Ariion XXIII. Charley Brindley

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Ariion XXIII - Charley Brindley

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due uomini che mi sono saltati addosso.”

      “Oh, se n’erano andati quando sono arrivato sulla scena.”

      Cameron si tirò indietro e incrociò le braccia sul petto. “Bè, sono loro le persone con cui deve parlare. Devono aver visto qualcosa. Senza la pistola e I soldi, non vedo come possiate accusarmi.”

      “Abbiamo un testimone che può incastrarla per certo.”

      “Chi?” Cameron si chinò in avanti.

      “L’impiegata della banca che ha spaventato a morte.”

* * * * *

      Un’ora dopo, il detective Wickersham interrogò l’impiegata della banca.

      “E’ questo l’uomo che ha rapinato la banca, signoraMiller?” chiese il detective, facendo scivolare una foto segnaletica sul tavolo.

      La donna guardò la foto. “No, a meno che gli sia cresciuta la barba e si sia messo le lenti a contatto blu dopo essere uscito dalla banca.” La signorina Miller, la cassiera della banca, aveva diciannove anni ed era piuttosto paffuta. Masticava una gomma e giocava con l’orecchino marrone che le pendeva dall’orecchio.

      “Pensavo che avesse detto che indossava un passamontagna?”

      “Infatti, ma potevo vedere la bocca, il labbro superiore e il naso attraverso il buco per la bocca, e aveva occhi scuri, quasi neri.”

      Le spesse sopracciglia si unirono mentre il detective Wickersham si chinava in avanti. “Come sa che non aveva la barba sotto il passamontagna?”

      “Poteva averla, ma il labbro superiore era completamente liscio. Quest’uomo nella foto ha la barba su tutto il viso e i baffi, a meno che non siano finti.” Spostò lo sguardo dalla foto segnaletica al detective.

      Il detective scosse la testa.

      “E i suoi occhi erano scuri.” Prese in mano la foto. “Non dimenticherò mai quegli occhi. Mi guardava come un serpente a sangue freddo. Ho pensatoche certamente mi avrebbe sparato.” Picchiettò la foto con un’unghia smaltata di rosso. “Quest’uomo ha occhi blu ghiaccio. Probabilmente era piuttosto bello sotto tutti quei peli.”

      Una delle sopracciglia del detective s’inarcò mentre l’altra scendeva. “Sì, giusto.” Riprese la foto e la sistemò nel dossier. “Bè, grazie, signorina Miller.” Il detective si alzò, e lei fece lo stesso. “La chiameremo se ci sarà qualcos’altro.”

* * * * *

      Keegan, Weef, e Beatle s’incontrarono all’appartamento di Weef la sera della rapina alla banca.

      “Non sarebbe potuto andare meglio neppure se l’avessimo pianificato,” disse Keegan.

      “Già,” disse Weef. “Il barbone con l’impermeabile. Comunque, da dove è saltato fuori?” Si accese una sigaretta, poi chiuse l’accendino con un click.

      “Chi se ne importa, ” disse Keegan. “Era il capro espiatorio perfetto.”

      “Era semplicemente lì,” disse Beatle, “ a guardare finché non gli sei andato addosso.”

      Keegan si tolse la sigaretta dalla bocca e soffiò un anello di fumo. “Era perfetto.” Mise un dito dentro l’anello.

      “E quegli sciocchi poliziotti,” disse Weef. “Non sono neppure andati a cercare il denaro.”

      “Quando avremo la grana?” chiese Beatle.

      “Aspettiamo che si calmino le acque. Teniamo un basso profilo, guardiamo la TV per i servizi sulla rapina, e leggiamo il giornale ogni giorno.”

      “Sì, ma per quanto tempo, capo?” Beatle alzò i piedi sul tavolino da caffè e si sistemò sul divano.

      “Non preoccuparti di questo,” disse Keegan “Te lo farò sapere, quando sarà il momento.”

      “Ehi, Dragon Bait,” disse Weef.

      Beatle lo guardò.

      “Tieni le tue Nike sudicie lontano dai miei mobili.”

      “Le mie belle scarpe sono un complimento per la tua spazzatura da mercato delle pulci.”

      Weef si mosse verso di lui.

      “Va bene, va bene.” Beatle mise i piedi sul pavimento. “Non fate scenate isteriche.”

* * * * *

      “Cameron Littleheart St. Lawrence,” disse il giudice.

      “Sì, signore?” Cameron si alzò e strinse le mani di fronte a sé.

      Il giudice Wilson studiò Cameron per un momento, notando la barba disordinata e l’abbigliamento trasandato. “Il nome non sembra confarsi alla persona.”

      “Non ho scelto io il mio nome, Vostro Onore.”

      “Ma ha scelto il suo aspetto.”

      “Sì, signore, ” disse Cameron. “L’ho scelto.”

      “Littleheart. Commetto che i ragazzi a scuola si sono divertiti tantissimo a prendere in giro questo nome.”

      Cameron pensò a tutte le prese in giro che aveva sùbito dagli altri bambini. Lo chiamavano in ogni modo possibile, da ‘Little Head’ a ‘Little Butt’ a ‘Chicken Little.’ Sapeva perché le suore all’orfanatrofio di St. Lawrence gli avevano dato il nome ‘Littleheart’, ma decise che al giudice non sarebbe interessato. Annuì in risposta al commento del giudice Wilson.

      “St. Lawrence è il santo o cosa?”

      “E’ il santo patron di cuochi, macellai, bibliotecari…” Cameron si interruppe, poi aggiunse, “e dei comici.”

      Cameron sentì delle risatine soffocate dietro di lui. Guardò alla propria destra, ma non si girò per vedere chi avesse riso di lui.

      Il giudice zittì gli astanti con un’occhiata severa da sopra la montatura dei suoi occhiali. “Ne scelga uno,” disse il giudice a Cameron.

      “Bibliotecari.”

      Il giudice si tolse gli occhiali e li tenne per una stanghetta mentre fissava Cameron. “Bene, signor santo patron dei bibliotecari, su questo modulo d’arresto non c’è scritto il suo indirizzo. Dove abita?” Il giudice fece roteare gli occhiali.

      “Panchina del generale Sherman, Central Park.”

      “Dove lavora?” chiese il giudice Wilson.

      “Da nessuna parte.”

      “Allora lei è un barbone.”

      “Preferisco definirmi un senzatetto temporaneo, vittima della recessione.”

      Forse lei è il santo patron dei comici.” Il giudici guardò i presenti, ma nessuno rise.

      Cameron si strinse nelle spalle.

      Il giudice indossò di nuovo gli occhiali e guardò il modulo. “C’è anche scritto che non ha un documento con fototessera. Perché?”

      “Non

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