La carità del prossimo. Bersezio Vittorio

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La carità del prossimo - Bersezio Vittorio

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la persona a cui parla.

      La sua storia è contata in quattro parole. È figliuolo d'un villano che nei primi anni del secolo veniva in Torino i giorni di mercato, spingendosi innanzi un asinello, a vendere formaggioli sulla piazza delle erbe, che ora è piazza del Palazzo di Città. Fiorenzo, sbarazzino di due lustri incirca, l'accompagnava trottando coi piè nudi, una bacchetta in mano, dando il cis-va-là e le botte al somarello restio. Più tardi successe egli, fatto giovinotto, nel commercio paterno. Seppe governare così bene e rammontare colla parsimonia, che era un'avarizia, soldo sopra soldo, che un bel dì si trovò a capo d'un certo capitale, colla buona voglia di moltiplicarlo il più possibile e coll'accortezza necessaria per riuscire in questa operazione aritmetica, per cui si sentiva una vera vocazione datagli dalla natura.

      Su quella medesima piazza che lo aveva visto compagno all'asinello paterno, Fiorenzo apriva una bottega da spacciarvi formaggi, ed andatagli prospera la fortuna accresceva in poco tempo il suo fondaco e i suoi guadagni; finchè, sopraggiunta la guerra del quarantotto, egli pigliava l'impresa di provvedere di formaggi l'esercito piemontese, ed ingrassava così bene di quello che non mangiarono i nostri soldati, che rimetteva ad altri la bottega, comprava case, tenute, e cartelle del debito pubblico, e si ritirava a viverla in panciolle, ricco di più dozzine di mila lire di rendita.

      Egli è solo, celibe, senza parenti. Fa il pinzocchero; non dà mai un soldo ad un povero, ma regala alla parrocchia di quando in quando od una lampada d'argento indorato, od una corona per la Madonna con gemme false, e nei giorni solenni, per esempio la settimana santa, si mette sulla porta della chiesa colla tasca in mano a gridare a chi va e viene: pel santo sepolcro! È avaro come una tigna, senza cuore, e non ama che il denaro: nessuno lo stima, meno ancora gli si vuol bene; e tutti gli fanno tanto di cappello.

      Ebbene gli era a codestui che il povero Vanardi doveva duecento cinquanta lire di pigione. E meno male fosse stato quello il solo suo debito! Ma il pizzicagnolo della cantonata non voleva più vendergli nè lardo nè burro, nè niente del tutto, se non gli pagava le sessanta lire di cui andava in credito; ma il panattiere gli rompeva la testa per averne finalmente i due napoleoni d'oro (in quel tempo v'erano ancora i napoleoni) che gli si dovevano; ma il venditore di legna e carbone aveva protestato che se entro una settimana non lo si soddisfacesse dei 14 franchi ed 80 centesimi ch'egli domandava pei combustibili somministrati, sarebbe andato senz'altro dal giudice. E lascio stare il macellaio, il venditore di vino al minuto e tutti gli altri creditori, che se volessi annoverarli un per uno farei una rassegna lunga e noiosa, come quella degli eroi combattenti in un'epopea che si rispetta.

      Il misero Antonio passava mogio mogio nella strada che abitava, la testa bassa e il cuore piccino piccino, e non osava guardare che di sottecchi nelle botteghe che si aprivano in quel quartiere. Da ciascuno di quegli usci a cristalli potea sbucar fuori una faccia ostile ed una voce minacciosa a domandargli del danaro.

      Era solamente innanzi allo speziale, la cui bottega s'apriva proprio d'accanto all'uscio da via della casa di Marone, che Vanardi osava levare il capo e passar fiero. Di quel benedetto farmacopola egli non era debitore; anzi!…

      Ai due stipiti della bottega farmaceutica stavano appiccate due tavole, in cui meditavano con faccia severa e barba grigia due uomini dipinti in vesta lunga, un grosso libraccio in mano. Erano le opere del nostro artista che da pochi dì facevano bella mostra di sè a que' pochi raggi di sole che fra i comignoli delle case trovavan modo di filtrare sino al fondo della stradicciuola: opera che lo speziale non solo non aveva ancora pagato, ma non aveva accennato nemmeno la buona intenzione di pagare.

      Anche codesto signor speziale era da novella e da commedia; voglio dire che tutti s'accordavano, ed avevan ragione, in dirlo il maggior ciarlone e la peggior lingua del quartiere, come ogni speziale sulla scena o in un racconto ha lo stretto obbligo di essere.

