era sotto le coperte.

      “Sta dormendo …”. Era ancora spaventato.

      «Mamma … mamma svegliati, dobbiamo pranzare.» disse il giovane sorridendo e pensando già a come salvarsi da una sicura punizione per aver marinato la scuola.

      Dalle dolci labbra, nessuna risposta.

      Jack si avvicinò e le scosse dolcemente il capo ripetendole la frase.

      Nulla.

      La madre non si mosse.

      Un pensiero cupo lo avvolse.

      “No, non può essere…”, tremò vistosamente.

      Levò velocemente il piumone dal corpo della donna senza pensarci.

      Lo scenario che gli si presentò davanti agli occhi fu macabro.

      Il ventre della donna era aperto completamente lasciando così alla vista le viscere e gli organi interni.

      Jack vomitò istantaneamente sul pavimento e le lacrime cominciarono a uscire inarrestabili.

      Sua madre era morta, assassinata.

      Le lenzuola, completamente sporche di sangue, l’avvolgevano. Solo il viso era pulito, limpido e candido come quando dormiva.

      Il tempo si fermò.

      Ogni singolo movimento del ragazzo rallentò. La stanza girava intorno.

      Provò a urlare, ma non ci riuscì cadendo poi a terra privo di sensi e con la bocca piena di saliva.

      Quando riaprì gli occhi, il corpo della madre era sparito. Restavano le lenzuola piene di sangue a testimoniare che quello a cui aveva assistito prima non era stato solo un bruttissimo incubo.

      Cercò di alzarsi ma non ci riuscì, ancora bloccato sul pavimento immerso nel suo stesso vomito.

      Urlare gli fu impossibile e con le tempie in fiamme, svenne di nuovo.

      4

      Una forte luce gli disturbava gli occhi. Li aprì.

      Era in camera sua.

      Non riusciva a capire. Si alzò di scatto rimanendo seduto sul letto.

      “È stato solo un sogno?”.

      Frenetico, prese il cellulare e guardò l’ora.

      Erano le sette e dieci.

      “È stato solo un incubo, anche se così realistico.” si rispose il giovane guardando il soffitto. Era fortemente provato dal sogno fatto. Si sdraiò di nuovo e rimase diversi minuti a fissare le pareti azzurre della propria camera senza pensare a niente. Si sentiva vuoto. In testa non aveva nessun pensiero. Tutto sembrava essersi fermato.

      “Cavolo la gita. Sono in ritardo… Non posso mancare, oggi è la volta buona che parlo con Stella.”

      Jack schizzò in piedi e dopo essersi lavato velocemente, si tuffò nell’armadio per poi uscirne, neanche un minuto dopo, con indosso un jeans e una felpa stropicciata.

      Il terribile incubo era già nel dimenticatoio.

      Entrò in salotto.

      Non c’era nessuno.

      Prese le chiavi e uscì di corsa.

      Il pullman però aveva appena lasciato la fermata davanti casa sua.

      “Corri Jack…”

      Scattò velocemente verso l’altra fermata che distava circa duecento metri dall’abitazione.

      Ma dopo neanche cinque metri, si bloccò all’istante guardandosi intorno stranito.

      A pochi passi da lui, un cestino dell’immondizia e una vecchia signora con un cane al guinzaglio lo fecero trasalire.

      “Non è possibile…” si disse sconvolto.

      Aspettò un istante.

      Da un giardino poco lontano, uscì un ciclista in tenuta blu, muscoloso e pelato.

      Un brivido lo trapassò da parte a parte. Il viso, terrorizzato.

      Si voltò verso casa sua, tutto sembrava a posto.

      Non gli importava, doveva tornare a casa. Tornò indietro e con suo grande sollievo, la porta in mogano bianca dell’entrata era chiusa.

      Era ancora lì, immobile a fissare l’abitazione dal marciapiede da più di dieci minuti quando un uomo, magro e non tanto alto, si mise a osservare la casa.

      L’individuo svoltò nel vialetto che portava alla porta e il ragazzo, intimorito, lo seguì con lo sguardo.

      Sospirando nervosamente decise di avvicinarsi e di entrare in casa. Tutto sembrava inconsueto, molto inconsueto. Imboccò il vialetto.

      L'uomo se ne accorse e si girò infastidito. Il viso era teso, completamente sudato. Da sotto gli occhiali spuntavano due occhi fini, quasi chiusi.

      A quel punto il ragazzo non poteva più temporeggiare.

      «Mi scusi, lei chi è?» domandò il giovane nervosamente.

      «Sono…

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