Il Bargello. Casas Pérez Carlos

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Il Bargello - Casas Pérez Carlos

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spalla del bandito e continuò a colpire fino a quando la mano cominciò a bruciargli per lo sforzo. Il bandito allora lo prese per il collo con l'intenzione di strangolarlo.

      La pittura bianca che aveva sul viso si era tinta di sangue e terra in seguito alla lotta, ed era ferito gravemente; ma la rabbia che vedeva nei suoi occhi

      terrorizzò Alfonso. Tutti i suoi tentativi di liberarsi da quella presa furono vani e ormai non riusciva quasi più a respirare quando suo padre venne in suo aiuto, atterrando il bandito con una spallata.

      Alfonso cadde in ginocchio e cominciò ad aspirare grosse boccate di quell'aria gelida nel tentativo di riprendersi.

      "Insieme… possiamo batterlo" balbettò, riprendendo fiato.

      Suo padre fece segno di no, bruscamente.

      "Tieni d'occhio l'altro!"

      L'altro bandito si teneva in disparte, in attesa, ancora ansimante dopo lo scontro con Jimeno. Teneva la spada in posizione d'attacco ma non dava mostra di volersi buttare di nuovo nella mischia.

      "Vigliacco!" esclamò il brigante sconfitto vedendo che il suo compagno si allontanava. “Tuo fratello ti farà a pezzi".

      Ma l'altro non si mosse. Jimeno spinse suo figlio lontano dal malvivente.

      "Aiuta Sancho e non perdere di vista quell'altro".

      Alfonso zoppicando si avvicinò al Nero, che stava ancora raccogliendo sassi da lanciare, ma i suoi movimenti erano lenti e dolorosi. Anche a lui facevano male le ferite.

      Adesso erano solo Jimeno e l'albare. Entrambi a piedi e feriti. Si muovevano in cerchio intorno alle piante. Si studiavano con calma. Jimeno prese l'iniziativa e cominciarono a scambiarsi veloci colpi di spada. Il vento portava con sé lo schianto del metallo contro il metallo. Veloce e continuo.

      Le braccia si sollevavano e scendevano rapidamente. I due contendenti combattevano per strappare ciascuno la vita dell'altro. Avanzavano.

      Arretravano. Clang-clang. Si abbassavano. Si giravano. Clang-clang.

      Avanzavano di nuovo. La lotta a morte era una danza frenetica. Non c'era spazio per i passi falsi.

      I silenzi si riempivano dei lamenti del cavallo ferito.

      Sancho muoveva gli occhi nervosamente. Da Jimeno all'attaccante; al cavallo; al castello; al figlio del bargello, che era ancora a terra. Di nuovo a Jimeno. All'improvviso un momento di confusione tra la sterpaglia; e alla fine vide il bargello scaricare la spada contro il suo avversario. Il brigante si spostò giusto in tempo, ruotando su sé stesso e riuscendo ad evitare un colpo che avrebbe potuto rivelarsi fatale. Jimeno si avvicinò a lui con due ampie falcate. Le lunghe gambe lo aiutarono a giungere sopra il nemico prima che questi riuscisse a rialzarsi. Lanciò vari fendenti che vennero bloccati dalla spada dell'avversario.

      Un'altra pausa. Due uomini combattevano e tre stavano a guardare.

      Rischiando tutto, gli uni; impotenti, gli altri. I due contendenti ripresero fiato.

      Le spade tornarono ad alzarsi.

      In un batter di ciglia, la lotta ebbe fine.

      "Sì!" esclamò Sancho. "Così si fa!"

      La spada del bargello era conficcata nello stomaco del bandito. Nei suoi ultimi istanti aveva cercato di graffiare Jimeno, ma il bargello gli aveva afferrato il polso per impedirglielo. Perse le forze man mano che il suo sangue bagnava la terra. Quando finalmente cadde al suolo, Jimeno liberò la spada e si volse ad affrontare l'altro bandito.

      Questi si teneva a prudente distanza, mentre soppesava le diverse possibilità. Il suo compagno era morto e adesso erano uno contro tre.

      Spronò il cavallo per girare intorno agli uomini e giunse fino al sentiero, dove si fermò.

      "Vieni qui!" lo provocò Jimeno. Il brigante era ancora immobile e muto.

      “Vieni a combattere con il bargello di Lacorvilla!”

      Dopo qualche istante di esitazione, il malvivente decise che non gli conveniva accettare la sfida e si allontanò. Lo videro sparire nell'oscurità e poco dopo neanche gli zoccoli del cavallo si sentirono più.

      Jimeno, ansimante, si avvicinò a suo figlio e diede un'occhiata veloce alla sua ferita. Alfonso era convinto che sarebbe morto o, peggio ancora, che

      avrebbe perso la gamba all'altezza della coscia. Suo padre invece gli disse che sarebbe guarito completamente, anche se Alfonso non gli credeva.

      "E del cavallo, cosa ne facciamo?" chiese Sancho, indicando la bestia ferita. La spada del bargello aveva provocato uno squarcio impressionante da cui il sangue usciva a fiotti.

      Jimeno estrasse il suo pugnale.

      "Finiscilo" ordinò porgendogli l'arma. "Non potrà mai riprendersi, e ci metterà molto prima di morire. È la cosa giusta da fare".

      Il carbonaio prese il pugnale con cautela e si avvicinò all'animale ferito. Si fermò davanti alla bestia e si rivolse al bargello.

      "Perché non mi avete dato prima il pugnale?" si infuriò. "Avrei potuto usarlo contro gli albari".

      "Avrei potuto averne bisogno" ribatté Jimeno con le mani sporche di sangue, del bandito e di suo figlio. "Tu eri già a posto con i tuoi quattro sassi".

      Il carbonaio si chinò accanto al cavallo e lo accarezzò con delicatezza. Poi lo colpì con il pugnale.

      I lamenti dell'animale aumentarono d'intensità. La pugnalata di Sancho non era stata abbastanza profonda e l'animale era ancora vivo. Il carbonaio, spaventato, colpì di nuovo l'animale con identico risultato. Ancora. E

      ancora.

      "Cosa stai facendo?!" urlò Jimeno vedendo il Nero commettere quella carneficina. Il carbonaio continuava a provare ad uccidere l'animale, ma tutto quel sangue rendeva scivolosa l'arma. Pugnalata. La lama affilata apriva nuove ferite sanguinanti nel cavallo. Pugnalata. Il cavallo era ancora vivo. "Sei più debole di una bambina, togliti di mezzo!" gridò il bargello strappandogli di mano il pugnale per poi colpire con fermezza la povera bestia. I lamenti cessarono all'istante.

      Sancho, le braccia coperte di sangue, farfugliava qualche scusa quando

      Jimeno gli diede uno spintone.

      "Aiuta mio figlio" gli ordinò, rinfoderando il pugnale. "Torniamo in paese".

       Capitolo I: IL BARGELLO

      Ancora indolenzito e coperto di lividi, Jimeno riaprì gli occhi nel suo letto.

      Allungò la mano in cerca di Arlena, ma sua moglie non era più accanto a lui. Girò la testa a destra e a sinistra ma non la vide.

      Si alzò dal letto con un lamento. Quel maledetto cavallo probabilmente gli aveva rotto qualcosa. E aveva le mani in fiamme, dopo tutto quel combattere con la spada.

      "Arle…" Non riuscì a finire la parola e si schiarì la voce. "Arlena!".

      Non

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