      Per poco fosse buona la stagione e tollerabile il tempo, egli si piantava sul passo della sua porta, le gambe larghe, le mani nelle tasche de' calzoni, il suo naso lungo ed acuminato all'aria, in capo il suo berretto di panno nero unto e bisunto con lunga visiera innanzi agli occhi, e arrestava al passaggio tutti quelli che conosceva—ed egli conosceva tutta la città—per offrire a ciascuno una presa di tabacco e smaltirgli la sua buona dose di chiaccole e di maldicenza.

      Chiaccherava coi garzoni, chiaccherava cogli avventori, chiaccherava coi vicini, chiaccherava coi passeggieri, chiaccherava colla sua nipote (una poveretta di ragazza povera e brutta, ma buona come il pan buffetto, cui sotto pretesto d'usarle carità, egli aveva presa seco a soffrire i mali di lui tratti ed a fargli da serva senza paga), chiaccherava colla portinara (figuratevi!), chiaccherava perfino colla gatta, chiaccherava sempre da mattina a sera; sapeva i fatti di tutti i casigliani, di tutti gli abitanti di quella strada, di tutta la cittadinanza; contava non senza vivacità l'aneddoto, correva dietro a stupidi giuochi di parole che egli credeva prova d'ingegno, scoccava con qualche malizia l'epigramma, era noioso come la piova, aveva un tesoro inesauribile di curiosità e diceva male di tutto e di tutti.

      A Vanardi ed a sua moglie toccava passare sovente innanzi alla farmacia. Messer Agapito (è nome classico di speziale) aveva incominciato per salutare la moglie e poi anche il marito, accompagnando però il primo saluto d'un sorriso particolare: poi aveva fermato la donna per chiederle novella del marito, l'uomo per domandargli le nuove della moglie, e se erano tutte due insieme, per informarsi della salute dei bimbi.

      In quel tempo la moglie del pittore portava nel suo seno il quarto frutto dell'amore coniugale, e il farmacista mostrava sentire il più vivo interessamento per quello stato interessante della giovine donna.

      Appena vedeva spuntare Antonio, cessava di rimestare colle sue dita lunghe e sporche nella sua tabacchiera di corno fuso—movimento che gli era abituale—e gli gridava fra ilare o domesticamente amichevole:

      —Ebbene, caro signor Vanardi? E madama come va?

      Qualunque cosa gli venisse risposta, era per lui un'occasione ad una ciarlatina d'un quarto d'ora. Madama tale in un simile stato, aveva sofferto questo, aveva sentito quello; egli l'aveva consigliata di far così, e poi così, ed erano stati meravigliosi i buoni effetti che la ne aveva provati. Madama tal'altra doveva a lui la sua salvezza; e madama quest'altra poi? Gli è vero che la poteva dirsi una smorfiosa, che la più sazievole non s'era mai vista: ed il marito era un imbecille, a cui la si dava a bevere come a nissuno al mondo; e riparava in quella casa un certo signorino coi pizzi all'inglese, e poi anche un uffizialetto coi baffetti all'insù, i quali non era senza un perchè se stringevano tanto forte la mano di quel gaglioffo di marito, eccetera, eccetera. E passava senza arrestarsi da una famiglia all'altra, da un pettegolezzo ad un maggiore, da una maldicenza ad una calunnia, con una volubilità di parola, con una facilità di discorso, con una malizia di sogghigni e di ammiccamenti, con una varietà di espressioni, con una certa bonarietà maligna che ti facevano restare sbalordito.

      —Buono! diceva il nostro pittore ad ogni volta; meglio aver da fare colla prima fra le vecchie pettegole che con codesto gaio manipolatore di purganti.

      E faceva di tutto a tagliar corto i discorsi e tirar via pel suo cammino.

      —È molto superbo quell'imbrattatele da dozzina, diceva lo speziale a' garzoni, ai vicini, alle serve del quartiere; che cosa si crede di essere?

      Un dì finalmente, messer Agapito, d'in sull'uscio della bottega, vede precipitarsi fuor di casa il pittore tutto sollecito e conturbato.

      —Che c'è? gli grida dietro, lasciando cadere a terra la sua presa di tabacco, nell'eccesso della curiosità.

      Vanardi agita le braccia in una risposta di mimica concitata, e seguita la sua corsa!

      —Che? rigrida lo speziale, scendendo giù dallo scalino della bottega nella strada; sua moglie forse?…

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